07/01/2020 – La delibera consiliare di rimodulazione del piano di riequilibrio non estingue il giudizio di dissesto

La delibera consiliare di rimodulazione del piano di riequilibrio non estingue il giudizio di dissesto
di Carmelo Battaglia e Domenico D’Agostino
 
Con la sentenza n. 31/2019/EL, la Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, rigettando il ricorso di un Ente locale, a cui la Sezione regionale di controllo per la Puglia aveva denegato l’approvazione del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale (Prfp) condannandolo al dissesto, ha chiarito alcune questioni giuridiche e, in particolare, ha precisato come non possa trovare accoglimento l’istanza di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, a seguito dell’adozione della deliberazione consiliare con la quale l’Ente abbia approvato il Prfp rimodulato, ai sensi dell’articolo 243-bis, commi 5 e 5-bis, del Tuel. Contro tale possibilità osterebbe un duplice ordine di motivi. Uno di carattere normativo letterale, in quanto lo stesso disposto dell’articolo 243-bis, comma 5, del Tuel, al secondo periodo, stabilisce che qualora, in caso di inizio mandato, la delibera di cui al presente comma risulti già presentata dalla precedente amministrazione, ordinaria o commissariale, e non risulti ancora intervenuta la delibera della Corte dei conti di approvazione o di diniego, di cui comma 3 dell’articolo 243-quater, l’Amministrazione in carica ha facoltà di rimodulare il piano di riequilibrio, presentando la relativa delibera nei sessanta giorni successivi alla sottoscrizione della relazione di cui all’articolo 4-bis, comma 2, Dlgs 149/2011.

Pertanto, qualora non si realizzino entrambi presupposti previsti dalla norma, ovvero il cambio di amministrazione e la circostanza che non sia ancora intervenuta la delibera di approvazione o diniego di cui al comma 3 dell’articolo 243-quater, la deliberazione consiliare risulterebbe inutiliter data.In secondo luogo, la facoltà di rimodulazione è stata esercitata dall’Ente richiamando il comma 5-bis dell’articolo 243-bis del Tuel, norma introdotta dall’articolo 1, comma 888, lett. b), legge 205/2017 e modificata dal comma 1-terdecies dell’articolo 38 della legge 58/2019, di conversione del Dl 34/2019.

 
 
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SEGUE sentenza n. 31/2019/EL, la Corte dei conti, Sezioni Riunite in sede giurisdizionale 
CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
in speciale composizione
composta dai seguenti magistrati:
Mario PISCHEDDA – Presidente
Domenico GUZZI – Consigliere
Ida CONTINO – Consigliere
Luca FAZIO – Consigliere relatore
Pasquale FAVA – Consigliere
Alessandro BENIGNI – Consigliere
Francesco SUCAMELI – I Referendario
ha emanato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio n. 658/SR/EL sul ricorso proposto dal comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Ig. La., elettivamente domiciliato in Roma, Via (…);
per l’annullamento
previa sospensione, della deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, n. 79/PRSP/2019 del 29 luglio 2019;
Visto il ricorso introduttivo del giudizio;
visto il decreto del Presidente della Corte dei conti che ha determinato la composizione del Collegio, la fissazione d’udienza e la nomina del relatore;
esaminato il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 16 ottobre 2019 il relatore, consigliere Luca Fazio, il Prof. Avv. Ig. La. per il comune ricorrente e il rappresentante del Pubblico Ministero, nella persona del Vice Procuratore generale Antongiulio Martina
FATTO
1. Con ricorso ritualmente notificato entro il termine di cui all’art. 243-quater, comma 5, del TUEL, sospeso per il periodo feriale, in data 16 settembre 2019, a mezzo di messaggio di PEC, al Ministero dell’Interno, all’Avvocatura generale dello Stato, alla Prefettura di Foggia – UTG e alla Commissione per la finanza e gli organi degli enti locali presso il Ministero dell’interno nonché in data 18 settembre 2019 alla Procura generale della Corte dei conti, alla Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Puglia e alla Sezione regionale di controllo per la Puglia e depositato il 24 settembre 2019 presso la segreteria di queste Sezioni riunite, il Comune di (omissis) ha impugnato la deliberazione n. 79/PRSP/2019 del 29 luglio 2019 notificata a quel Comune in data 30 luglio 2019, con la quale la Sezione regionale di controllo per la Puglia ha denegato l’approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (d’ora in poi PRFP). Con il ricorso ha impugnato, ove fosse occorso, la relazione della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali.
1.1 Il ricorrente espone che, con delibera n. 75 del 27 ottobre 2014, il Consiglio comunale di (omissis) approvò il bilancio di previsione 2014 in disequilibrio per complessivi E. 4.357.525,02 e, contestualmente, avviò la procedura di riequilibrio finanziario ai sensi dell’art. 243-bis, comma 1, del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267 (d’ora in poi TUEL). Con successiva delibera n. 2 del 23 gennaio 2015, adottata ai sensi dell’art. 243-bis, comma 5, del TUEL, corredata del parere favorevole del Collegio dei revisori, il Consiglio approvò il PRFP della durata di 8 anni dal 2014 al 2021, avendo come obiettivo una massa da ripianare di E. 25.338.260,75.
Con nota del 26 novembre 2015 il Ministero dell’interno invitò l’ente ad una rimodulazione del Piano a fronte dell’ulteriore disavanzo di amministrazione, pari ad E. 6.206.333,27 derivante dall’operazione di riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi ex art. 3, comma 7, del d.lgs 23.6.2011, n. 118, approvata con delibera di Giunta n. 106 del 20.5.2015 e ratificata dal Consiglio con delibera n. 64 di pari data, e per la quale veniva previsto il ripianamento in 30 anni a decorrere dal 2015 con quote costanti di E. 206.877,77 (deliberazione di Consiglio comunale n. 83 del 25.6.2015).
Con deliberazione consiliare n. 134 del 21.12.2015, corredata del parere positivo dell’Organo di revisione, il Comune deliberò la rimodulazione del piano per adeguarlo ad alcune operazioni (ricorso all’anticipazione di liquidità ex DL. n. 78/2015; ricorso alla rinegoziazione dei mutui disposta con deliberazione di c.c. n. 115 del 17.11.2015; finanziamento dei debiti in conto capitale, inizialmente prevista attraverso la contrazione di mutuo, con utilizzo di avanzo di amministrazione in c/capitale i cui vincoli sono stati formalmente attribuiti dal Comune in sede di riaccertamento straordinario; ripiano del “maggior disavanzo” di E. 6.206.333,27 determinato in sede di riaccertamento straordinario dei residui al 1.1.2015; rimodulazione dell’elenco dei potenziali debiti alla luce dei giudizi definiti).
