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Vanno riapprovati i programmi di fabbisogno del personale 
di LUIGI OLIVERI
Italia Oggi – 04 Giugno 2020
 
Vanno riapprovati i programmi triennali del fabbisogno di personale da parte dei comuni per il quali il decreto interministeriale 17 marzo 2020 consente minori spazi assunzionali rispetto a quelli previsti dal precedente sistema. La Corte dei conti, sezione regionale di controllo della Lombardia, col parere 29 maggio 2020, n. 74, indirettamente contribuisce a chiarire la necessità di rivedere la programmazione delle assunzioni. Infatti, i giudici contabili della sezione Lombardia chiariscono ciò che avrebbe dovuto essere evidente da subito: l’ applicazione delle disposizioni dettate dall’ articolo 33, comma 2, del decreto legge 34/2019 (cosiddetto decreto Crescita) come attuato dal decreto 17 marzo 2020, non prevede alcuna fase transitoria. Secondo alcuni operatori ed interpreti, la programmazione delle assunzioni effettuata prima dell’ entrata in vigore del decreto 17 marzo 2020 (cioè il 20 aprile scorso) fonderebbe la possibilità di attivare i concorsi programmati, sulla base del principio tempus regit actum.
La sezione Lombardia della Corte conti, al contrario, spiega che gli atti di programmazione sono da considerare irrilevanti per risolvere questioni di diritto intertemporale. Il parere 74/2020 evidenzia che non c’ è alcuna previsione di diritto transitorio tra la pregressa e la nuova normativa, né nell’ articolo 33, comma 2, del decreto legge n34/2019, né nel dm attuativo. Il piano triennale del fabbisogno di personale, aggiunge la Sezione, rappresenta «nell’ ambito del concetto della programmazione, uno strumento diretto a rilevare le esigenze dell’ amministrazione, si sviluppa in prospettiva triennale ed è adottato annualmente in relazione alle mutate esigenze». Come tale, essendo appunto un programma e non uno strumenti attuativo, è semplicemente «uno strumento programmatorio che precede l’ attività assunzionale dell’ ente e ne costituisce, nel rispetto dei vincoli finanziari, un indispensabile presupposto». Ma, tale programma «essendo preliminare e distinto dalla procedura assunzionale, non può segnare con la sua adozione la data per l’ individuazione della normativa da applicare a detta procedura, e segnatamente ai criteri di determinazione della relativa spesa, sottoposta, invece, sulla base del principio tempus regit actum, alla normativa vigente al momento delle procedure di reclutamento».
Quindi, le procedure di reclutamento successive alla data del 20 aprile 2020, sono interamente soggette alla nuova disciplina sugli spazi assunzionali, «indipendentemente dalla precedente adozione del piano di fabbisogno» come confermato dalla deliberazione della sezione delle autonomie n. 25/Sezaut/2014/Qmig, secondo la quale «è da escludere la possibilità di considerare virtualmente esistente una spesa di personale solamente programmata, ma non effettuata (cd. «effetto prenotativo» della spesa)». Visto che la programmazione non può legittimare l’ attivazione dei concorsi successivamente al 20 aprile 2020 e considerando che la programmazione delle assunzioni antecedente a tale data è stata svolta sulla base dei criteri del costo delle cessazioni di personale dell’ anno precedente cui aggiungere i resti assunzionali del quinquennio precedente, è altamente probabile l’ eventualità che enti abilitati dal vecchio regime ad effettuare un certo numero di assunzioni, si ritrovino col nuovo sistema a poterne effettuare di meno. In particolare, questo vale per i comuni il cui valore soglia del rapporto spesa di personale/media triennale delle entrate correnti al netto del Fondo crediti di dubbia esigibilità, sia maggiore delle soglie previste dalla tabella 1 del dm 17 marzo 2020. Per questi enti, di fatto, la programmazione vale praticamente nulla. Non fonda, infatti, la legittimità delle assunzioni, né corrisponde alle effettive facoltà assunzionali. Non resta, quindi, che modificarla, anche tenendo conto della circostanza che la mobilità per i comuni non è più da considerare neutrale, sicché diviene uno strumento molto utile per il reclutamento del personale transitato verso altri enti, circostanza che si torna a considerare come cessazione.

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