04/06/2020 – Regolamento comunale per la disciplina del diritto di accesso dei consiglieri comunali ai documenti amministrativi.

Regolamento comunale per la disciplina del diritto di accesso dei consiglieri comunali ai documenti amministrativi.

Oggetto
Regolamento comunale per la disciplina del diritto di accesso dei consiglieri comunali ai documenti amministrativi.
Massima
I regolamenti comunali in tema di diritto di accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali devono uniformarsi ai principi elaborati dalla giurisprudenza, secondo i quali detti amministratori vantano un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni; tale diritto non incontra alcuna limitazione derivante dalla eventuale natura riservata dei documenti richiesti, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio (fanno eccezione gli atti coperti da segreto in base a specifiche disposizioni di legge, come quelle che tutelano il segreto delle indagini penali o la segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni). L’esercizio del diritto di accesso deve comunque avvenire con modalità tali da non recare pregiudizio all’attività degli uffici amministrativi.

Fermo che eventuali norme limitative dell’accesso dei consiglieri contenute nei regolamenti comunali devono essere interpretate ed applicate alla luce dei predetti principi, competerebbe unicamente all’autorità giudiziaria amministrativa, eventualmente adita, annullare le determinazioni amministrative illegittime.

Funzionario istruttore
BARBARA RIBIS

barbara.ribis@regione.fvg.it

Parere espresso da
Servizio elettorale, Consiglio delle autonomie locali e supporto giuridico agli enti locali
Testo completo del parere
Il Capogruppo consiliare chiede un parere in merito alla legittimità del regolamento adottato dal consiglio comunale, relativo alla disciplina del diritto di accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali.

In via preliminare, si ricorda che non compete a questo Ufficio esprimersi in merito alla legittimità degli atti degli enti locali, stante l’avvenuta soppressione del regime dei controlli ad opera della legge costituzionale 3/2001. Di seguito, pertanto, si forniranno una serie di considerazioni giuridiche in ordine al diritto di accesso agli atti dei consiglieri comunali, che si ritiene possano risultare di utilità in relazione alla fattispecie prospettata.

L’articolo 43, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recita: “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.

Come affermato, in diverse occasioni, dalla giurisprudenza “i consiglieri comunali vantano un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni; ciò anche al fine di permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.”[1].

Anche il Ministero dell’Interno, ha avuto modo di precisare che «il diritto dei consiglieri ha una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex articolo 10 del richiamato decreto legislativo n.267/00) ovvero a chiunque sia portatore di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (ex art.22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n.241)»[2]. E, ancora, in altra occasione, sempre il Ministero ha osservato che: “Fermo restando che l’Ente dovrebbe comunque disporre di apposito regolamento per la disciplina di dettaglio per l’esercizio di tale diritto, si osserva che la maggiore ampiezza di legittimazione all’accesso rispetto al cittadino (art. 10 del decreto legislativo n. 267/00) è riconosciuta in ragione del particolare munus espletato dal consigliere comunale. Infatti, il consigliere deve essere posto nelle condizioni di valutare, con piena cognizione di causa, la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, onde potere esprimere un giudizio consapevole sulle questioni di competenza della P.A., opportunamente considerando il ruolo di garanzia democratica e la funzione pubblicistica da questi esercitata. A tal fine, il consigliere comunale non deve motivare la propria richiesta di informazioni, poiché, diversamente opinando, la P.A. si ergerebbe ad arbitro delle forme di esercizio delle potestà pubblicistiche dell’organo deputato all’individuazione ed al perseguimento dei fini collettivi. Conseguentemente, gli Uffici comunali non hanno il potere di sindacare il nesso intercorrente tra l’oggetto delle richieste di informazioni avanzate da un Consigliere comunale e le modalità di esercizio del munus da questi espletato”[3].

Con riferimento ai limiti opponibili alle richieste di accesso dei consiglieri comunali, sulla scorta dei pronunciamenti giurisprudenziali intervenuti su tale tema è dato distinguere alcuni casi che costituiscono dei limiti formali alla richiesta di accesso da altri che, invece, riguardano il contenuto dell’eventuale documento richiesto dall’amministratore locale.

Sotto il primo profilo si segnala l’irricevibilità di richieste di accesso eccessivamente generiche o che per la loro mole possano recare pregiudizio all’attività degli uffici amministrativi. In questo senso si riporta una recente sentenza del giudice amministrativo la quale afferma che: “Le richieste di accesso agli atti fatte dai consiglieri comunali devono essere formulate in maniera specifica e dettagliata, recando l’indicazione degli estremi identificativi degli atti e dei documenti o, qualora tali elementi non siano noti al richiedente, almeno di quelli che consentano l’individuazione degli atti medesimi, in modo da comportare il minore aggravio agli uffici che dovranno esitare la richiesta, secondo i tempi necessari per non determinare interruzione alle altre attività di tipo corrente, e quindi senza pregiudizio per la corretta funzionalità amministrativa”[4]. Interessante, al riguardo, è anche una sentenza del Supremo giudice amministrativo il quale ha affermato che: “La giurisprudenza in tema di diritto di accesso ai documenti da parte dei consiglieri comunali e provinciali, e, per estensione, anche regionali, ne ha ravvisato il limite proprio nell’ipotesi in cui lo stesso si traduca in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità, determinino un aggravio notevole del lavoro degli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’amministrazione. L’accesso, in altri termini, deve avvenire in modo da comportare il minore aggravio possibile per gli uffici comunali, e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche o meramente emulative” [5].