Dopo circa due anni e mezzo (30 maggio 2018) il Ministero espresse la necessità di un aggiornamento del piano per adeguarlo alle modifiche introdotte dall’art. 1, commi 848, 888 e 889, della legge 27.12.2017, n. 205 nonché dalle istruzioni contenute nella delibera della Corte dei conti n. 5/SEZAUT/2018/INPR, recante le “Linee guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza”; il Comune con nota del 28.6.2018 trasmise il nuovo piano corredato della documentazione richiesta, tra cui il parere favorevole dell’Organo di revisione del 27.6.2018. Il nuovo PRFP evidenziava una nuova consistenza della massa passiva da ripianare corrispondente a complessivi E. 11.116.314,06.
Con deliberazione consiliare n. 82 del 12 dicembre 2018 il comune di (omissis) riformulò il PRFP ed il 14 marzo 2019 il Ministero trasmise alla Sezione regionale pugliese la relazione finale relativa al Piano, mai conosciuta dall’ente locale ricorrente. Successivamente la Sezione regionale con deliberazione n. 49 (rectius: 42/PRSP/2019) del 15 aprile 2019 avanzò una serie di richieste istruttorie al Comune e all’organo di revisione ma, malgrado i chiarimenti forniti, molte delle criticità non risultarono superate determinando la convocazione del Comune all’adunanza pubblica dell’8 luglio 2019 con ordinanza n. 41/2019. All’esito dell’adunanza la Sezione deliberò il diniego del PRFP.
1.2 Preliminarmente parte ricorrente rileva che tra l’anno dell’approvazione del piano e quello della sua valutazione finale sono trascorsi 5 anni, nei quali sono state realizzate molte delle previsioni del piano, ed in particolare: la riduzione di E. 21.295.681,38 della massa passiva (da E. 31.544.594,02 ad E. 10.248.912,64), la riduzione dei debiti potenziali da E. 8.300.483,45 ad E. 2.836.961,17, l’azzeramento di debiti fuori bilancio da riconoscere e finanziare, la riduzione della spesa corrente di E. 1.841.764,37, l’accertamento di entrate per lotta all’evasione tributaria per un totale di E. 7.779.723,66 nel periodo 2014-2021. Pertanto, il ricorrente chiede l’annullamento, previa sospensione della delibera per i seguenti motivi in diritto.
1.3 In primo luogo, lamenta che la delibera impugnata del 29 luglio 2019, intervenendo dopo 4 anni dall’approvazione da parte del Comune di (omissis) del primo PRFP (23 gennaio 2015) e, comunque, ad oltre un anno dall’approvazione del nuovo piano (28 giugno 2018) ritrasmesso il 21 dicembre 2018, ha comportato una violazione dell’iter procedimentale, essendo stata adottata non solo nell’esercizio di un controllo preventivo di congruità del PRFP, ma anche di quello successivo sul raggiungimento degli obiettivi, senza consentire la presentazione delle relazioni semestrali e quindi la partecipazione procedimentale dell’ente e il suo diritto al contraddittorio. Nella deliberazione impugnata si afferma infatti che “l’acquisizione di ulteriori dati ha consentito a questa Sezione di poter effettuare un’adeguata valutazione sull’attendibilità e congruità del PRFP del Comune di (omissis) e al contempo, stante il decorso di oltre la metà degli otto anni di durata (2014-2021), di verificare i risultati conseguiti dall’Ente rispetto agli obiettivi di risanamento del piano”.
La necessità di rispettare tutte le fasi procedimentali sarebbe richiamata dalle pronunce della Sezione delle autonomie (tra tutte la n. 22/2013/QMIG) e dalla giurisprudenza di queste Sezioni riunite. In particolare, il ricorrente richiama la sent. 21/2016/EL del 21 settembre 2016 con la quale queste Sezioni annullarono una deliberazione di diniego dell’approvazione del piano intervenuta dopo la cessazione dello stesso senza che l’ente avesse conseguito l’obiettivo di risanamento. A maggior ragione, secondo il comune di (omissis), la deliberazione impugnata merita di essere annullata nel caso di specie, restando comunque impregiudicati i poteri della Sezione territoriale di controllo di riscontro del raggiungimento dei risultati residuando un ulteriore periodo di 3 anni per la realizzazione del piano.
1.4 Il Comune di (omissis) nel ricorso anticipa, peraltro, l’intendimento di procedere ad una nuova rimodulazione del PRFP che abbraccerebbe il periodo 2018-2027, il che porterebbe a superare una delle criticità evidenziate dalla Sezione circa l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati entro il 2021, ritenendo, peraltro illogico procedere al dissesto di un ente che ha crediti per circa E. 33.756.615,39, pari al triplo del disavanzo accertato. La rimodulazione viene disposta con un piano che è approvato con Del. C.C. n. 48 del 17 settembre 2019 depositata congiuntamente al ricorso.
1.5 Parte ricorrente ritiene, altresì, che la deliberazione n. 79/2019 sia affetta da ulteriori vizi istruttori. In particolare, la deliberazione riferisce circa l’esistenza di “anticipazioni inestinte per importi rilevanti (E.1.824.423,69 – dato aggiornato al 31.12.2018)”, ma, come eccepito anche nell’adunanza pubblica davanti alla Sezione regionale e nelle memorie, il Comune aveva estinto l’anticipazione tra gennaio e marzo 2019 e ne esibisce i mandati di pagamento.
1.6 Inoltre, la Sezione regionale rilevò che “l’unico strumento che ha consentito al Comune di (omissis) di poter fronteggiare il pagamento di gran parte dei debiti fuori bilancio da piano nel corso degli esercizi 2015-2016 è stato il ricorso all’anticipazione di liquidità ex DL n. 78/2015, erogata da Cassa dd.pp. nell’anno 2015 per l’importo di E. 7.616.040,20″. Tuttavia, il Comune eccepisce di aver “pagato debiti per un totale complessivo di E. 16.496.009,32”, quindi non solo con l’anticipazione ma soprattutto con entrate correnti proprie e, cioè, E. 8.879.969,12, ripianando gran parte del disavanzo “attraverso delle complesse e vantaggiose transazioni”.
1.7 Ulteriormente, la Sezione evidenziò che il Comune non riuscirebbe entro il 2021 nell’intento di “restituire l’anticipazione di cassa e azzerare il ricorso alla stessa attraverso la riscossione coattiva di E. 20.419.850,20, alienazione per 2.195.550,00, lotta evasione E. 11.400.000,00, recupero entrate contratti di quartiere II E. 1.936.765,19 e riduzione spesa di E. 3.456.320,85, quest’ultima rideterminata in E. 1.841.764,37”, in quanto “nel corso del quinquennio non sembra che si sia proceduto neanche ad attivare tali misure”, dato che la situazione finanziaria attuale è “caratterizzata da gravi irregolarità accertate dal Collegio che incidono direttamente sulla sostenibilità del piano” e per “l’esistenza di anticipazione di cassa non rimborsata e l’utilizzo di cassa vincolata non ricostituita; sottostima dell’FCDE; la mancata costituzione del fondo rischio contenzioso e passività potenziali; l’applicazione di avanzo vincolato per la copertura di debiti fuori bilancio di cui non si conosce l’origine che ne legittimi l’utilizzo”.
