17/01/2020 – Assunzioni, è ora di cambiare – Il dpcm premia gli enti virtuosi e spinge gli altri a diventarlo

In tale ottica appare coerente che le spese siano calcolate senza troppe deroghe o esclusioni
Assunzioni, è ora di cambiare – Il dpcm premia gli enti virtuosi e spinge gli altri a diventarlo
di Luigi Oliveri
Le nuove regole sulle assunzioni non comporteranno un blocco, ma indurranno necessariamente gli enti locali ad azioni di corretta gestione della spesa del personale.
Sono sempre di più le letture contrarie allo schema di dpcm attuativo dell’articolo 33, comma 2, del dl 34/2019, convertito in legge 58/2019, preoccupate di effetti sulle assunzioni opposti a quelle dichiarate negli intenti del legislatore e, cioè, incrementare gli spazi assunzionali, specie per favorire il ricambio nel biennio 2020-2022, ove si concretizzerà un pensionamento di quasi 500 mila dipendenti pubblici complessivamente.
Le preoccupazioni derivano dalla suddivisione degli enti locali sostanzialmente in tre tipologie. La prima è quella degli enti virtuosi; si tratta di quelli il cui rapporto tra spesa del personale e media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione, risulti inferiore ai valori soglia indicati dalla Tabella 1 del dpcm attuativo. La seconda tipologia di enti locali è quella introdotta dall’articolo 1, comma 853, della legge 160/2019: si tratta degli enti locali il cui rapporto spesa di personale/entrate risulti superiore al valore soglia di virtuosità, ma inferiore al valore soglia oltre il quale l’ente non è da considerare virtuoso. Infine, la terza tipologia è composta dagli enti il cui rapporto spese di personale/entrate risulti superiore ai valori soglia indicati dalla tabella 3 del dpcm.
Oggetto delle lamentazioni sono sostanzialmente due. Il primo concerne la definizione di spesa di personale contenuta nel dpcm: «Impegni di competenza per spesa complessiva per tutto il personale dipendente a tempo indeterminato e determinato, per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all’articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all’ente, al lordo degli oneri riflessi ed al netto dell’Irap, come rilevati nell’ultimo rendiconto della gestione approvato». Secondo i critici, la normativa pecca di non aver introdotto esclusioni o deroghe, come per esempio per le maggiori spese cui gli enti vanno incontro a seguito di incrementi disposti dalla contrattazione nazionale collettiva. Il secondo oggetto di critica è la presunta eccessiva rigorosità del dpcm nel definire i valori soglia, sì appunto da introdurre veri e propri blocchi delle assunzioni.
Si tratta, tuttavia, di rilievi critici per un verso comprensibili, ma per altro verso non accoglibili. È evidente che il decreto Crescita e il dpcm attuativo intendano incrementare le possibilità di assunzione solo per gli enti locali virtuosi, nei confronti dei quali non c’è alcun blocco delle assunzioni e, al contrario, il sistema permette incrementi significativi rispetto alla mera copertura del turnover.
È del tutto evidente che in questo nuovo sistema si premino gli enti virtuosi a discapito di quelli nei quali la spesa di personale risulti troppo elevata rispetto alle entrate considerate dal rapporto.
Ma, questi enti, non vanno affatto incontro a blocchi delle assunzioni. La normativa impone loro un’operazione certo non banale, ma doverosa: migliorare il rapporto spesa di personale/entrate, fino a raggiungere la soglia della virtuosità. E per migliorare tale rapporto si può, certo, ridurre la spesa del personale, per esempio contenendo le assunzioni. Ma, anche attuando processi gestionali virtuosi, comprendendo che progressioni orizzontali senza limiti finiscono per ingolfare i fondi decentrati, spingendo gli enti poi a incrementare la parte variabile con spese nuove che aumentano il carico; o che progressioni verticali, stabilizzazioni, incarichi a contratto senza limiti, consulenze e incarichi in staff sono costosi e da contenere.
Il valore soglia, però, può anche essere migliorato agendo sulle entrate: incrementandole o riducendo l’incidenza del fondo crediti di dubbia esigibilità.
Insomma, la normativa induce gli enti a gestioni finanziarie e del bilancio, oltre che del personale, prudenti e corrette. Si tratta di un sistema che premia i virtuosi con maggiori possibilità di reclutamento e spinge gli altri a correggere il tiro della gestione. Da questo punto di vista, appare coerente che le spese siano calcolare senza troppe deroghe o esclusioni: le leve per mantenere il valore soglia sono molte. Spetta agli enti dare prova di saper reggere carichi di spesa connessi alle assunzioni da effettuare.

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