30/06/2020 – Non è dovuta la TIA1 dopo la soppressione disposta dal Codice dell’ambiente

Non è dovuta la TIA1 dopo la soppressione disposta dal Codice dell’ambiente
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
 
La Corte di Cassazione, sezione civile, con la sentenza n. 11212 dell’11 giugno 2020, ha stabilito che il pagamento della TIA1 non è dovuto dopo la soppressione della tassa disposta dal Codice dell’ambiente veicolato nel D.Lgs. n. 152/2006.
Il caso
Con sentenza del 2015 della CTR del Lazio, in accoglimento dell’appello proposto da una società è stata riformato la pronuncia di primo grado, rigettando il ricorso originario della contribuente avverso l’avviso di accertamento per il pagamento della TIA relativa agli anni 2006, 2007, 2008 e 2009.
Il giudice tributario di secondo grado ha, in sintesi, ritenuto che con la deliberazione del 2006 il Comune avesse legittimamente istituito la Tariffa di Igiene ambientale (TIA1), per essere ciò consentito dall’art. 238D.Lgs. n. 152/2006.
Avverso la sentenza sfavorevole la società è ricorsa in Cassazione.
Il motivo di ricorso
Con l’unico motivo di ricorso, la società denuncia la violazione dell’art. 238D.Lgs. n. 152/2006, nella parte in cui la CTR ha ritenuto che tale norma abbia consentito di continuare a istituire la Tariffa di Igiene Ambientale (TIA 1) successivamente alla sua soppressione, mentre invece ha semplicemente previsto che, perdurando la mancata adozione dei regolamenti attuativi, i comuni potessero istituire comunque la nuova TIA, e cioè la Tariffa Integrata Ambientale (TIA 2), se entro una determinata data i suddetti regolamenti non fossero stati adottati.
La TIA: una normativa complessa
Con l’entrata in vigore (dal 1° gennaio 1999) dell’art. 49D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio – cosiddetto “decreto Ronchi”), poi modificato dall’art. 1, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426, e dall’art. 33L. 23 dicembre 1999, n. 488, veniva stabilito l’obbligo dei Comuni di effettuare, in regime di privativa, la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati.
A tal fine veniva disposta l’istituzione, da parte dei Comuni, di una “tariffa” per la copertura integrale dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti comunque giacenti sulle strade ed aree pubbliche (ovvero soggette ad uso pubblico) del territorio comunale. Tale tariffa – denominata tariffa di igiene ambientale (TIA) – “è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio”.
Con regolamento del Ministro dell’ambiente (approvato con D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158), veniva quindi elaborato il metodo per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento.
Soggetto passivo della nuova imposta è “chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale”.
La tariffa va applicata e riscossa dal soggetto che gestisce il servizio.
Il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 stabilisce, inoltre, che la TIA deve sempre coprire l’intero costo del servizio di gestione dei rifiuti ed è dovuta anche per la gestione dei rifiuti “esterni” (come già statuiva l’abrogato art. 268R.D. n. 1175 del 1931).
In seguito la tariffa di cui all’art. 49D.Lgs. n. 22 del 1997, veniva soppressa dall’art. 238D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), sostituendola con la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” poi denominata (per effetto dell’art. 5, comma 2-quater, D.L. n. 208/2008) “tariffa integrata ambientale (TIA)”.
La nuova tariffa integrata viene determinata dell’autorità d’ambito territoriale ottimale (Aato), prevista dall’art. 201 dello stesso decreto legislativo, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento ministeriale (da emanarsi, a sua volta, entro sei mesi dalla sopra indicata data di entrata in vigore della parte quarta del decreto legislativo e, quindi, dell’art. 238 in essa compreso) con il quale sono fissati i criteri generali per la definizione delle componenti dei costi e la determinazione della tariffa.
Con la L. 27 dicembre 2013, n. 147, infine, che ne detta la disciplina all’art. 1, dal comma 641 al comma 668, è stata istituita la TARI (tassa rifiuti), destinata a finanziare integralmente i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, posta a carico dell’occupante, introdotta nell’ordinamento tributario locale, quale componente della IUC.
In sostanza la TIA 1 è la tariffa di igiene ambientale prevista dall’art. 49 , D.Lgs. n. 22 del 1997 (il cosiddetto “decreto Ronchi”). La TIA 2, invece, è la tariffa integrata ambientale prevista dall’art. 238 del Codice dell’ambiente (D.Lgs. n. 152 del 2006). Funziona in modo analogo alla TIA 1, anche se è stata qualificata entrata non tributaria dal D.L. n. 78 del 2010.
La sentenza della Cassazione
Per i giudici di legittimità il motivo di ricorso risulta fondato.
La ricognizione normativa della fattispecie evidenzia, sul punto, innanzitutto che l’art. 49D.Lgs. n. 22 del 1997 ha istituito (art. 49) la tariffa di igiene ambientale (cd. TIA 1) che, nel disegno del legislatore, avrebbe dovuto sostituire la TARSU.
L’articolo appena richiamato ha disposto, al comma 1, la soppressione della TARSU (istituita dall’artt. 58 e ss. D.Lgs. n. 507 del 1993) «a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5» e ha previsto, al comma 5, che il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano) dovesse elaborare «un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, prevedendo disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa, ed il graduale raggiungimento dell’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni.».
Il D.Lgs. n. 152 del 2006 ha in particolare previsto che:
– «La tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22art. 49, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.» (art. 238, comma 1, cit.);
– «Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti» (art. 238, comma 11, cit.);
– è abrogato «il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 cit., continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto» (art. 264, comma 1, lett. a, cit.).
In relazione ad analoghe controversie, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di rilevare che «il Regolamento adottato con la delibera cons. com. del 30/5/2006, istitutiva della TIA 1 ‘in via sperimentale’ nel Comune di (….) , si colloca temporalmente in una fase della trasformazione della disciplina fiscale in cui, stante la mancata adozione del regolamento attuativo di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006art. 238, comma 6, i Comuni che già erano passati dalla TARSU alla TIA 1 potevano continuare ad applicarla, essendo tale sistema tariffario destinato ad operare sino alla adozione della disciplina attuativa prevista dal Codice dell’Ambiente, così come i Comuni che tale opzione non avevano effettuato, potevano continuare ad applicare la TARSU – i cui criteri di determinazione sono stati peraltro estesi alla TIA – ma era loro precluso di passare alla ‘tariffa’ prevista dal Decreto Ronchi, ormai destinata ad essere sostituita dalla ‘tariffa’ del Codice dell’Ambiente, intesa come ‘corrispettivo’ del servizio prestato e, pertanto, necessitante di un’apposta regolamentazione (mai intervenuta)», aggiungendo che, pertanto, detta delibera (adottata, si ribadisce, il 30 maggio 2006) «con cui è stata istituita la tariffa di igiene ambientale prevista dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, così determinandosi il passaggio dalla Tarsu alla TIA, è illegittima in quanto sin dal 29 aprile 2006 non era più in vigore la tariffa ambientale e sino alla emanazione delle norme attuative del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, istitutivo della TIA 2, era consentito ai Comuni di continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti, da intendersi quali fonti secondarie di determinazione della tariffa stessa, tra le quali le delibere che gli enti locali avessero già adottato ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22art. 49, comma 6» (cfr. Cass. civ., Sez. V, n. 8650 del 2019; Cass. civ., Sez. V, n. 34283 del 2018; Cass. civ., Sez. V, n. 31286 del 2018Cass. civ., Sez. V, n. 23820 del 2018Cass. civ., Sez. V, n. 17271 del 2017).
Le conclusioni
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso della società.

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