1.8 Sulle singole gravi irregolarità, il Comune, che ha già eccepito il mancato rimborso dell’anticipazione, evidenzia che la cassa vincolata nel 2018 di E. 1.166.003,95 è stata ricostituita nello stesso anno e con la determina n. 6 dell’11 gennaio 2019 è stata determinata quella per il 2019 utilizzabile per le spese correnti ai sensi dell’art. 195 del TUEL.
1.9 Quanto alla sottostima del Fondo crediti di dubbia esigibilità, di cui la Sezione avrebbe accertato la mancata applicazione del metodo di calcolo previsto dal principio contabile applicato allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011 nella determinazione del FCDE a rendiconto, il dato, secondo il Comune, risulta differente “in quanto alla redazione della relazione i dati erano provvisori sicché il fondo è stato rideterminato. Inoltre, con deliberazione di G.C. n. 106 del 20 maggio 2015 l’Amministrazione comunale rideterminava il risultato di amministrazione a seguito delle operazioni di riaccertamento straordinario dei residui disponendo il ripiano del disavanzo derivante dalla costituzione del FCDE di E. 6.206.333,27 in 30 annualità ai sensi dell’art. 3, commi 7 e 16 del D. Lgs. 118/2011”.
1.10 La Sezione rilevò pure la mancata costituzione del fondo rischio contenzioso e passività potenziali negli esercizi 2015-2018, nonostante la presenza di innumerevoli giudizi pendenti, con conseguente violazione del principio allegato 4/2 d.lgs. n.118/ 2011. Il Comune, invece, asserisce che lo stesso fu quantificato dal Comune in maniera rigorosa ed in linea con quanto disposto dal principio contabile 5.2 lettera H) allegato al D. Lgs. n. 118/2011 (aggiornato al D.M. del 20 maggio 2015), che stabilisce “…omissis…in presenza di contenzioso di importo particolarmente rilevante, l’accantonamento annuale può essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione o a prudenziale valutazione dell’ente… omissis”. Parte ricorrente impugna la deliberazione citata perché condannerebbe al dissesto l’ente “in ragione dei dubbi emersi in merito alle concrete possibilità di recupero dell’evasione tributaria e dell’incasso dei residui e delle entrate accertate e non dal vaglio dell’ammissibilità e congruità ed adeguatezza delle misure previste nel Piano”.
1.11 Per ultimo, per quanto concerne la contestata applicazione dell’avanzo vincolato per la copertura di debiti fuori bilancio di origine ignota, il Comune asserisce di non aver ricevuto richieste di chiarimenti in merito e che il rilievo sarebbe frutto di un mero equivoco. Infatti, con deliberazione n. 134 del 21 dicembre 2015 il Consiglio comunale, oltre alla rimodulazione del piano, dispose il cambio del vincolo di destinazione dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione derivante dai proventi da conguaglio a carico dei concessionari dei suoli in zona 167, che inizialmente era destinato al rifacimento delle strade comunali (come da capitolo 3469), per il pagamento dei debiti fuori bilancio inseriti nel piano di riequilibrio la cui copertura iniziale era prevista attraverso la contrazione di un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti a cui non si è potuto accedere in quanto era ancora in itinere l’approvazione del piano.
2. Il ricorrente, concludendo, chiede l’annullamento della deliberazione impugnata, previa sua sospensione, a causa delle conseguenze irreversibili che deriverebbero dalla mancata approvazione del piano e tenuto conto che il Comune di (omissis) intende procedere alla rimodulazione/riformulazione dello stesso.
3. Successivamente il ricorrente ha depositato, con messaggio di PEC dell’8 ottobre 2019, le note del 23 settembre u.s. di trasmissione alla Sezione regionale di controllo e al Ministero dell’interno della anzidetta delibera di Consiglio comunale n. 48 del 17 settembre 2019 con la quale il comune di (omissis), ai sensi dell’art. 243-bis, commi 5 e 5-bis, del TUEL, ha nuovamente rimodulato il piano di riequilibrio economico finanziario, delibera già depositata congiuntamente all’atto introduttivo del presente giudizio.
4. Con memoria depositata in data 21 maggio 2019, la Procura generale ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, ne ha chiesto il rigetto in quanto infondato.
4.1 Con riferimento all’eccezione di inammissibilità la Procura evidenzia che la rimodulazione del piano di cui alla delibera di Consiglio comunale n. 48 del 17 settembre 2019 è palesemente inammissibile, per i seguenti profili.
In primo luogo, l’intervento della delibera di diniego dell’approvazione del piano, stante il disposto dell’art. 243-bis, comma 5, avrebbe avuto effetti preclusivi alla facoltà di rimodulazione di inizio mandato.
In secondo luogo, l’inammissibilità della rimodulazione del piano deriverebbe dal superamento del termine del 15 gennaio 2018 per l’esercizio della facoltà di rimodulazione del piano consentito dall’art. 1, comma 889, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 a seguito dell’introduzione dei limiti temporali del piano da parte del comma 5-bis dell’art. 243 del TUEL.
Infine, la Procura osserva che l’adozione della delibera n. 48 è “inequivoca manifestazione di rinuncia al piano già presentato, oggetto del diniego di approvazione di cui all’impugnata delibera della Sezione regionale di controllo e, pertanto, di acquiescenza alla delibera stessa”. L’approvazione del rendiconto 2018 con delibera consiliare n. 41 del 14 agosto 2018, peraltro, sarebbe un implicito adeguamento ai rilievi della delibera della Corte dei conti in ordine alla quantificazione del FCDE che viene incrementato da E. 4.820.697,26 ad E. 17.458.696,41, e, quindi, il riconoscimento dell’assoluta inattendibilità ed inadeguatezza del piano.
La Procura sostiene di conseguenza l’improcedibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto l’Amministrazione non avrebbe interesse ad impugnare il diniego di un piano che la stessa Amministrazione comunale, rimodulandolo, ha dimostrato di ritenere inadeguato.
4.2 La Procura evidenzia che le doglianze hanno investito solo parte dei rilievi della delibera di diniego, non essendo stati impugnati quelli di cui alle lett. b) “equilibrio di parte corrente e parte capitale”, c) “ripiano del disavanzo di amministrazione”, e) “debiti fuori bilancio e passività potenziali”, f) “incremento entrate correnti e capacità di riscossione”, g) “revisione della spesa”, h) “analisi dei residui”, j) “copertura costi di gestione” e l) “dismissioni immobili e beni dell’ente”.
I rilievi non investiti dai motivi di gravame, secondo la Procura, sarebbero idonei e sufficienti a fondare la statuizione di diniego di approvazione del piano.
4.3 Nel merito la Procura, in prima analisi, contesta una delle prime affermazioni di parte ricorrente circa il decorso del termine di quattro anni dalla data di adozione del piano per l’adozione di una pronuncia da parte della Sezione, rilevando che quest’ultima abbia deliberato in data 29 luglio 2019 sulla delibera di rimodulazione del piano del 12 dicembre 2018.
