28/01/2020 – L’esenzione dal pagamento della TOSAP spetta anche alla società affidataria del Comune del servizio di aree destinate al parcheggio

L’esenzione dal pagamento della TOSAP spetta anche alla società affidataria del Comune del servizio di aree destinate al parcheggio
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
La Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, con l’ordinanza n. 613, del 15 gennaio 2020, ha rigettato il ricorso della società concessionaria del servizio comunale e affissione pubblicità TOSAP; per i giudici di legittimità l’esenzione dal pagamento della TOSAP spetta anche alla società affidataria del Comune per la gestione di aree destinate a parcheggio.
Il contenzioso tributario
Con sentenza depositata del giugno 2014 la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello proposto dalla società affidataria delle aree destinate a parcheggio in liquidazione.
La società concessionaria del servizio TOSAP, coadiuvata dal Comune proponeva ricorso in Cassazione contro il consorzio affidatario del servizio di gestione di un’area destinata a parcheggio.
Con il primo motivo in comune, la ricorrente principale ed Comune censurano la sentenza impugnata, denunciando l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per aver erroneamente escluso l’occupazione dell’area destinata a parcheggio da parte dell’affidataria del servizio, ai fini dell’applicazione della TOSAP, per gli anni 2009 e 2010.
Con il secondo motivo di ricorso la società e il Comune lamentano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3839 e 49D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507, per essere state erroneamente apprezzate dal giudice di appello, per un verso, l’insussistenza del presupposto impositivo della TOSAP, cioè l’occupazione del suolo pubblico in forza di titolo concessorio, e, per altro verso, la sussistenza della causa di esenzione impositiva, cioè l’occupazione del suolo pubblico in sostituzione del Comune.
La TOSAP: cenni
La TOSAP – Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche è disciplinata dagli artt. 38 a 57D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507. Essa era stata abolita, a seguito dell’introduzione del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, dall’art. 51D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e successivamente reintrodotta dall’art. 31, comma 14, L. 23 dicembre 1998, n. 448.
In merito si ricorda che:
– alla TOSAP sono sottoposte le occupazioni di qualsiasi natura effettuate – anche senza titolo – nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province (art. 38D.Lgs. n. 507/1993);
– soggetto passivo del tributo (art. 39) – dovuto al comune o alla provincia – è il titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio;
– la disciplina applicativa del tributo è affidata all’ente territoriale, tenuto ad approvare il regolamento per l’applicazione della TOSAP;
– la normativa statale distingue occupazioni permanenti e temporanee (art. 42) e disciplina altresì le modalità di graduazione e determinazione della tassa. In particolare (art. 42, commi 3 e 4) la tassa è graduata a seconda dell’importanza dell’area sulla quale insiste l’occupazione; essa si determina in base all’effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all’unità superiore della cifra contenente decimali;
– l’art. 49D.Lgs. n. 507/1993, elenca i casi di esenzione. Sono tra l’altro esenti da imposta le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l’esercizio di culti ammessi nello Stato, dagli enti pubblici per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica.
Il D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, all’art. 63, ha autorizzato i comuni e le province, con apposito regolamento, ad escludere l’applicazione della TOSAP e ad assoggettare l’occupazione permanente e temporanea di suolo pubblico al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione ed in base a tariffa.
Tra l’altro, il regolamento (art. 63, comma 2):
– deve prevedere le procedure per il rilascio, il rinnovo e la revoca degli atti di concessione;
– reca l’indicazione analitica della tariffa, dell’entità dell’occupazione, del valore economico della disponibilità dell’area, nonché del sacrificio imposto alla collettività;
– reca altresì l’indicazione delle modalità e termini di pagamento del canone e la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico;
– infine, il regolamento deve fissare un limite minimo (516,5 euro) di ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia e dettare i criteri per il versamento del canone stesso.
L’analisi della Cassazione
Con riferimento al secondo motivo di ricorso (quello che interessa il presente commento) la Corte di Cassazione lo ritiene infondato.
Il presupposto impositivo della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507, dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti e sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico.
Nel caso di area del demanio comunale, appartenente alla rete viaria della città, adibita a parcheggio di autoveicoli, in concessione a società privata, rileva in concreto se quest’ultima occupi l’area, sottraendola all’uso pubblico, integrando, così, il presupposto della TOSAP, ovvero se ad essa società sia soltanto attribuito – quale sostituto dell’ente nello sfruttamento dei beni – il mero servizio di gestione del parcheggio, con il potere di esazione delle somme dovute dai singoli per l’uso, quale parcheggio dei loro veicoli, dell’area pubblica a ciò destinata dal Comune, dovendosi ravvisare, in tal caso, un’occupazione temporanea ad opera del singolo e non della concessionaria, che non sottrarrebbe al pubblico uso l’area (non oggetto, in quanto tale, della concessione e rimasta, anche di fatto, nella disponibilità del Comune), con esenzione di quest’ultima dalla tassazione in forza dell’art. 49, comma 1, lett. a), D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507, salvo che dall’atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia.
La Cassazione osserva che nella specie, la Commissione Tributaria Regionale ha accertato, con valutazione in fatto non censurabile se non sotto il profilo del vizio di motivazione, che dalle clausole descrittive dell’oggetto del contratto emergeva che la concessione di suolo pubblico al privato per l’esercizio dell’attività di impresa era volta unicamente a consentire la gestione del servizio di gestione del pubblico parcheggio e del correlativo potere di esazione delle somme dovute dagli utenti.
In proposito, si evidenzia come il giudice di appello abbia efficacemente messo in risalto:
a) la spettanza al Comune del potere di individuazione delle aree destinate a parcheggio, con ampia facoltà di ampliarle o ridurle, senza interlocuzione della società affidataria, svolgendo quest’ultima un mero servizio di gestione della riscossione delle tariffe per la sosta, pure predeterminate dall’ente locale, a cui il corrispettivo è trasferito, sia pure in parte, con un minimo garantito;
b) il conferimento alla società affidataria della gestione del servizio di parcheggio secondo le indicazioni e le direttive dell’ente locale, che impone una serie di vincoli nel concreto svolgimento dell’attività ed esercita i controlli nell’interesse dei cittadini.
Per cui, è conseguenziale la ravvisabilità dell’esenzione prevista dall’art. 49, lett. a, D.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507, sul rilievo che la società affidataria del servizio di gestione delle aree destinate a parcheggio è un mero sostituto del Comune, che resta l’unico e solo occupante della sede stradale, potendo delimitarne la parte non strettamente necessaria alla fruizione di libera circolazione, che rivela potenzialità economiche connesse all’opportunità di parcheggio dei veicoli, e conservando la disponibilità delle aree destinate a parcheggio, delle quali esso continua a governare le modalità di utilizzo, nonostante il riconoscimento della spettanza di un indennizzo (non di un corrispettivo) a favore della società affidataria nel caso di protrazione del divieto oltre un determinato limite.
Le conclusioni
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente principale ed il Comune , in solido tra loro, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole nella misura complessiva di € 10.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie ed altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo a carico della ricorrente principale e del ricorrente incidentale di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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