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Carattere personale e intrasmissibile della licenza per la somministrazione di alimenti e bevande – Canne fumarie
 
Commercio – Vendita al pubblico – Licenza per la somministrazione di alimenti e bevande – Autorizzazione personale ed intrasmissibile.
 
Commercio – Vendita al pubblico – Licenza per la somministrazione di alimenti e bevande – Canna fumaria – Ratio – Tutela della salute.
 
La licenza per la somministrazione di alimenti e bevande è un’autorizzazione personale ed intrasmissibile intrinsecamente inadatta ad essere ricompressa tra gli elementi materiali o immateriali il cui insieme costituisce l’azienda (1).
 
La disciplina che prescrive l’utilizzo della canna fumaria, quale primario ed ordinario impianto di convogliamento ed emissione di vapori, fumi ed emissioni aromatiche prodotti dai processi di cottura connessi all’attività di ristorazione impinge solo marginalmente nella tematica dell’inquinamento atmosferico (tant’è che l’art. 272, comma 1, del Cod. Ambiente include l’attività di ristorazione fra quelle elencate nella Parte I dell’Allegato IV alla Parte V del medesimo Codice, le cui emissioni sono considerate, ex lege, scarsamente rilevanti ai fini dell’inquinamento atmosferico) ed ha come diretto ed immediato riferimento la materia del diritto alla salute (2).
 
 
(1) Ha chiarito la Sezione che la circolazione del titolo abilitativo alla somministrazione è soggetta a differente regolamentazione nel caso di acquisto (per atto inter vivos o mortis causa) dell’azienda rispetto all’affitto della stessa. Nella prima evenienza l’autorizzazione è intestata all’acquirente ed il precedente titolare perde, definitivamente, sulla stessa ogni disponibilità; nella seconda ipotesi il titolo rimane sempre nella disponibilità dell’originario titolare e viene semplicemente, per un dato arco di tempo coincidente con la durata del contratto di affitto, utilizzato dall’affittuario (ove naturalmente sia in possesso dei requisiti soggettivi appositamente richiesti). Quest’ultimo, proprio perché non ne è il titolare, non può trasmetterlo ad altri; e ove il contratto di affitto venga a scadenza ovvero si risolva per altre cause, è solo il titolare dell’autorizzazione che ne può riacquistare la disponibilità (oggi attraverso una Scia di reintestazione), non consentendo la natura personale dell’autorizzazione che sulla stessa si accampino contestuali pretese da parte di soggetti diversi dal titolare.
(2) I fumi, a differenza dei vapori (provenienti dalla preparazione dei cibi, sia a fiamma libera che in assenza di fiamma, ordinariamente privi di criticità a carico dell’ambiente o del vicinato) provengono dalla combustione di cose (legno delle pizzerie, materiali organici come lo zucchero, la carne, il pesce, ecc). La combustione, ove incompleta, genera la formaldeide (HCOH: è un composto organico della famiglia delle aldeidi) che, a temperatura ambiente, si presenta come un gas incolore caratterizzato da un odore pungente molto irritante che l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2004 ha qualificato come agente cancerogeno per l’uomo, inserendola nel gruppo 1. La tematica delle emissioni aromatiche concerne le problematiche associate al fastidio degli odori provocato dai fumi delle attrezzature di cottura che sono comuni nelle aree urbane e rappresentano un problema per i residenti in prossimità di tali emissioni. Gli effetti tossici dell’odore sono spesso associati al fastidio olfattivo, quali disturbi gastrici mal di testa disturbi del sonno, perdita di appetito e si possono avere anche quando un residuo odoroso è presente in concentrazioni molto basse; e cioè anche più basse di quelle capaci di causare danni alla salute o effetti sull’ambiente. Segue a tanto che un’attività di Verifica volta ad accertare l’idoneità, o meno, (rispetto alla tradizionale canna fumaria) di un impianto tecnologico di smaltimento di fumi a garantire la conservazione dei livelli di qualità dell’aria della città, si rivela (in quanto indirizzata all’accertamento dell’inquinamento atmosferico) non calibrata non includendo una verifica di tal natura alcuna specifica indagine su quegli indicatori sopra specificati inerenti il diritto alla Salute.
Ha ancora ricordato la Sezione che l’art. 64 bis del Reg. Igiene di Roma capitale (aggiunto dalla deliberazione A.C. n. 12 del 5 marzo 2019) dopo aver affermato, al comma 1, il principio generale che tutti gli esercizi di somministrazione devono dotarsi di canna fumaria, introduce al comma 2 delle specifiche e condizionate deroghe, ulteriormente disponendo, in via transitoria, un termine massimo (“In occasione della prima manutenzione straordinaria dell’impianto e comunque entro due anni dall’entrata in vigore del presente articolo”) per consentire agli esercizi che già usufruiscono di sistemi alternativi ai condotti di espulsione di adeguarsi alla nuove disposizioni tecniche e tecnologiche fissate da Roma Cap. Detta norma non introduce una specie di sanatoria generalizzata a termine consentendo all’esercente di continuare a servirsi di qualunque tipo di impianto alternativo alla canna fumaria pur se, per ipotesi, manifestamente inadatto alla funzione cui dovrebbe assolvere e causa di immissioni intollerabili e dannose nei confronti di terzi e pericolose per la salute pubblica; ben diversamente sono solo gli apparati la cui efficienza è stata previamente riscontrata ed il cui utilizzo è stato previamente autorizzato dalle competenti attività che possono beneficiare dell’arco temporale previsto dal citato comma 5 per uniformarsi ed adattarsi alle prescrizioni tecniche dettate da Roma Capitale.
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