Peraltro, il termine di 30 giorni previsto dall’art. 243-quater, comma 3, del TUEL per la deliberazione non ha natura perentoria dovendosi tutt’al più ritenere che entro il suddetto termine la Sezione regionale di controllo debba iniziare l’esame del piano, nel corso del quale può esercitare i propri autonomi poteri istruttori (cfr., in tal senso, ex multis, SS.RR., 01.08.2018, n. 23), fatto avvenuto in quanto tra la ricezione della relazione ministeriale (14 marzo 2019) e la delibera istruttoria (15 aprile 2019) sono decorsi esattamente 30 giorni. Ben più lunga è stata la precedente fase istruttoria che si è protratta a causa delle continue interlocuzioni tra Ministero e Comune che ha riformulato il piano per due volte.
4.4 In ordine alla pretesa “illegittima sovrapposizione tra la fase di presentazione e valutazione del piano di riequilibrio e quella successiva di controllo”, la Procura osserva come sia stata la stessa Amministrazione ricorrente, nel riformulare il piano di riequilibrio oggetto dell’impugnato diniego di approvazione, ad introdurre la problematica inerente allo stato di attuazione del piano originario relazionando sullo stesso nella “Sezione Seconda – Risanamento – Misure di riequilibrio economico-finanziario” sub punto 1.1 del piano rimodulato adottato con delibera consiliare n. 82/2018, allegando lo schema riassuntivo della debitoria rinveniente dal piano originario e dando atto nel punto 1.2 della riduzione dei debiti. Sicché, il Comune di (omissis), da un lato, avrebbe contemplato quale parte integrante del piano rimodulato lo stato di attuazione (delle precedenti versioni) del piano, allegandolo quale elemento meritevole di essere considerato ai fini della valutazione della congruità del piano, dall’altro, venendo, con singolare contraddittorietà, contra factum proprium, si duole che quello stesso stato di attuazione del piano sia stato preso in considerazione dalla Sezione regionale di controllo nel valutarne la (in)congruità.
Osserva ancora la Procura che la Sezione regionale di controllo non potesse esimersi dal prendere in esame tutti quegli elementi che costituivano parte integrante del piano, ivi compreso, pertanto, l’allegato stato di attuazione del piano originario addotto dall’Amministrazione quale aspetto “saliente” suscettibile di “comprovarne l’attendibilità”.
4.5 Con riferimento al motivo di gravame dell’esercizio di un controllo successivo sull’attuazione del piano nell’ambito della relativa procedura di approvazione che precluderebbe la presentazione delle relazioni semestrali, la Procura respinge la contestazione mossa rilevando che la valutazione dell’evoluzione (o involuzione) della situazione finanziaria dell’Ente nel periodo compreso fra la data di decorrenza del piano e la data del relativo esame da parte della Sezione regionale di controllo non solo non fosse esclusa ma anche imposta, richiamando la delibera della Sezione delle autonomie n. 5/SEZAUT/2018/lNPR del 10 aprile 2018 recante le “Linee guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza”. Le linee guida, nel descrivere i caratteri della valutazione di congruenza del piano, indicano tra i parametri del giudizio gli andamenti storici e descrivono il giudizio come di veridicità ed attendibilità delle previsioni e di sostenibilità finanziaria del riequilibrio in base alle previsioni ritenute veritiere ed attendibili, che devono essere sostenute da accurate analisi di tipo storico e programmatico. Perciò, secondo la Procura, è inevitabile che l’andamento pregresso oggetto di valutazione investa anche il periodo compreso nella fase di attuazione del piano, e, come rilevato da queste Sezioni riunite, sia necessaria una “valutazione dinamica dei profili contabili che sostengono il piano” (sentenze nn. 8/2018, 2/2015, 34/2014) potendo “intervenire variazioni – che si riflettono sulla situazione di squilibrio originariamente rappresentata dall’Ente – idonee a determinare un miglioramento, o un peggioramento, della stessa e, quindi, un adattamento del percorso di riequilibrio”.
Nel caso di specie è lo stesso Comune che ha espressamente addotto lo stato di attuazione del piano quale elemento idoneo a comprovarne l’attendibilità.
Inoltre, sostiene la Procura, il controllo sull’attuazione del piano, come disciplinato dall’art. 243-quater del TUEL, poggia sulle relazioni semestrali che l’organo di revisione economico-finanziaria effettua sul piano approvato, per cui nessuna relazione semestrale è prevista quando il piano non è approvato.
Infine, secondo la Procura il riferimento alla sentenza SS.RR. n. 21/2016/EL è da ritenersi superato in base alla successiva giurisprudenza di queste Sezioni (ex multis SS.RR. 04-07-2019, n. 18 e 06-09-2018, n. 24).
4.6 Per quanto riguarda il secondo motivo di gravame, riguardante l’esistenza di alcune erroneità dell’istruttoria, la Procura, al contrario, rileva la correttezza delle conclusioni della Sezione regionale.
In primo luogo, la contestazione di parte attorea, per cui il rilievo circa il ricorso ininterrotto ad anticipazioni di tesoreria e circa la mancata chiusura nell’esercizio delle anticipazioni di tesoreria sarebbe superato dalla restituzione delle anticipazioni nel mese di marzo 2019, è da respingere in quanto il principio applicato della contabilità finanziaria n. 3.26, di cui all’allegato 4/2 al D.Lgs. 118 del 2011, prevede espressamente l’estinzione entro l’esercizio di contrazione e non sconfessa la situazione di cronica mancanza di liquidità in atto dal 2008, cui fa riferimento la stessa relazione al consuntivo 2018, oggetto di riapprovazione con delibera G.C. n. 198 del 20.06.2019, come fenomeno irrisolto e fronteggiato con l’anticipazione di liquidità ex DL 78/2015 erogata da Cassa DD.PP. per E. 7.616.040,20 e l’utilizzo di fondi vincolati.
4.7 Inoltre, il dichiarato utilizzo di entrate proprie per quasi 9 milioni di euro, al fine di fronteggiare il pagamento di debiti fuori bilancio, appare destituito di fondamento dalla stessa relazione al consuntivo 2018, ove si riferisce che il ricorso continuo all’anticipazione di tesoreria dipende dal finanziamento di spese correnti e dai debiti pagati in sede di piano di riequilibrio.
4.8 In ordine alla consistenza del FCDE la Procura eccepisce che sia lo stesso Comune di (omissis), con il rendiconto di gestione 2018, ad aver ricalcolato l’accantonamento per FCDE al 31.12.2018 quantificandolo, sulla scorta di un calcolo analitico, in E. 17.458.496,00, importo non solo prossimo, ma addirittura superiore a quello presuntivo quantificato dalla Sezione regionale di controllo (E. 17.171.029,82) e ben superiore all’importo di E. 4.820.697,26, sulla base del quale era stato elaborato il piano di riequilibrio, il che evidentemente ne dimostrerebbe vieppiù all’evidenza la totale inattendibilità.
