30/01/2020 – La pubblica amministrazione agisce in modo discrezionale nella scelta di un dirigente a contratto

La pubblica amministrazione agisce in modo discrezionale nella scelta di un dirigente a contratto
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 712, del 15 gennaio 2020, ha accolto il ricorso di una azienda sanitaria che ha impugnato la sentenza della Corte di appello; i giudici di legittimità sono tornati ad esprimersi in merito alla scelta discrezionale di un dirigente a contratto operata dalla pubblica amministrazione. Per la Corte di Cassazione il giudice del lavoro non può sostituirsi alle scelte discrezionali dell’ente cui compete, in via esclusiva, il concreto esercizio delle facoltà attribuitegli dall’ordinamento.
Il contenzioso
La Corte d’Appello con sentenza del 2013 pronunciando sull’impugnazione proposta dall’Azienda sanitaria unica regionale, nei confronti di dipendente, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale, in riforma di quest’ultima, ha condannato l’Azienda sanitaria al pagamento in favore del dipendente degli emolumenti correlati all’incarico di coordinatore del dipartimento delle dipendenze patologiche, per il periodo corrispondente alla durata iniziale del detto incarico, con gli interessi legali.
Il dipendente, responsabile del servizio territoriale delle dipendenze patologiche, aveva adito il Tribunale chiedendo l’annullamento della delibera con la quale era stato conferito ad un’altra persona l’incarico di Coordinatore del dipartimento delle dipendenze patologiche sovrazonale, lamentando che la selezione era stata fatta esclusivamente in considerazione del confronto tra i curricula dei candidati (come si evinceva dall’atto di nomina che tuttavia non illustrava con la motivazione l’esito della comparazione), ma che dagli stessi si evinceva la superiorità dei propri titoli scientifici e professionali rispetto a quelli dell’altro aspirante che era stato prescelto.
La Corte d’Appello ha osservato che nel caso in esame l’ente aveva violato l’obbligo di motivazione ed aveva emanato l’atto impugnato ponendo in essere una condotta sostanzialmente arbitraria e non conforme a buona fede.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’azienda sanitaria prospettando una seria articolata di motivazioni.
Il conferimento di incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione
Il D.Lgs. n. 165/2001 stabilisce che ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacita’ professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell’amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all’estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell’incarico. Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l’articolo 2103 del codice civile.
L’amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta.
Con il provvedimento di conferimento dell’incarico sono individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell’incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni ne’ eccedere il termine di cinque anni. La durata dell’incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell’interessato. Gli incarichi sono rinnovabili.
Al provvedimento di conferimento dell’incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico.
E’ sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto. In caso di primo conferimento ad un dirigente della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali generali o di funzioni equiparate, la durata dell’incarico è pari a tre anni.
L’analisi della Cassazione
L’azienda sanitaria ricorrente censura la statuizione della Corte d’Appello che non ha considerato intempestiva la produzione del curriculum (dapprima nell’udienza di discussione del primo ricorso e poi con il ricorso in riassunzione) in quanto si trattava di un documento nella disponibilità dell’ente, che lo aveva posto a base della motivazione del provvedimento di conferimento incarico. Tale statuizione sarebbe in contrasto con le norme procedurali del rito del lavoro in materia di preclusioni istruttorie e invertirebbe l’onere della prova.
Per la Corte di Cassazione il motivo non è fondato.
Nel rito del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 421 e 437 c.p.c., l’esercizio del potere d’ufficio del giudice, pur in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, non è meramente discrezionale, ma si presenta come un potere dovere da esercitare contemperando il principio dispositivo con quello della ricerca della verità, sicché il giudice del lavoro non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova, avendo l’obbligo, in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 c.p.c., ed al disposto di cui all’art. 111 Cost., comma 1, sul “giusto processo regolato dalla legge” di esplicitare le ragioni per le quali reputi di far ricorso all’uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una delle parti, ritenga, invece, di non farvi ricorso.
Correttamente, in applicazione del suddetto principio, la Corte d’Appello ha ritenuto di ammettere la produzione del curriculum, atteso che lo stesso era a base della motivazione dell’atto di designazione impugnato, e sulla comparazione tra i candidati in ragione dei curricula degli stessi, secondo le allegazioni delle parti, verteva la controversia.
L’azienda sanitaria osserva, inoltre, che il riconoscimento del danno da perdita di chances era sommario ed immotivato, e contrastava con il principio dell’onere della prova, in relazione ai principi affermati dalla giurisprudenza in materia.
Occorreva infatti una comparazione tra i redditi percepiti e quelli ambiti, non essendo possibile, diversamente, valutare né l’ingiustizia del danno, né la sussistenza del nesso causale.
Inoltre, anche a voler riconoscere il danno, lo stesso andava liquidato secondo un criterio differenziale, limitando le chances all’auspicato incremento di retribuzione.
Il motivo è fondato atteso che all’annullamento della Delibera di conferimento di incarico per mancanza di motivazione in ordine alla comparazione dei curricula degli aspiranti, non consegue, come erroneamente affermato dalla Corte d’Appello, una presunzione di nomina nell’incarico dell’azienda ricorrente, che può intervenire solo a seguito del rinnovo della procedura in questione da parte dell’Amministrazione.
In tema di impiego pubblico privatizzato, come la Cassazione ha già affermato, gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali cui devono applicarsi i criteri generali di correttezza e buona fede, alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che obbligano la pubblica amministrazione a valutazioni comparative motivate, senza alcun automatismo della scelta, che resta rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro, cui corrisponde una posizione soggettiva di interesse legittimo degli aspiranti all’incarico, tutelabile ai sensi dell’art. 2907 c.c., anche in forma risarcitoria; ne consegue che, ove la pubblica amministrazione non abbia fornito elementi circa i criteri e le motivazioni della selezione, l’illegittimità della stessa richiederà una nuova valutazione, sempre ad opera del datore di lavoro, senza possibilità di un intervento sostitutivo del giudice, salvo i casi di attività vincolata e non discrezionale, che non ricorrono nella specie.
Costituisce “ulteriore specificazione di tale principio la suddetta posizione soggettiva di interesse legittimo di diritto privato è suscettibile di tutela giurisdizionale, anche in forma risarcitoria, a condizione che l’interessato ne alleghi e provi la lesione, nonché il danno subito in dipendenza dell’inadempimento degli obblighi gravanti sull’amministrazione, senza che la pretesa risarcitoria possa fondarsi sulla lesione del diritto al conferimento dell’incarico, che non sussiste prima della stipula del contratto con la P.A.”.
Per la Corte di Cassazione, quindi, la Corte d’Appello, dopo aver affermato l’illegittimità della nomina del dipendente per la mancanza di motivazione sulla comparazione dei curricula, ha riconosciuto provato il danno da perdita di chances per l’assenza di altri soggetti comparabili, non facendo corretta applicando del suddetto principio.
Per tale motivo la Corte accoglie quest’ultimo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello in diversa composizione

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