11/06/2020 – Coronavirus: le norme nazionali non possono essere contraddette dai sindaci

Coronavirus: le norme nazionali non possono essere contraddette dai sindaci
La Rivista del Sindaco  11/06/2020 
 
A definire i rapporti tra potere di ordinanza del sindaco e norme nazionali per questo periodo di emergenza sanitaria, ci ha pensato il Tar della Puglia, attraverso la sentenza 733/2020. L’attuazione delle regole per contenre l’epidemia sono di competenza dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri, e le disposizioni del Dpcm 22 marzo 2020 oltre a quelle del Dl 19/2020 impongono il rispetto del principio di non contraddizione dell’ordinamento giuridico.
Le Regioni hanno potuto intervenire in maniera limitata, potendo sottoscrivere misure più restrittive di quelle considerate per il territorio nazionale, in caso di specifiche situazioni di rischio nel proprio territorio, sempre senza poter intaccare le misure di rilevanza strategica nazionale o incidere sulle attività produttve. Al sindaco è invece proibito attuare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare l’emergenza, se in contrasto con le misure definite dallo stato.
Questo si discosta dall’usanza che permette invece ai sindaci simili ordinanze contingibili e urgenti al fine di affrontare un’emergenza locale, arrivando a derogare all’ordinamento giuridico. Tale comportamento in questo periodo di emergenza scatenata dall’epidemia di coronavirus non è più permesso per superare i limiti imposti dalle normative statali.
La questione è stata posta da due ordinanze decise dal sindaco di un Comune, con cui si vietava l’introduzione di pane e derivati del pane nel territorio comunale con decorrenza immediata, in base all’articolo 1 lettera b) del Dpcm del 22 marzo 2020, e dell’articolo 3, commi 2 e 5 del Dl 19/2020. Il titolare di un panificio locale si è subito opposto a tali decisioni, e ne ha richiesto l’annullamento. Dopo la tutela cautelare di somma urgenza, il sindaco ha revocato le ordinanze impugnate dal commerciante, che si basavano soltanto su una affermazione generica riguardante il rischio sanitario perdurante, introducendo però una terza ordinanza, in cui veniva fissa il lasso temporale dal 24 aprile al 3 maggio 2020, sempre in relazione al divieto di introduzione nel Comune di pane e derivati, prodotti da attività artigianali di panificazione di altri Comuni.
L’analisi condotta dai giudici ha rivelato che le prime due ordinanze sono state erroneamente applicate, poiché bel Dpcm 22 marzo 2020 è presente una sezione riguardante l’esenzione relativa all’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico chirurgici, oltre a prodotti agricoli e alimentari, che proprio al fine di non compromettere la fruizione dei beni di prima necessità è stata sempre consentita. Espandendo tale divieto, il sindaco si è posto in contrasto con la normativa primaria, un comportamento a lui vietato. L’attività di rifornimento di cinque supermercati che il ricorrente svolgeva è stata inoltre classificata dai giudici come vendita all’ingrosso, poiché non indirizzata alla diretta commercializzazione del pane e derivati al consumatore diretto, con un evitende calo del pericolo di contagio.
Articolo di Loris Pecchia

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