4.9 Quanto al Fondo contenzioso, la Procura osserva che, in base all’allegato 4/2 (principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria) al D.Lgs 118/2011, par. 5.2 lett. h), l’obbligo di accantonamento decorra dal primo esercizio successivo all’insorgenza del contenzioso, per cui sarebbe stata giustificata la censura della Sezione regionale di controllo verso il comportamento dell’Amministrazione ricorrente che aveva omesso di provvedere ai prescritti accantonamenti a copertura del vasto contenzioso già in essere, negli esercizi 2015-2018, prevedendone il differimento agli esercizi 2019 e successivi.
4.10 La Procura, pertanto, rileva che la sottostima del FCDE e l’omessa iscrizione del fondo contenzioso hanno notevolmente alterato il risultato di amministrazione. Rileva, inoltre, che la delibera G.C. n. 198 del 20.06.2019 avente ad oggetto “approvazione progetto del rendiconto della gestione 2018 e relazione illustrativa – riapprovazione” riportava un FCDE per E. 4.820.697,26, un “fondo anticipazioni liquidità D.L. 35/2013 e successive modificazioni e rifinanziamenti” (FAL) per E..6.431.665,88, mentre non indicava alcun importo per il fondo contenzioso, evidenziando un disavanzo di amministrazione da ripianare di E. 575.658,24. Con delibera consiliare approvativa del rendiconto 2018 n. 41 del 14 agosto 2019, il Comune ha proceduto al corretto ricalcolo del FCDE che passa da E. 4.820.697,26 ad E. 17.458.696,41, variando il prospetto del risultato di amministrazione che non reca, peraltro, alcuna iscrizione a fondo contenzioso, mentre, secondo i calcoli operati dalla stessa amministrazione, avrebbe dovuto esservi iscritto per l’importo di E. 4.848.842,28.
4.11 Pertanto, secondo la Procura, il disavanzo di amministrazione del 2018 dovrebbe essere di E. 11.630.833,80, ovvero quello approvato di E. 6.781.991,51 con l’aggiunta del fondo contenzioso di E. 4.848.842,28, che l’Amministrazione non ha accantonato, che rappresenta un disavanzo pari ad oltre 20 volte quello postulato dall’Amministrazione nell’elaborare e dimensionare il PRFP, in misura tale che quest’ultimo sarebbe assolutamente inadeguato. Peraltro, il disavanzo sarebbe ancora maggiore (e precisamente pari a E. 18.062.499,70), se l’ente non avesse operato la trasformazione del FAL per E. 6.431.665,88 in FCDE ai sensi dell’art. 22, comma 6, del DL n. 78/2015 (norma oggetto di giudizio di costituzionalità sollevato da queste SSRR con ordinanza n. 5/2019/EL del 21 novembre 2018 – 18 febbraio 2019). In tal senso sarebbero avvalorate le conclusioni della Sezione circa la sottostima del FCDE e la mancata costituzione del fondo rischi contenzioso.
4.12 Secondo la Procura il disavanzo sarebbe in ulteriore accrescimento se si considerasse anche l’avanzo vincolato che, negli esercizi 2016, 2017 e 2018, è stato applicato per la copertura di debiti fuori bilancio, vincoli la cui natura il Comune non avrebbe giustificato in sede istruttoria. Solo in sede di ricorso il Comune ha dedotto che il rilievo “sembrerebbe il frutto di un mero equivoco”, in quanto “con deliberazione n. 134 del 21 dicembre 2015 il Consiglio comunale, oltre alla rimodulazione del piano, ha disposto il cambio del vincolo di destinazione dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione derivante dai proventi da conguaglio a carico dei concessionari dei suoli in zona 1 67, che inizialmente era destinato al rifacimento delle strade comunali (come da capitolo 3469)”.
Sul punto la Procura ritiene che con la delibera n. 64 del 20 maggio 2015 il Consiglio comunale non ha disposto nulla in ordine ai vincoli di destinazione dei fondi vincolati e che, in ogni caso, l’art. 3, 16° comma, del D.Lgs. n. 118/2011 e l’art. 2, comma 8, del DM 2 aprile 2015 hanno previsto solo eccezionalmente, come modalità di ripiano del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, l’utilizzo di quote accantonate o destinate del risultato di amministrazione, sicché non è possibile farvi ricorso per la copertura di spese di competenza quali le spese rivenienti dal riconoscimento di debiti fuori bilancio. Sicché il vincolo di E. 3.095.879,94 dovrebbe essere ricostituito andando ad incrementare l’importo del disavanzo di amministrazione.
4.13 Pertanto la Procura ritiene ineccepibile la conclusione cui è pervenuta la Sezione regionale di controllo e si oppone all’invocata sospensione cautelare sia per la palese infondatezza del ricorso che per l’insussistenza del periculum, che deriva anche dalla deliberazione n. 22/2013/1NPR del 13.09-02.10.2013 della Sezione delle autonomie, che richiama le Sezioni regionali di controllo ad avviare il dissesto ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs n. 149/2011, “in caso di intervenuta impugnazione, non prima della decisione sul ricorso”.
Chiede, pertanto, che il ricorso sia dichiarato inammissibile e, comunque, rigettato, con ogni conseguenza di legge anche in ordine alle spese del giudizio.
5. Nel corso della discussione orale, il patrocinante del comune di (omissis) richiama quanto dedotto nel ricorso e controdeduce sulle eccezioni sollevate dalla Procura:
a. per quanto concerne l’inammissibilità della rimodulazione del piano per l’intervento medio tempore della delibera di approvazione o diniego, sostiene che la stessa non si sia consolidata, essendo pendente il ricorso avverso la stessa, per cui la rimodulazione è consentita, anche per il decorso del tempo dalla presentazione del piano. In quanto ammissibile, le conseguenze di tale rimodulazione non sono quelle di un’acquiescenza per carenza di interesse, ma di un’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere;
b. la seconda eccezione di inammissibilità riguarda il fatto che la delibera di approvazione della rimodulazione è precedente al deposito del ricorso, quando la lite non era ancora pendente. Tuttavia, il ricorrente rileva che, avendo il ricorso la forma della citazione, la litispendenza si realizza con la notifica della citazione e non con il deposito del ricorso, in base all’art. 39 c.p.c.;
c. la rimodulazione non può essere considerata comportamento riconducibile ad acquiescenza, in quanto ha riguardato le passività da contenzioso per adeguarsi alla tesi, pur non condivisa, della Sezione regionale.
Il ricorrente sottolinea che per l’individuazione delle annualità sulle quali imputare le passività da contenzioso è stato utilizzato il principio contabile n. 5.2 lett. a) che prevede l’accantonamento annuale nel bilancio di previsione o in quello ritenuto a discrezione dell’ente.
6. La Procura conferma le proprie deduzioni e conclusioni. Al termine dell’udienza, il Collegio si ritira in camera di consiglio per la decisione.
