07/07/2020 – Un decreto semplificazioni che ci porta fuori strada

Un decreto semplificazioni che ci porta fuori strada
 
La gragnuola di approfondimenti sulle “semplificazioni” pubblicati sui media del 6.7.2020 conduce ad una sola conclusione: siamo fuori strada.
Il prof. Cassese (articolo “La cascata di regole” su Il Corriere della Sera) ha ragione, quando cita Michelangelo: per semplificare, occorre togliere, ridurre i fattori, come nelle semplificazioni matematiche.
Le varie bozze di decreto fin qui circolate, invece, intridono il sistema di ulteriori norme. Tutto l’insieme delle nuove regole sugli appalti, ad esempio, non è affatto una semplificazione. Si tratta, all’opposto, di nuove e diverse disposizioni, che si affiancano a quelle già vigenti, derogandole. Per altro, non è chiaro se la deroga sia facoltativa, come dovrebbe essere, oppure obbligatoria.
Alcune bozze sono caratterizzate dal paradosso della necessità di motivare l’utilizzo delle procedure di gara ordinarie, mentre al contempo impongono il rispetto dei principi posti dall’articolo 30 del codice dei contratti, tutti sostanzialmente finalizzati ad evitare il ricorso ad affidamenti diretti ed alla restrizione della concorrenza.
I professori Tito Boeri e Roberto Perotti (articolo “Semplificare, non basta la parola” su La Repubblica) notano, sempre con riferimento agli appalti, che lo schema di decreto punta molto sulla restrizione delle gare a pochi concorrenti, ma lascia in piedi anche il micidiale principio di rotazione. Boeri e Perotti si chiedono, correttamente: “quanta cura avrà nel realizzare un’opera un’impresa che sa di non poter esser richiamata in futuro?”. E non si sono soffermati sull’enorme contenzioso cagionato da questo principio operativo, una tra le cause principali delle difficoltà nell’assegnazione degli appalti, che invece di essere rimossa, viene confermata.
Invece di semplificare, nota Francesco Grillo (articolo “Abbattere l’ostacolo burocrazia in tre mosse”, su Il Messaggero) si cercano più che altro scorciatoie. Tale è l’intento di estendere a dismisura affidamenti diretti o gare con pochissima concorrenza, senza intervenire, invece, sulle fasi della progettazione ed esecuzione delle opere.
Sono scorciatoie anche gli annunci o gli interventi spot. Notano Boeri e Perotti che il Governo nell’emergenza ha introdotto 22 nuove prestazioni assistenziali/ammortizzatori. Ma, come sempre accade, si accrescono norme, funzioni, strumenti, senza nemmeno testare prima l’impatto, senza dare il tempo alle strutture amministrative (poi accusate di essere lente, impreparate, burocratiche) di adeguare gli applicativi informatici.
E’ una scorciatoia anche allargare l’effetto del silenzio-assenso, specie se si vogliono contestualmente ridurre i tempi per le verifiche della regolarità della formazione del titolo in via implicita.
Una vera semplificazione, come nota Cassese, richiederebbe innanzitutto la semplificazione delle leggi. Occorrono norme snelle, con un linguaggio chiaro e tale da indicare una via certa. Occorrono testi unici. Occorre la volontà di chiudere sul nascere le tante, troppe incertezze interpretative, aperte non solo da una giurisprudenza storicamente troppo conflittuale, ma ingigantite dal fiorire senza misura di circolari, risoluzioni, FAQ, pareri, Linee Guida di decine di autorità, delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, delle centinaia di dipartimenti e direzioni generali ministeriali. Il legislatore dovrebbe continuativamente fornire interpretazioni autentiche, per bloccare sul nascere i conflitti di interpretazione, cancellare le troppe che ciascun soggetto apre ed indicare la sola da imboccare.
Non si è fatto mancare di notare che lo schema di decreto semplificazioni è intriso di norme che finiscono per creare altre complicazioni. Nell’articolo pubblicato sul Quotidiano Enti Locali, titolato Pagamento in 15 giorni dall’emissione del certificato, Anna Guiducci e Patrizia Ruffini evidenziano che “ove il rispetto delle misure di contenimento impedisca, anche solo parzialmente, il regolare svolgimento dei lavori ovvero la regolare esecuzione dei servizi o delle forniture, costituisce causa di forza maggiore, ai fini dell’articolo 107, quarto comma, per la proroga del termine, ove richiesta”. Qualcosa di paradossale: un decreto il cui fine dichiarato è semplificare la normativa sui lavori pubblici e ridurre i tempi, contestualmente, all’opposto, prevede che le misure di contenimento del Covid-19 adottate nei cantieri producano una proroga dei termini di esecuzione delle opere.
Intendiamoci: le misure di contenimento sono necessarie. Ma, questa previsione testimonia come la realizzazione di un’opera sia esposta ad eventi anche imprevisti, tali da mutare necessità, costi, strumenti e sistemi. L’imposizione per legge di termini prefissati, lascia la sensazione che il Legislatore disponga del potere magico di condizionare il futuro.
In effetti, l’unico intervento davvero efficace sugli appalti non ha nulla a che vedere con le semplificazioni: consiste in una corretta abbreviazione dei tempi di pagamento. Ma, è assente un intervento decisivo: una riforma radicale della micidiale normativa sulla contabilità pubblica, che consenta appunto di semplificare le procedure di spesa, divenute ormai folli.
E per evitare che i pagamenti si blocchino a causa dell’insufficienza dei fondi, a differenza di quanto suggerisce il prof. Cassese, i controlli preventivi di legittimità dovrebbero essere ripristinati. La suggestione dei controlli solo successivi e solo sui risultati è interessantissima, ma non si tiene con la giurisdizione della Corte dei conti, connessa a formalismi giuridici e lontanissima da qualsiasi assessment manageriale. Gli stessi imprenditori che si scagliano contro l’eccesso di regole ed i Tar, sono i primi a sommergere i Tar per ogni cavillo che possa tornare utile al loro scopo.
Per semplificare ci vuole sicuramente molto di diverso e di altro. Non certamente la proposizione di idee fallimentari, come la riduzione delle stazioni appaltanti. Nessuno si è mai posto il problema di capire cosa succederebbe se davvero si concentrassero in poche decine di soggetti gli appalti di migliaia di comuni, ad esempio. La centrale di committenza non potrebbe che mettere in “coda” le varie richieste. A quel punto, altro che “programmazione”, cronoprogramma e 6 mesi per la gara: nessuno potrebbe sapere con certezza quando semplicemente partire con la gara. E se a ritardare, poi, è il soggetto aggregatore, continuerebbe a rispondere il Rup dell’ente che richiede a tale aggregatore di fare l’appalto?
Le critiche alle quali si presta l’intento semplificatore, che tale non è, del Governo sono moltissime e tutte fondate.
Anche l’idea secondo la quale riformare l’abuso d’ufficio o eliminare in parte la responsabilità per colpa grave è sostanzialmente senza senso, se connessa alla semplificazione, visto che questi elementi con la semplificazione non hanno alcuna connessione. E correttamente afferma Francesco Grillo quando nota che “lascia perplessi l’ipotesi di arrivare all’equiparazione della responsabilità per colpa grave dovuta ad azioni illegittime e quella connessa alle omissioni “non attraverso l’inasprimento delle conseguenze dell’inerzia, ma con un alleggerimento di quelle relative ad azioni non legittime”: una sorta di deleterio invito a “firmare” tutto, alla rinfusa, pur di firmare, alla mercè di pressioni di lobby e di parti politiche.
La riforma che vorremmo è un’altra.

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