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Urbanistica. Sequestro finalizzato alla confisca e facoltà d’uso del bene
Pubblicato: 26 Gennaio 2020
Cass. Sez. III n. 2296 del 22 gennaio 2020 (CC 6 dic 2019)

1. Nel caso di sequestro finalizzato alla confisca la possibilità di utilizzare il bene deve ritenersi normalmente preclusa, come avviene per il sequestro c.d. impeditivo, poiché anche in questo caso lo scopo della misura è quello di sottrarre fisicamente la disponibilità del bene al destinatario della stessa e consentirne l’utilizzazione renderebbe il sequestro efficace nella forma e non anche nella sostanza, senza contare la possibile dispersione del bene, come nel caso in cui sia alienato, ovvero un suo deterioramento (si è ulteriormente specificato che a nulla rileva il fatto, nel caso dei beni immobili e mobili registrati, che la confisca sarebbe comunque assicurata dalla trascrizione del provvedimento imposta dall’art. 104 disp. att. cod. proc. pen., in quanto la finalità di tale disposizione è esclusivamente quella di consentire la pubblicità del provvedimento cautelare a garanzia della sua efficacia ed a tutela dei terzi di buona fede e non già quella di salvaguardare la conservazione fisica del bene, che può evidentemente essere assicurata dal giudice con modalità diverse secondo, le esigenze del caso concreto).

2. Nell’applicazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza alle misure cautelari reali l’esigenza di contemperare le esigenze cautelari con una adeguata e non eccessivamente gravosa compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica trova comunque un limite nel fatto che l’esercizio di tali diritti conseguenti all’applicazione del principio di proporzionalità avvenga lecitamente e senza incidere negativamente su altri diritti altrettanto meritevoli di tutela. Nella valutazione che il giudice è chiamato ad effettuare, dunque, dovrà tenersi conto del fatto che la salvaguardia dei diritti del soggetto che subisce il sequestro, con conseguente modulazione delle modalità di esecuzione della misura, non può giustificare il sostanziale mantenimento in essere di una situazione di illiceità (come nel caso della facoltà d’uso di un immobile abusivo) o la compressione di altri diritti o interessi garantiti dalla legge. Con specifico riferimento al sequestro di immobili abusivi, peraltro, deve considerarsi, in primo luogo, se le esigenze personali da salvaguardare siano effettivamente rilevanti e se non sia possibile ovviarvi facendo ricorso a soluzioni alternative; che non incidano negativamente su diritti di terzi altrettanto meritevoli di tutela o che non comportino situazioni di rischio per la salute e l’incolumità delle persone (come nel caso di immobili non dotati di agibilità o abitabilità, realizzati senza il rispetto della normativa antisismica o sulle opere in cemento armato).

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 18 luglio 2019 ha rigettato l’opposizione proposta da Pasquale BORRATA, Giuseppe PACIFICO, Saverio PICCOLO, Giovanni PEDANA, Rosa RUSSO, Antonella PEDANA, Maria PEDANA, Adelina FABOZZI, Francesca LANDOLFO, Andrea CORVINO, Anna BORRATA e Maria Raffaella CHIRICO avverso il decreto del Pubblico Ministero in data 1 luglio 2019, con il quale veniva rigettata l’istanza volta ad ottenere la facoltà d’uso di immobili posti sotto sequestro preventivo in relazione al reato di lottizzazione abusiva di cui all’art. 44, lett. c) d.P.R. 380/2001.

Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il comune difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, lamentando che il giudice dell’esecuzione avrebbe motivato il proprio provvedimento sull’inesistente presupposto che il sequestro fosse anche finalizzato ad impedire un uso estraneo a quello che aveva legittimato l’edificazione dell’immobile, mentre, al contrario, il provvedimento sarebbe stato emesso solo ed esclusivamente per le finalità previste dall’art. 321 capoverso cod. proc. pen. al fine di garantire la confisca del bene e che tale evenienza risulterebbe pacificamente non soltanto dalla motivazione del provvedimento genetico, ma anche dal provvedimento con il quale il Tribunale del riesame aveva confermato la misura.

3. Con un secondo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, rappresentando che il provvedimento impugnato non avrebbe fornito risposta a specifiche deduzioni difensive in ordine alla mancato rispetto del principio di proporzionalità e, conseguentemente, al carattere sproporzionato ed inutilmente afflittivo delle concrete modalità di esecuzione della misura, in violazione di quanto disposto dall’art. 275, comma 2 cod. proc. pen., osservando come la trascrizione del provvedimento ai sensi dell’art. 104 disp. att. cod. proc. pen. assicurerebbe le finalità della misura impedendo il trasferimento del bene senza tradursi in un indebita anticipazione della pena e, cioè, della confisca.