DIRITTO
1. In via pregiudiziale, occorre esaminare l’istanza del ricorrente, avanzata in udienza, di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, a seguito dell’adozione della deliberazione consiliare n. 48 del 17 settembre 2019, inviata il successivo 23 settembre alla Sezione regionale di controllo per la Puglia e alla Commissione ex art. 155 del TUEL e depositata congiuntamente al ricorso, con la quale il comune di (omissis), tra l’altro, ha approvato il PRFP rimodulato, dichiaratamente ai sensi dell’art. 243-bis, commi 5 e 5-bis del TUEL. Quanto alla deliberazione consiliare, la Procura aveva avanzato, già in sede di memorie, eccezione di inammissibilità della rimodulazione del piano per un duplice ordine di motivi.
In primo luogo, secondo la difesa erariale, osterebbe alla possibilità di una rimodulazione il disposto dell’art. 243-bis, comma 5, del TUEL. Il secondo periodo recita “Qualora, in caso di inizio mandato, la delibera di cui al presente comma (n.d.r. di approvazione del PRFP) risulti già presentata dalla precedente amministrazione, ordinaria o commissariale, e non risulti ancora intervenuta la delibera della Corte dei conti di approvazione o di diniego di cui all’articolo 243-quater, comma 3, l’amministrazione in carica ha facoltà di rimodulare il piano di riequilibrio, presentando la relativa delibera nei sessanta giorni successivi alla sottoscrizione della relazione di cui all’articolo 4-bis, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149”.
Come correttamente osservato dalla Procura, la norma subordina la facoltà di rimodulazione, oltre al cambio di amministrazione, anche alla circostanza che non sia ancora intervenuta la delibera di approvazione o diniego di cui all’art. 243-quater, comma 3: nel caso di specie la delibera di diniego è stata adottata in data 29 luglio 2019, quella di rimodulazione in data 17 settembre 2019. Pertanto, in base a siffatta norma, la delibera consiliare non poteva esplicare alcuna rilevanza giuridica, sia ai fini della rimodulazione in sé, sia ai fini dell’estinzione del presente giudizio, pur essendo stato presentato ricorso avverso la delibera di diniego. Non ha pregio, difatti, l’osservazione di parte ricorrente che all’atto della delibera di rimodulazione, quella di diniego adottata dalla Sezione regionale di controllo non si fosse ancora consolidata per il mancato decorso dei termini di impugnazione: la norma di cui all’art. 243-bis, comma 5, 2° periodo, del TUEL, difatti, implicitamente ricollega i propri effetti preclusivi della rimodulazione a quelli della delibera della Sezione e quindi al mero deposito della stessa.
In secondo luogo, la facoltà di rimodulazione è stata esercitata dal Comune richiamando il comma 5-bis dell’art. 243-bis del TUEL, norma introdotta dall’art. 1, comma 888, lett. b) della legge n. 205/2017 e modificata dal comma 1-terdecies dell’art. 38 della legge 28 giugno 2019, n. 58 di conversione del DL 30 aprile 2019, n. 34.
La norma è stata introdotta per disciplinare la durata del piano, la cui individuazione era inizialmente lasciata alla discrezionalità dell’ente locale, secondo un criterio di proporzionalità diretta tra numero di annualità e valore del rapporto tra le passività da ripianare nel medesimo e l’ammontare degli impegni di cui al titolo I della spesa del rendiconto dell’anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio o dell’ultimo rendiconto approvato.
Gli adeguamenti di un piano presentato prima delle due modifiche potevano essere operati ai sensi dell’art. 1, comma 889, della legge n. 205/2017 (sia nel primo caso che nel secondo in quanto l’art. 38, comma 2-bis, della legge n. 58/2019 richiama la procedura prevista dall’art. 1, comma 889), entro quindici giorni dall’entrata in vigore delle modifiche (ovvero 15 gennaio 2018 e 15 luglio 2019).
E’ fuor di dubbio, pertanto, che la violazione dei termini perentori di legge per deliberare la rimodulazione comporti un vizio di legittimità della deliberazione consiliare n. 58 in parte qua, che questo Collegio accerta incidentalmente per dichiararne l’inefficacia e l’irrilevanza giuridica ai fini dell’estinzione del giudizio.
2. In via speculare, non merita accoglimento l’eccezione di inammissibilità del ricorso per acquiescenza alla delibera impugnata, formulata dalla Procura, che ha ravvisato nell’approvazione della delibera consiliare n. 48 precedentemente alla proposizione del ricorso, perfezionatosi con il suo deposito in Segreteria in data 24 settembre 2019 in virtù dell’art. 39, ultimo comma, c.p.c., una “inequivoca rinuncia al piano già presentato”.
L’acquiescenza, che, come è noto, è causa di improponibilità delle impugnazioni, ha il proprio ancoraggio normativo nell’art. 177, commi 3 e 4, del c.g.c., applicabile al presente giudizio per il rinvio operato dall’art. 129, e deve risultare “da accettazione espressa (della delibera della Sezione) o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni”.
Posto che la delibera consiliare è priva di efficacia nella parte in cui approva il nuovo piano, rimodulando il precedente, in quanto adottata in assenza dei presupposti giuridici previsti dagli artt. 243-bis e 243-quater, non è possibile riconnettere ad essa tra gli effetti non prodotti neppure quello di rinuncia per facta concludentia al precedente piano. L’intento, diverso, del Comune era, ove a ciò fosse stato legittimato dalla norma, quello di rimodulazione, ovvero di sostituzione, del piano, con il connesso invocato effetto processuale di estinzione del giudizio.
Né è dato ritenere che la presentazione del nuovo piano, anche se inefficace, sia da considerarsi inequivocabilmente atto incompatibile con la volontà di avvalersi del ricorso, dal momento che, per avere dimostrazione di tale connotato di incompatibilità, occorrerebbe effettuare una comparazione nel merito tra gli elementi dei due piani per dedurre in base ad analisi oggettive che la rimodulazione non si fosse limitata ad una mera agevolazione del percorso di risanamento della situazione finanziaria, ma ad un superamento dei rilievi mossi dalla Sezione regionale di controllo su elementi del piano di gravità tale da inficiarne l’adeguatezza rispetto al raggiungimento dell’obiettivo di risanamento. Analisi, questa, che equivarrebbe ad andare nel merito del ricorso.
Analoga è la questione posta dalla Procura, in ordine al fatto che le doglianze hanno investito solo parte dei rilievi della delibera di diniego, non essendo stati impugnati quelli di cui alla lett. b) “equilibrio di parte corrente e parte capitale” (in cui la Sezione dichiara l’impossibilità di accertare l’attendibilità in termini di realizzo ed effettiva disponibilità dell’entrata da cui trae origine l’avanzo derivante dal rendiconto 2017), alla lett. c) “ripiano del disavanzo di amministrazione”, (punto nel quale è stata accertata la mancata applicazione al 2014 di disavanzo), alla lett. e) “debiti fuori bilancio e passività potenziali” (punto in cui si rileva la mancata illustrazione delle forme di copertura dei debiti fuori bilancio non ancora pagati e l’incertezza del contenzioso tale da incidere negativamente sulla congruità e sostenibilità del piano), alla lett. f) “incremento entrate correnti e capacità di riscossione” (in cui si rileva che il piano non dà dimostrazione dell’incremento delle entrate proprie e che l’istruttoria svolta ha evidenziato alcune criticità relativamente a IMU e TARI, la bassa percentuale di riscossione delle entrate proprie e il mancato conseguimento dei risultati nel contrasto dell’evasione tributaria), alla lett. g) “revisione della spesa” (in cui si rileva l’incremento anziché la diminuzione della spesa corrente che era un obiettivo del piano), alla lett. h) “analisi dei residui” (in cui la Sezione accerta un’ingente quantità di residui attivi mediamente di scarso grado di realizzazione e una mole di residui passivi con una difficoltà crescente di smaltimento), alla lett. j) “copertura costi di gestione” (in cui si accerta la mancata copertura integrale del costo del servizio smaltimento rifiuti) e alla lett. l) “dismissioni immobili e beni dell’ente” (in cui si è accertata la mancata alienazione dei beni comunali per E. 2.195.550.000).
