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Urbanistica. Realizzazione campo di calcetto in area agricola
Pubblicato: 13 Gennaio 2020
Cass. Sez. III n. 49021 3 dicembre 2019 (PU 25 ott 2019)

La realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola (come nella specie, un campo di calcetto) integra la violazione dell’art. 44 lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, atteso che la disposizione di cui all’art. 4, legge n. 493 del 1993 (ai sensi della quale gli interventi su aree destinate ad attività sportiva senza creazione di volumetria sono subordinati alla semplice denuncia di inizio attività) trova applicazione su aree già destinate ad attività sportive

 
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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 25/03/2019, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del 29/01/2018 del Tribunale di Nola – con la quale Buonincontri Giuseppe era stato dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 44 lett. b), 83 e 95 del dpr n. 380/2001 e condannato alla pena di mesi nove di arresto ed euro 7.500,00 di ammenda.  

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Buonincontri Giuseppe, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.

Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 22,23,37 e 44 dpr n. 380/2001 e 131 bis cod.pen., lamentando che le opere di cui alla imputazione non richiedevano per la loro esecuzione il previo rilascio del permesso di costruire ma la SCIA di cui agli artt 22 e 23 dpr n. 380/2001; durante il secondo grado di giudizio interveniva SCIA in sanatoria di cui all’art. 37, comm 4, dpr n. 380/2001 con conseguente ingiusta condanna del ricorrente; espone, poi, quanto alla mancata applicazione dell’at. 131 bis cod.pen. che la Corte di appello avrebbe dovuto considerare tutti i parametri indicati dall’art. 133 cod.pen.

Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione agli aspetti summenzionati lamentando che la Corte di appello non aveva indicato le ragioni per le quali non venivano accolte le relative richieste difensive.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via preliminare, deve darsi conto del rigetto, con ordinanza resa in udienza, dell’istanza di rinvio presentata dal difensore in considerazione dell’astensione dalle udienze proclamata dagli organi professionali di categoria. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, con condivisibile orientamento al quale va dato continuità, ha affermato che non è consentita l’astensione dalle udienze penali da parte del difensore in relazione ai procedimenti relativi a reati per i quali la prescrizione è destinata a maturare entro i termini previsti dall’art. 4 del Codice di Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato il 4 aprile 2007 (con riferimento ai processi pendenti in grado di legittimità entro il termine di 90 giorni), in quanto il rispetto dei presupposti fissati da questo atto, avente natura regolamentare, costituisce la precondizione per la sussistenza del diritto che si afferma voler esercitare (Sez.2, n.21779 del 18/02/2014, Rv.259707; Sez.6, n.39248 del 12/07/2013, Rv.256336; Sez.3, n.7620 del 28/01/2010, Rv.246197).

2. Il ricorso va dichiarato inammissibile, sulla base delle considerazioni che seguono.

3. La Corte territoriale, con ampie argomentazioni, ha confermato l’affermazione di responsabilità rimarcando come le opere realizzate (due campi di calcetto e manufatto seminterrato di circa 115 metri quadrati fuoriuscente dal livello stradale per circa 1,10 metri), necessitavano di permesso di costruire.

La motivazione è congrua ed esente da vizi logici, nonchè in linea con i seguenti, consolidati, principi di diritto.

Questa Suprema Corte ha, infatti, già affermato che la realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola (come nella specie, un campo di calcetto) integra la violazione dell’art. 44 lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, atteso che la disposizione di cui all’art. 4, legge n. 493 del 1993 (ai sensi della quale gli interventi su aree destinate ad attività sportiva senza creazione di volumetria sono subordinati alla semplice denuncia di inizio attività) trova applicazione su aree già destinate ad attività sportive (Sez.3, n.12920 del 17/02/2016, Rv.266349; Sez. 3, n. 19521 del 4/4/2013, Cacciato, Rv. 255867; Sez. 3, n. 8414 del 14/01/2005, Forleo, Rv. 230975).

Va, poi, rimarcato che l’art. 3 lett. e.1) del dp.P.R. n. 380/2001 indica tra gli interventi di nuova costruzione anche i manufatti fuori terra ed interrati. Anche la realizzazione di un immobile, in tutto o in parte interrato, quindi, rientra tra gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio per i quali è necessario il permesso di costruire, trattandosi di opere in relazione al quale l’autorità amministrativa deve svolgere il proprio controllo sul rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie, anche tecniche, finalizzato ad assicurare il regolare assetto e sviluppo del territorio (Sez.3, n.24464 del 10/05/2007, Rv.236885 – 01).

4. Manifestamente infondata è la censura relativa alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod.pen.

La Corte territoriale nel valutare la richiesta di cui all’art. 131 bis cod.pen., ha denegato la configurabilità della predetta causa di esclusione della punibilità rimarcando la gravità del fatto in relazione all’entità delle opere realizzate.

Le argomentazioni sono congrue e logiche e la motivazione, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità.

Del resto, questa Corte ha affermato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez 6-n.55107 del 08/11/2018, Rv.274647 – 01).

5. Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle ammende.

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