4. Con il terzo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, lamentando che il giudice dell’esecuzione non avrebbe fornito risposta neppure all’ulteriore deduzione difensiva attinente alla conformità dell’uso di cui si chiedeva concretamente di essere autorizzati alla legittima destinazione degli immobili in sequestro, facendo rilevare come oggetto della contestazione sarebbe il mutamento della destinazione d’uso dalla originaria categoria D2 (villaggi turistici, case di riposo, pensionati per anziani, locande) alla categoria A4 (abitazione di tipo popolare), sicché i beni in sequestro avrebbero continuato a svolgere la loro funzione originaria, cioè quella di tipo residenziale turistico.

Insistono, pertanto, per l’accoglimento dei ricorsi.

Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

   

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.. I ricorsi sono fondati nei termini di seguito specificati.

2. Va premesso che la vicenda posta alla base della misura cautelare è stata già oggetto di considerazione da parte di questa Corte con riferimento all’ordinanza del 9 luglio 2018, con la quale il Tribunale aveva rigettato le richieste di riesame (Sez. 3, n. 4248 del 15/1/2019, Immobiliare Negri s.a.s. ed altri, non massimata, con la quale il provvedimento impugnato è stato annullato con rinvio).

Essa riguarda, secondo l’ipotesi accusatoria sommariamente richiamata nella menzionata decisione, una struttura originariamente comprensiva di 227 villette, distinte in categorie separate a seconda della tipologia, realizzate, previo valido titolo abilitativo, in area la cui destinazione urbanistica originaria viene indicata come quella di “villaggio turistico a gestione unica”, denominato “ Centro turistico per lavoratori svedesi”, successivamente sottoposta a frazionamento dell’unica unità immobiliare, costituendo autonomi subalterni, ciascuno comprendente ogni singola villetta facente parte del villaggio turistico, alla quale veniva attribuita una categoria catastale residenziale A/4 in luogo di quella originaria D/2, indicante destinazione d’uso ricettiva con scopo di lucro, per poi essere successivamente venduta a terzi. La vendita avrebbe determinato l’uso esclusivo delle unità immobiliari da parte degli acquirenti disgiunto dal complesso immobiliare principale.       

3. Va anche preliminarmente osservato che risulta corretto il ricorso alla procedura dell’incidente di esecuzione da parte degli odierni ricorrenti.

Nella fattispecie, costoro hanno richiesto infatti al Pubblico Ministero di poter utilizzare i beni in sequestro quanto meno nel periodo estivo, indicato in maggio – ottobre.

Si tratta, all’evidenza, di questione riguardante le modalità esecutive del sequestro ed, in quanto tali, impugnabili con la procedura dell’incidente di esecuzione (Sez. 2, n. 44504 del 3/7/2015, Steccato Vattume’, Rv. 265103; Sez. 6, n. 16170 del 2/4/2014, Stollo, Rv. 259769; Sez. 3, n. 26729 del 23/3/2011, Lannino, Rv. 250637), dovendosi peraltro considerare che l’autorizzazione richiesta non farebbe comunque venire meno, neppure per un limitato periodo di tempo, il vincolo reale originariamente imposto, poiché nella sostanza si risolverebbe, indipendentemente dalla denominazione in concreto attribuita al provvedimento, nella possibilità di accedere temporaneamente al bene o utilizzarlo con modalità rigorosamente prestabilite e non derogabili (cfr., con riferimento al c.d. dissequestro temporaneo, Sez. 3, n. 39275 del 12/6/2018, Cacciapuoti, Rv. 273753).

4. Fatta tale premessa, si pone l’ulteriore questione della natura del provvedimento adottato, atteso che nel provvedimento impugnato viene effettuato un generico riferimento (citando anche un precedente giurisprudenziale) alle finalità del sequestro preventivo disposto al fine  di impedire un uso del bene estraneo a quello che ne aveva legittimato l’edificazione, che la difesa dei ricorrenti individua, nel primo motivo di ricorso, come un errato richiamo al sequestro preventivo c.d. impeditivo non applicato nel caso specifico.