I rilievi non investiti dai motivi di gravame, secondo la Procura, sarebbero idonei e sufficienti a fondare la statuizione di diniego di approvazione del piano.
La questione prima che il merito investe il rito, in quanto per effetto dell’art. 177, 4° comma, del c.g.c. l’impugnazione parziale importa acquiescenza parziale ai rilievi non impugnati ovvero una rinuncia tacita all’impugnazione del capo della deliberazione sfavorevole, sicché la deliberazione della Sezione si sarebbe consolidata in merito ad essi. Peraltro, “l’acquiescenza alle parti della sentenza (nel caso specifico la deliberazione) non impugnata si verifica solo quando le parti della sentenza siano del tutto autonome l’una rispetto all’altra e non anche quando la parte non impugnata si ponga in nesso consequenziale con l’altra e trovi in essa il suo presupposto, perché in tal caso gli effetti dell’accoglimento dell’impugnazione si estendono ai capi dipendenti o che ne costituiscano un consequenziale sviluppo, pur se non espressamente e direttamente investiti dall’impugnazione e dalla pronuncia (Cass. Civ., Sez. IV, sent. n. 18713 del 23 settembre 2016; Cass. n. 6494 del 1988, n. 438 del 1996, n. 2747 del 1998, n. 2062 del 2001, n. 9141 del 2007, n. 85 del 2015)”. Di tale effetto la Procura non dà dimostrazione, sicché la mancata impugnazione dei capi enunciati dalla Procura determina l’inammissibilità per acquiescenza limitatamente ai punti non impugnati e non all’intero ricorso.
3. Venendo, quindi, al merito, il ricorrente lamenta la violazione da parte della Sezione regionale di controllo di norme di carattere procedimentale e sostanziale.
3.1 La prima doglianza investe l’aspetto temporale del procedimento. Il piano originario deliberato al Comune di (omissis) in data 23 gennaio 2015 non è stato mai approvato dalla Sezione, in quanto il Comune, invitato dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, per due volte (del. n. 134 del 21 dicembre 2015 e del. 82 del 12 dicembre 2018) lo rimodulò e aggiornò per adeguarlo alle modifiche normative intervenute. A seguito dell’ultimo adeguamento, la Commissione inoltrava in data 14 marzo 2019 la relazione finale alla Sezione regionale di controllo e innescava la fase del procedimento davanti alla Corte dei conti, chiusasi con la delibera del 29 luglio 2019. Orbene, secondo il ricorrente, il diniego della Sezione pervenuto dopo quasi 5 anni dall’avvio del piano, basandosi su valutazioni circa lo stato di attuazione del piano non ancora approvato, determinerebbe una “illegittima sovrapposizione tra la fase di presentazione e quella successiva di controllo”, fasi che in base a quanto previsto dall’art. 243-quater del TUEL e secondo la sentenza n. 21/2016/EL di queste Sezioni dovrebbero essere tenute ben distinte.
Sul punto, premesso che i termini previsti dall’art. 243-quater del TUEL per il completamento dell’analisi del piano da parte degli organi di controllo hanno natura acceleratoria e non perentoria, si osserva, come sostiene la Procura, che la valutazione era imposta, oltre dal fatto che nel piano era allegato lo stato di attuazione del piano originario, soprattutto da un orientamento costante invalso nella giurisprudenza delle Sezioni regionali e delle Sezioni riunite e richiamato anche nelle stesse linee guida della Sezione delle autonomie approvate con la delibera n. 5/SEZAUT/2018/lNPR del 10 aprile 2018. Secondo questo orientamento, prevalente rispetto a quello espresso nell’invocata sentenza n. 21/2016/EL, e che si basa anche sul principio di congruità di entrate e spese, tra i cui parametri quello degli andamenti storici è stato positivizzato dall’all. 1 del D.Lgs 23 giugno 2011, n. 118, l’andamento pregresso oggetto di valutazione deve investire anche il periodo compreso nella fase di attuazione del piano per consentire una “valutazione dinamica dei profili contabili” che lo sostengono (sentenze nn. 18/2019, 24/2018, 8/2018, 2/2015, 34/2014). Rispetto alla fase programmatoria iniziale, potrebbero, difatti, intervenire variazioni migliorative o peggiorative che devono essere tenute in considerazione soprattutto nei casi in cui, come quello di specie, sia intercorso un notevole lasso di tempo tra la fase di pianificazione del risanamento e quella di verifica della sua attendibilità e congruità.
L’art. 243-quater, comma 6, del TUEL riconnette all’approvazione del PRFP, peraltro, l’obbligo di invio delle relazioni semestrali dell’organo di revisione economico-finanziaria sullo stato di attuazione del piano stesso e sul raggiungimento degli obiettivi intermedi. Non appare neppure omessa la partecipazione dell’ente locale al procedimento, in quanto il comune di (omissis) ha avuto modo di controdedurre nell’adunanza pubblica dell’8 luglio rispetto alle contestazioni avanzate dalla Sezione regionale di controllo. Pertanto, il primo capo di impugnazione va respinto.
3.2. Il secondo vizio della deliberazione denunciato consiste nel travisamento dei fatti e nella motivazione erronea e perplessa adottata nella deliberazione con riguardo ai diversi punti del piano.
Come si espliciterà di seguito, le doglianze di parte ricorrente sono infondate.
3.2.1 In prima analisi, il ricorrente contesta la ricostruzione dell’andamento della gestione di cassa del comune di (omissis) da parte della Sezione pugliese.
La Sezione ha rilevato che l’incremento della riscossione delle entrate correnti non abbia dato i risultati sperati, come risulta anche dal continuo ricorso alle anticipazioni di tesoreria avvenuto sin dall’esercizio 2008 e anche alla fine dell’e.f. 2018 (per E. 1.824.423,69) oltre all’utilizzo di somme vincolate a specifica destinazione ex art. 195 del TUEL (per E. 2.993.378,09).
Nel ricorso si obietta che l’estinzione dell’anticipazione è avvenuta a marzo 2019.
Al riguardo questo Collegio ritiene inconferente l’eccezione di parte ricorrente.