Il Ministero dell’Interno, nel fare proprie le considerazioni espresse dalla giurisprudenza e sopra riportate, ha al riguardo precisato che, tuttavia, i limiti di cui sopra non possono comportare ingiustificate compressioni all’esercizio del diritto di accesso da parte dei consiglieri, con la conseguenza che non devono essere introdotte surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso, determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della funzione dell’amministratore locale, che è quella di verificare che il Sindaco e la Giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione. Al riguardo si riporta un parere nel quale il Ministero ha richiamato le considerazioni espresse dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi[6], la quale ha specificato che “in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale amministrativo (cfr., fra le molte, C.d.S., Sez. V, 22 maggio 2007, n. 929), riguardo le modalità di accesso alle informazioni e alla documentazione richieste dai consiglieri comunali ex art 43 TUEL, il diritto di accesso agli atti di un consigliere comunale – nell’esercizio del proprio munus publicum – non può subire compressioni di alcun genere, tali da ostacolare l’esercizio del suo mandato istituzionale, con l’unico limite di poter esaudire la richiesta (qualora essa sia di una certa gravosità) secondo i tempi necessari per non determinare interruzione alle altre attività di tipo corrente” [7].

Con riferimento alla documentazione ostensibile ai consiglieri comunali, si ribadisce l’ampiezza che caratterizza le richieste di accesso avanzate dagli stessi: come rilevato dal Consiglio di Stato, “il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento delle funzioni non incontra neppure alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio” [8].

Tuttavia, fermo il principio di cui sopra, la giurisprudenza ha negato l’accesso a degli amministratori locali relativamente a documentazione coperta da segreto istruttorio: “I consiglieri hanno l’incondizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento del loro mandato, al fine di permettere loro di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione […]; diverso discorso è invece da farsi relativamente agli ulteriori atti di indagine penale, eventualmente delegata, che rientrano nel segreto istruttorio regolato dall’art. 329 c.p.p. e rispetto ai quali non può esercitarsi l’accesso se non nelle forme consentite dalla partecipazione al procedimento penale cui essi ineriscono”[9].

Nello stesso senso si è espresso anche il Ministero dell’Interno[10] il quale, nel fare proprie due pronunce del Consiglio di Stato[11] ha osservato che: «L’Alto Consesso ha ritenuto che la posizione dei consiglieri comunali non possa essere talmente privilegiata da consentire loro l’accesso a tutti i documenti, anche segreti, dell’amministrazione, assumendo solo l’obbligo di non divulgare le relative notizie. […] Se ne deduce, così, che il diritto di accesso del consigliere comunale, da esercitarsi riguardo ai dati effettivamente utili all’esercizio del mandato ed ai soli fini di questo, deve essere coordinato con altre norme vigenti, come quelle che tutelano il segreto delle indagini penali o la segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni […]».

Concludendo, si ritiene che i regolamenti comunali debbano uniformarsi ai principi elaborati dalla giurisprudenza sopra illustrati e che eventuali norme limitative dell’accesso dei consiglieri comunali debbano comunque essere interpretate ed applicate alla luce dei predetti principi.

In ogni caso, si rappresenta che, come tra l’altro affermato anche dal Ministero dell’Interno[12] e dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi[13], entrambi interpellati su una questione analoga a quella in esame[14], “l’autorità competente ad annullare eventuali determinazioni amministrative illegittime è solo il Tar […] salve le iniziative di modifica rimesse alla autonoma valutazione consiliare”.

——————————————————————————–

[1] T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, sentenza del 28 novembre 2017, n. 740; nello stesso senso, tra le altre, Consiglio di Stato, sentenza del 5 settembre 2014, n. 4525.

[2] Ministero dell’Interno, parere del 27 settembre 2018.

[3] Ministero dell’Interno, parere del 6 aprile 2017.

[4] T.A.R. Campania Salerno, sez. II, sentenza del 4 aprile 2019, n. 545. Nello stesso senso si veda anche T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, sentenza del 13 febbraio 2019, n. 128.

[5] Consiglio di Stato, sez. V, sentenza del 2 marzo 2018, n. 1298.

[6] Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, “L’accesso ai documenti amministrativi”, anno 2011, sedute dell’11 ottobre e dell’8 novembre 2011.

[7] Ministero dell’Interno, parere del 18 maggio 2017.

[8] Consiglio di Stato, sez. V, sentenze del 29 agosto 2011, n.4829 e del 4 maggio 2004, n.2716.

[9] T.A.R. Trento, sez. I, sentenza del 7 maggio 2009, n. 143. Nello stesso senso si veda Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 28 ottobre 2016, n. 4537; T.A.R. Sicilia, Catania, sentenza del 25 luglio 2017, n. 1943; T.A.R. Potenza, sentenza del 14 dicembre 2005, n. 1028.

[10] Ministero dell’Interno, parere del 13 febbraio 2004.

[11] Rispettivamente Consiglio di Stato, sez. V, sentenza del 2 aprile 2001, n. 1893 e Consiglio di Stato, sentenza del 26 settembre 2000, n. 5105.

[12] Ministero dell’Interno parere del 18 maggio 2017, già citato in nota 7.

[13] Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, “L’accesso ai documenti amministrativi”, anno 2011, seduta dell’8 novembre 2011.

[14] In entrambi i casi si trattava della richiesta di parere in ordine alla legittimità del Regolamento per il diritto di accesso agli atti di un Comune, che si riteneva lesivo delle prerogative in materia di accesso stabilite per i consiglieri comunali.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto