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Le procedure già avviate per ora restano nel limbo
Le procedure di reclutamento già avviate restano nel limbo. L’attesa pubblicazione del nuovo decreto, che in teoria avrebbe dovuto applicarsi dal 1° gennaio 2020, ma che non ha trovato posto in tempo utile in Gazzetta Ufficiale, aggiunge ulteriori incognite a quelle derivanti dai suoi contenuti. La domanda più frequente è se le procedure assunzionali avviate nelle more dell’entrata in vigore della nuova disciplina possano essere portate a compimento anche se non più compatibili con i nuovi vincoli. E, in caso di risposta affermativa, se a tal fine sia sufficiente averle avviate o invece sia necessario averle concluse. La questione potrebbe interessare anche gli enti virtuosi che avessero programmato assunzioni in misura tale da sforare la soglia minima del rapporto spese di personale/entrate correnti, mentre paradossalmente gli enti che si collocano al di sopra della soglia massima potrebbero procedere alla sola condizione di dimostrare il rientro al di sotto di tale valore entro il (lontano) 2025. I più malcapitati sono gli enti mediani, per i quali surrettiziamente viene introdotto il divieto di incrementare la spesa rispetto all’ultimo rendiconto. In tal caso, si ritiene che solo le assunzioni già perfezionate prima della pubblicazione del dm si sottrarranno alla tagliola. La nuova disciplina, inoltre, imporrà di rivalutare l’impatto della mobilità fra enti entrambi soggetti a limiti assunzionali (il caso più frequente): finora, chi cedeva il dipendente non poteva registrare una cessazione e chi lo acquisiva non consumava capacità assunzionale. Con il dm il quadro cambierà, perché nel primo caso si avrà comunque una riduzione di spesa (con impatti diversi in base alla situazione di partenza dell’ente), nel secondo una sua lievitazione. Tutta avvolta nel mistero, infine, è la questione della rimodulazione dei fondi per il salario accessorio, su cui il decreto tace.

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