Dall’esame del decreto di sequestro e dell’ordinanza del Tribunale del riesame emessa, in data 25 marzo 2019, nel giudizio di rinvio conseguente ad annullamento da parte di questa Corte (che i ricorrenti hanno anche allegato in copia al ricorso), emerge che, effettivamente, il sequestro preventivo è stato applicato esclusivamente ai sensi dell’art. 321, comma 2 cod. proc. pen., come risulta da quanto illustrato dal GIP alle pagine 10 ed 11 del decreto di sequestro ed, in maniera esplicita, dal Tribunale a pag. 4 della menzionata ordinanza.

Inoltre, dalla richiesta di incidente di esecuzione e dalla memoria depositata all’udienza del 16 luglio 2019, pure allegati al ricorso, risulta che tale evenienza era stata prospettata al giudice dell’esecuzione.

La misura cautelare reale è stata, dunque, applicata ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., con riferimento, quindi, alla sola confiscabilità del bene, senza alcuna finalità impeditiva.

5. Individuata, perciò, la natura del provvedimento cautelare, occorre rilevare che il provvedimento impugnato, nel richiamare una pronuncia di questa Corte attinente a fattispecie analoga (Sez. 3, n. 48924 del 21/10/2009, Tortora e altri, Rv. 245766) appare fare riferimento, nel contesto della generica motivazione, ad una ipotesi di sequestro preventivo impeditivo, diversa, dunque, da quella effettivamente disposta nel caso di specie.

Il sequestro preventivo finalizzato dalla necessità di evitare il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati è, invero, pacificamente incompatibile con la cosiddetta facoltà d’uso, poiché, come più volte affermato, si pone in evidente contraddizione con le finalità proprie della misura cautelare (Sez. 3, n. 16689 del 26/2/2014, P.M. in proc. Squillaci e altro, Rv. 259540; Sez. 3, n. 48924 del 4 21/10/2009, Tortora e altri, Rv. 245766; Sez. 3, n. 825 del 4/12/2008 (dep. 2009), Violante, Rv. 242156. V. anche Sez. 6, n. 1825 del 26/4/1994, Tripaní, Rv. 199538; Sez. 6, n. 2994 del 30/7/1992, P.M. in proc. Montandon, Rv. 191625) e tale affermazione, pienamente condivisibile, va qui ribadita.

Si pone tuttavia il problema di stabilire se, in assenza di tali specifiche esigenze preventive, quando il sequestro è esclusivamente finalizzato alla successiva confisca, la possibilità di utilizzare il bene debba normalmente ritenersi preclusa.

Ritiene il Collegio che a tale quesito debba darsi, in linea generale, risposta affermativa, poiché anche in questo caso lo scopo della misura è quello di sottrarre fisicamente la disponibilità del bene al destinatario della stessa e consentirne l’utilizzazione renderebbe il sequestro efficace nella forma e non anche nella sostanza, senza contare la possibile dispersione del bene, come nel caso in cui sia alienato, ovvero un suo deterioramento.

6. Tale ultimo aspetto viene considerato dai ricorrenti nel secondo motivo di ricorso, osservando che la possibile confisca, nel caso dei beni immobili e mobili registrati, sarebbe comunque assicurata dalla trascrizione del provvedimento imposta dall’art. 104 disp. att. cod. proc. pen.

Tale assunto non è però condivisibile, atteso che la finalità di tale disposizione è esclusivamente quella di consentire la pubblicità del provvedimento cautelare a garanzia della sua efficacia ed a tutela dei terzi di buona fede e non già quella di salvaguardare la conservazione fisica del bene, che può evidentemente essere assicurata dal giudice con modalità diverse secondo, le esigenze del caso concreto.

Di tutto ciò non tiene comunque conto il provvedimento impugnato che, come si è detto, si riferisce  erroneamente ad una ipotesi di sequestro impeditivo.

7. Nel secondo motivo di ricorso viene posta anche l’ulteriore questione della proporzionalità ed adeguatezza dell misura applicata.

Va detto che il principio di proporzionalità ed adeguatezza, dettato dall’art. 275 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali, è ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte applicabile anche alle misure cautelari reali (Sez. 3, n. 21271 del 7/5/2014, Konovalov, Rv. 261509; Sez. 5, n. 8382 del 16/1/2013, Caruso, Rv. 254712; Sez. 3, n. 21931 del 16/5/2012, Pmt in proc. Iacono, Rv. 253143; Sez. 3, n. 12500 del 15/12/2011 (dep. 2012), Sartori, Rv. 252223; Sez. 3, n. 38411 del 7/10/2010, Isabella Valenzi, Rv. 248560; Sez. 5, n. 8152 del 21/1/2010, Magnano e altro, Rv. 246103).

