31/01/2020 – Il TAR chiarisce i limiti al rimborso delle spese legali del dipendente vittorioso in un giudizio penale

Il TAR chiarisce i limiti al rimborso delle spese legali del dipendente vittorioso in un giudizio penale
di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone, Gianluca Popolla – Dottore in giurisprudenza – esperto enti locali
Un dipendente ha fatto istanza presso il TAR per richiedere, ai sensi dell’art. 18D.L. n. 67/97, il rimborso delle spese legali relative al procedimento penale in cui era stato imputato per i reati di turbata libertà degli incanti e di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, in ragione della suo ufficio di componente della Commissione tecnico-economica per l’aggiudicazione di forniture di materiali per l’equipaggiamento e di materiale anti-infortunistico e della conseguente funzione di controllo attribuitagli.
Il procedimento penale si è chiuso con la sentenza di non luogo a procedere emanata dal G.U.P.
Il ricorrente pertanto presentava istanza di rimborso, esibendo la parcella presentata dal suo difensore per un importo complessivo pari a € 50.000 circa, compresi accessori e l’ulteriore somma del 2% dell’importo per il parere richiesto al Consiglio dell’Ordine. Ai fini del rimborso delle spese legali del dipendente, il Ministero ha trasmesso l’istanza ricevuta all’Avvocatura Generale di Stato, la quale ha espresso parere favorevole ma limitando l’importo da rimborsare a € 9.000 circa, oltre accessori, anche in ragione delle parcelle presentate dai indagati.
Le censure del ricorrente
Il ricorrente ha pertanto fatto ricorso al TAR deducendo la violazione dell’art. 18D.L. n. 67/97 in quanto, a suo dire, l’Amministrazione sarebbe incorsa in un eccesso di potere per difetto di motivazione e istruttoria, nonché per illogicità e ingiustizia manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà. Sarebbe da considerarsi invece giustificata la somma richiesta dal difensore del ricorrente, pari al quadruplo dei massimi contemplati nelle tabelle degli onorari di cui al D.M. 127/04, in virtù della natura straordinaria e complessa dell’attività da questi svolta che, infatti, si differenziava dall’attività svolta dai legali dei coindagati, considerato anche il fatto che la congruità della parcella è stata sottoposta e vistata dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati chiamato in causa.
Le precisazioni del TAR
Il Collegio contabile amministrativo di primo grado ha analizzato in primis il disposto dell’art. 18D.L. n. 67/97 secondo cui “Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato”, ammettendo pertanto il diritto al rimborso del dipendente in quanto nell’esercizio delle funzioni d’ufficio e perciò titolare di un interesse dell’Amministrazione, e quindi non personale.
Il TAR ha affermato che “Il fatto che il dipendente persegua interessi non propri, ma della Amministrazione (…) fa emergere la esigenza di tenere indenne esso dipendente:
– da qualsivoglia lesione e/o compressione della propria sfera giuridica conseguente all’espletamento dell’attività istituzionale (…);
– dalle spese legali che questi sostiene ogni qualvolta è chiamato a rispondere del suo operato in sede penale (…);”, in tal senso devono intendersi l’art. 18D.L. n. 67/97 e le successive norme di interpretazione autentica, queste sono considerate unanimemente in giurisprudenza come espressione delle regole generali dell’art. 1720 c.c., comma 2, per cui il mandatario ha diritto ad esigere dal mandante il ristoro delle lesioni alla propria sfera patrimoniale, ed ex art. 2041 c.c. relativa al divieto di arricchimento senza causa.
Il ruolo dell’Avvocatura dello Stato
Il giudice amministrativo si è poi soffermato sul ruolo tecnico che l’art. 18D.L. n. 67/97 attribuisce all’Avvocatura dello Stato, finalizzato a valutare la congruità della nota spese presentata dal legale del ricorrente, questo è pertanto “frutto di valutazioni tecnico-discrezionali, attinenti alla conformità della parcella alla tariffa forense ed al rapporto tra l’importanza e la delicatezza della causa – e delle correlate questioni giuridiche e fattuali – e gli esborsi sostenuti dal dipendente per la difesa in giudizio” (tra le tante Consiglio di Stato, Sez. II, 30 giugno 2015, n. 7722). Il rimborso però, ricorda il TAR, non è una forma di completa reintegrazione del pregiudizio patrimoniale subito dal dipendente nel procedimento in cui è stato coinvolto, ma si configura come una sorta di indennizzo, da liquidare nei termini congrui indicati dall’Avvocatura di Stato. In altri termini, in presenza del rimborso delle spese legali si contrappongono due interessi contrapposti, quello del dipendente a vedersi ristorato l’intero importo sostenuto per la sua difesa e quello dell’ente pubblico il cui fine è quello di contenimento della spesa pubblica.
Il beneficio ex art. 18 D.L. “non ha attinenza al rapporto difensore-cliente” giacché azionabile come posizione giuridica attiva nei confronti dell’Amministrazione ma nei limiti di quanto stabilito dall’Avvocatura. In tale quadro normativo, non può assumere valenza vincolante l’importo richiesto, sebbene abbia avuto il visto di congruità dal Consiglio dell’Ordine, dovendo l’Avvocatura “valutare quali siano state le effettive necessità difensive” (Consiglio di Stato, Sez. II, 31 maggio 2017, n. 1266), mediante un giudizio tecnico “sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità per errore di fatto, illogicità, carenza di motivazione, incoerenza, irrazionalità o per violazione delle norme di settore” (Cons. Stato, Sez. II, 30 giugno 2015, n. 7722).
Della correttezza della riduzione della somma
Il TAR ha definito corretta la riduzione della somma effettuata con parere dall’Avvocatura dello Stato, sulla base della valutazione della somma richiesta ai fini del rimborso, tale importo infatti ha destato perplessità al giudice amministrativo per due ragioni. In via principale la richiesta è stata considerata esorbitante in quanto “è frutto della quadruplicazione degli onorari massimi previsti dalla tariffa forense” e, inoltre, risulta sproporzionata rispetto alle parcelle richieste dai difensori dei coindagati (importo più che quintuplo rispetto alla somma delle altre parcelle), sebbene il legale in esame non abbia avuto, secondo il Collegio amministrativo una posizione “talmente particolare e distinta dagli altri soggetti coinvolti da richiedere un esame tanto più delicato e complesso”.
Per questi motivi, l’uno di carattere assoluto e l’altro di carattere relativo, il giudice amministrativo ha valutato come ragionevole e logico l’operato dell’Amministrazione, e quindi dell’Avvocatura dello Stato, nell’atto di ridurre l’importo da rimborsare “entro limiti che, concretando in ogni caso i massimi tariffari, sfuggono a qualsivoglia forma di censura del genere di quelle che solo in questa sede possono rilevare”.
La decisione del TAR
Per quanto sopra esposto, il TAR (Sezione Prima Stralcio), ha respinto il ricorso in esame e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

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