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Alla Corte di Giustizia la mancanza della fase del contraddittorio prima dell’emissione dell’informativa antimafia interdittiva
 
Informativa antimafia – Comunicazione di avvio del procedimento – Esclusione – Rimessione alla Corte di giustizia Ue.
 
          E’ rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione se gli artt. 91, 92 e 93, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nella parte in cui non prevedono il contraddittorio endoprocedimentale in favore del soggetto nei cui riguardi l’Amministrazione si propone di rilasciare una informativa antimafia interdittiva, siano compatibili con il principio del contraddittorio ex art. 7, l. 7 agosto 1990, m. 241, così come ricostruito e riconosciuto quale principio di diritto dell’Unione (1).
 
(1) La Sezione non condivide l’assunto della natura cautelare dell’informativa antimafia interdittiva, poiché non si tratta di misura provvisoria e strumentale, adottata in vista di un provvedimento che definisca, con caratteristiche di stabilità e inoppugnabilità, il rapporto giuridico controverso, bensì di atto conclusivo del procedimento amministrativo avente effetti definitivi, conclusivi e dissolutori del rapporto giuridico tra l’impresa e la P.A., con riverberi assai durevoli nel tempo, se non addirittura permanenti, indelebili e inemendabili, se si considera che alla citata interdittiva antimafia segue il ritiro di un titolo pubblico o il recesso o la risoluzione contrattuale, nonché la sostanziale messa al bando dell’impresa e dell’imprenditore che, da quel momento e per sempre, non possono rientrare nel circuito economico dei rapporti con la P.A. dal quale sono stati estromessi.
L’informazione antimafia interdittiva non fa pertanto parte dei provvedimenti interinali e cautelari in relazione ai quali il legislatore nazionale consente di escludere, in via generale, l’applicazione della partecipazione al procedimento amministrativo (art. 7, l. 7 agosto 1990, n. 241).
La stessa partecipazione al procedimento amministrativo, garantita attraverso
l’ascolto delle ragioni del destinatario del provvedimento interdittivo antimafia, non ha controindicazioni perché il soggetto nei cui riguardi opera la misura non ha alcuna possibilità di mettere in atto strategie elusive o condotte ostruzionistiche con l’intento di sottrarsi al provvedimento conclusivo.
Ha aggiunto il Tar che il procedimento amministrativo che culmina nel rilascio della informazione antimafia interdittiva, pur in presenza di considerevoli effetti negativi nella sfera giuridica del destinatario, non prevede alcuna forma di contraddittorio con il destinatario medesimo, se non nella ipotesi disciplinata dall’art. 93, d.lgs. n. 159 del 2011, in cui “Il prefetto emette, entro quindici giorni
dall’acquisizione della relazione del gruppo interforze, l’informazione interdittiva, previa eventuale audizione dell’interessato secondo le modalità individuate dal successivo comma 7”.
Anche nel caso ora esaminato, si tratta di audizione con finalità istruttoria la quale
consente un contraddittorio meramente eventuale, non di garanzia effettiva di
partecipazione al procedimento, atteso che l’eventualità che il contraddittorio si
instauri è discrezionalmente valutata dall’Autorità prefettizia che procede, in base alle proprie esigenze istruttorie.
La garanzia partecipativa assume speciale rilievo e importanza nel procedimento in esame in relazione ad almeno tre circostanze:
1) le valutazioni del Prefetto possono fondarsi su una serie di elementi fattuali,
taluni dei quali tipizzati dal legislatore (ex art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159 del
2011; si pensi ai cosiddetti delitti – spia), mentre altri elementi fattuali, cosiddetti “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’Autorità amministrativa, che può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali ovvero anche solo da elementi da cui risulti che l’attività di impresa «possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata» (Cons. Stato, sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758);
2) tale ultima ipotesi di “condizionamento indiretto” dell’impresa da parte della
mafia comprende un numero di casi davvero molto significativo e appare di
difficile distinzione rispetto a quella dei casi di imprese che subiscono le pressioni mafiose, essendone le vittime;
3) il Giudice amministrativo chiamato a valutare la gravità del quadro indiziario
posto a base della valutazione prefettizia, in ordine al pericolo di infiltrazione
mafiosa, possiede un sindacato giurisdizionale estrinseco sull’esercizio del potere
prefettizio, la qual cosa comporta un pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo,
consentendo di sindacare l’esistenza o meno di questi fatti, ma non possiede un vero e proprio sindacato ab intrinseco che vada oltre l’apprezzamento della
ragionevolezza e della proporzionalità della prognosi inferenziale che l’Autorità
amministrativa trae da quei fatti (cfr., ex multis: Cons. Stato, sez. III, 5 settembre
2019, n. 6105; id. 30 gennaio 2019, n. 758); ne discende che il contraddittorio tra il Prefetto e l’impresa nella fase procedimentale assume un’importanza davvero rilevante ai fini della tutela della posizione giuridica dell’impresa la quale potrebbe offrire al Prefetto prove e argomenti convincenti per ottenere un’informazione liberatoria, pur in presenza di elementi o indizi sfavorevoli, mentre è più difficile che il Giudice amministrativo sostituisca il proprio convincimento a quello dell’Autorità, una volta che quest’ultima abbia adottato l’interdittiva antimafia.
Il Tar ha infine ricordato che il diritto dell’Unione riconosce la sussistenza di un principio del contraddittorio di carattere endoprocedimentale, da far valere al di fuori del diritto di difesa nel processo giurisdizionale e da intendere nel senso che “ogni qualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione; il principio del contraddittorio endoprocedimentale è enunciato in maniera precisa, in quanto sono chiariti con sufficienza gli elementi che ne fanno parte e in maniera incondizionata, trattandosi di principio capace di autoaffermarsi nei rapporti del cittadino con l’Amministrazione; il principio del contraddittorio, quale espressione fondamentale di civiltà giuridica europea, appartiene, oltretutto, al catalogo dei principi generali del Diritto dell’Unione in base all’art. 6, par. 3 del Trattato sull’Unione Europea, a mente del quale “i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.
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