Tale assunto, generalmente riferito alla fase genetica del provvedimento cautelare, è stato ribadito anche avendo riguardo alle modalità di esecuzione della misura cautelare reale, osservandosi, con riferimento ad un provvedimento di sgombero di immobile abusivo sottoposto a sequestro preventivo di sposto dal Pubblico Ministero, che salvaguardati gli effetti che la cautela assolve, non sono indifferenti le diverse modalità con le quali il provvedimento deve essere eseguito, soprattutto quando l’esecuzione di esso incide su diritti fondamentali, dei quali gli organi della giurisdizione penale sono garanti (così, testualmente, in motivazione Sez. 3, n. 30405 del 8/4/2016, P.M. in proc. Murino e altri, Rv. 267586, citata anche in ricorso. Conf. Sez. 3, n. 46716 del 28/3/2018, Fiusco, Rv. 274487, in motivazione).

Si tratta, ad avviso del Collegio, di argomentazioni del tutto condivisibili, che vanno tuttavia apprezzate considerando anche quanto affermatosi nel ritenere esteso alle misure cautelari reali l’ambito di operatività dell’art. 275, comma 2 cod. proc. pen.

Invero, nel dare applicazione a tale principio, si è specificato che il fine è quello di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata, con la conseguenza che si richiede al giudice di motivare sulla impossibilità di conseguire lo stesso risultato con modalità meno invasive, in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto a vincolo anche oltre le effettive necessità dettate dall’esigenza cautelare che si intende arginare (così, ex pl., Sez. 5, n. 8382 del 16/1/2013, Caruso, Rv. 254712).

Occorre tuttavia osservare che l’esigenza di contemperare le esigenze cautelari con una adeguata e non eccessivamente gravosa compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica trova comunque un limite nel fatto che l’esercizio di tali diritti conseguenti all’applicazione del principio di proporzionalità avvenga lecitamente e senza incidere negativamente su altri diritti altrettanto meritevoli di tutela.

Nella valutazione che il giudice è chiamato ad effettuare, dunque, dovrà tenersi conto del fatto che la salvaguardia dei diritti del soggetto che subisce il sequestro, con conseguente modulazione delle modalità di esecuzione della misura, non può giustificare il sostanziale mantenimento in essere di una situazione di illiceità o la compressione di altri diritti o interessi garantiti dalla legge.

Con specifico riferimento al sequestro di immobili abusivi, ad esempio, dovrà considerarsi, in primo luogo, se le esigenze personali da salvaguardare siano effettivamente rilevanti e se non sia possibile ovviarvi facendo ricorso a soluzioni alternative; che non incidano negativamente su diritti di terzi altrettanto meritevoli di tutela o che non comportino situazioni di rischio per la salute e l’incolumità delle persone (come nel caso di immobili non dotati di agibilità o abitabilità, realizzati senza il rispetto della normativa antisismica o sulle opere in cemento armato).

Il tutto considerando che la utilizzazione del bene sequestrato, qualora si risolva nella sostanziale libera disponibilità dello stesso è, di regola, incompatibile con le finalità del sequestro non soltanto impeditivo (il che è evidente) ma anche, per le ragioni innanzi dette, di quello finalizzato alla confisca.

8. Un’ulteriore obiezione, sollevata dai ricorrenti nel terzo motivo di ricorso, riguarda il fatto che la utilizzazione dei beni in sequestro richiesta al giudice sarebbe stata comunque conforme alla destinazione d’uso degli immobili sequestrati e che a tale considerazione il giudice avrebbe erroneamente risposto con la già menzionata  qualificazione del sequestro come impeditivo.

I ricorrenti, dunque, ritengono che, risolvendosi la contestata lottizzazione in una mera modifica della destinazione d’uso, essa non determinerebbe alcuna conseguenza negativa.

Si tratta, tuttavia, di un assunto che non può darsi per scontato, atteso che presuppone una verifica in concreto della situazione, da effettuarsi alla luce di quanto in precedenza evidenziato.

Date le considerazioni che precedono, deve dunque rilevarsi che la motivazione del provvedimento impugnato sul punto risulta carente, perché, a fronte di specifiche censure da parte della difesa non ha fornito adeguata risposta, limitandosi, sostanzialmente, al richiamo di una pronuncia di questa Corte ed alla affermazione della non rilevanza, ai fini della definizione della questione prospettagli, della nota sentenza della CEDU, Grande Camera del 28 giugno 2018).

Ciò impone, conseguentemente, l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale per nuovo esame alla luce di quanto in precedenza evidenziato.   

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata e rinvi per nuovo esame al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Così deciso in data 6/12/2019

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