Il Collegio osserva che la situazione di cassa, essendo una variabile di stock, è mutevole in ogni istante per effetto dei pagamenti e dei versamenti, per cui al di là di un dato giornaliero appaiono significativi l’andamento nel corso degli anni e la rilevazione allo scadere dell’esercizio, in quanto, essendo debito verso il tesoriere, l’anticipazione influisce sul risultato di amministrazione e deve essere estinta entro l’esercizio come prescritto dal principio applicato della contabilità finanziaria n. 3.26 di cui all’all. 4/2 al D.Lgs. n. 118 del 2011.
Non ha, pertanto, rilievo l’avvenuta chiusura dell’anticipazione ad una data, senza la dimostrazione del perdurare del mancato ricorso all’anticipazione, oltre la data stessa. Il rilievo della Sezione era del resto indirizzato a evidenziare il fenomeno, oltre che per l’intrinseca violazione normativa data dall’utilizzo in via ordinaria di uno strumento di provvista finanziaria di carattere temporaneo, per la sua storicità, tale da renderlo elemento caratterizzante della gestione finanziaria del Comune.
La Sezione, analogamente all’anticipazione di tesoreria, ha rilevato anche l’utilizzo di cassa vincolata e la sua mancata ricostituzione a fine esercizio, dando atto, tra l’altro, dell’esistenza di cassa vincolata al 31 dicembre 2018, quale risultante dalle scritture dal Comune nelle osservazioni acquisite in data 24 maggio 2019 (pari ad E. 74.943,44).
Il ricorrente evidenzia che la cassa vincolata del 2018 pari ad E. 1.166.003,95 è stata ricostituita nello stesso anno con l’emissione di mandati e reversali di incasso a copertura delle somme vincolate secondo il principio della contabilità finanziaria.
Sul punto, non eccepito peraltro dalla Procura, il Collegio accerta che, come risulta anche dalla nota n. 27733 del 19 aprile 2019, la cassa vincolata era stata ricostituita.
Sempre sul piano della cassa, il ricorrente contesta il rilievo della Sezione in merito al fatto che il comune di (omissis) abbia fronteggiato il pagamento di gran parte dei debiti fuori bilancio da piano negli esercizi 2015-2016 grazie al ricorso all’anticipazione di liquidità ex DL n. 78/2015 erogata da Cassa depositi e prestiti per E. 7.616.040,20.
L’osservazione evidentemente mirava a evidenziare il fatto che la rapidità con la quale nel biennio 2015/2016 i debiti furono estinti, sul mero piano della cassa e non della competenza, era dovuta all’utilizzo di quello strumento straordinario e non dalle entrate proprie.
In effetti nel piano rimodulato con del. consiliare n. 134 del 21 dicembre 2015 l’importo dei debiti fuori bilancio da ripianare era pari a E. 4.568.952,92, per cui appare verosimile che parte dell’anticipazione abbia consentito l’estinzione di gran parte di tali debiti in quei due esercizi. Risulta, pertanto, destituita di fondamento e non pertinente l’eccezione di parte ricorrente che segnala che il Comune, dalla proposizione del piano del 2015 ad oggi, ovvero per un periodo molto più ampio di quello indicato dalla Sezione, ha pagato debiti (il ricorrente non specifica se fossero solo fuori bilancio) per un totale di E. 16.496.009,32, quindi per un importo superiore più del doppio all’anticipazione di liquidità, onde dedurne la validità delle misure del PRFP.
Stante quanto sopra, anche tenendo conto di quanto emerso riguardo la cassa vincolata, la ricostruzione dell’andamento della cassa da parte della Sezione regionale di controllo appare sostanzialmente corretta ed il motivo di doglianza va respinto.
3.2.2. Il secondo profilo di irregolarità accertato dalla Sezione è la sottostima del FCDE a causa della mancata applicazione del metodo di calcolo previsto dal principio contabile applicato all. 4/2 al D.Lgs n. 118/2011 nella determinazione del fondo a rendiconto, che ha determinato un disavanzo sostanziale di maggiore consistenza rispetto a quello formale dichiarato nel piano.
In particolare, secondo la Sezione, il Comune non aveva motivato la cospicua diminuzione dell’entità del FCDE, a partire dal 1° gennaio 2015 (E. 6.204.584,80), negli anni successivi (E. 534.408,85 al 31 dicembre 2015; E. 1.733.538,47 al 31 dicembre 2016; E. 2.912.418,50 al 31 dicembre 2017; E. 4.820.697,26 al 31 dicembre 2018).
Il ricorrente, sul punto, si limita a eccepire che alla data di redazione della relazione (del piano) i dati erano provvisori per cui il fondo fu rideterminato, anche a seguito della rideterminazione del risultato di amministrazione con del. di G.C. n. 106 del 20 maggio 2015 a seguito delle operazioni di riaccertamento straordinario dei residui, delibera con la quale fu disposto il ripiano del disavanzo derivante dalla costituzione del FCDE di E. 6.206.333,27.
Il ricorrente non controdeduce, in verità, sul profilo più dirimente ai fini del presente giudizio, ovvero la sottostima del FCDE.
Infatti, il Comune, in sede istruttoria davanti alla Sezione regionale, non aveva chiarito quali fossero le modalità di quantificazione della percentuale di svalutazione (complemento a 100 sulla media di riscossione) applicata ai residui per determinare la quota da accantonare e si era limitato a specificare le quote e i relativi anni di imputazione (dal 2015 al 2018) del FCDE accantonato nel risultato di amministrazione 2018 (E. 4.820.697,26).
La Sezione, invece, ha proceduto ad un calcolo autonomo del FCDE utilizzando i criteri di calcolo desumibili dall’esempio n. 5 in appendice all’allegato 4/2 al d.lgs n. 118/2011, tenendo conto dei valori storici di riscossione e di accertamento dei residui ricavati dalla consultazione del conto del bilancio (2014-2018) delle voci principali di entrate tributarie ed extratributarie, rideterminando la quota di FDCE al 31 dicembre 2018.
Il ricalcolo ha evidenziato che l’Ente avrebbe dovuto accantonare una quota pari ad E. 17.171.029,82, anziché E. 4.820.697,26.
La prova della correttezza del calcolo della Sezione, secondo quanto eccepito dalla Procura e non contestato dal ricorrente, la fornisce lo stesso Comune che con l’approvazione del rendiconto 2018 ha ricalcolato l’accantonamento per FCDE al 31 dicembre 2018 in E. 17.458.496,00.
La doglianza di parte attorea è, pertanto, sul punto destituita di fondamento.
3.2.3 Sempre in merito alla consistenza dei fondi, la Sezione ha contestato che non fosse stato costituito il fondo rischio contenzioso e passività potenziali, con conseguente violazione del principio allegato 4/2 del d.lgs. n. 118/2011, avendo accertato l’esistenza di giudizi pendenti del valore complessivo pari ad E. 12.969.453.74, di controversie stragiudiziali per un importo complessivo pari ad E. 707.966,59, di transazioni in fase di conclusione per E. 39.903,39 e di sinistri pervenuti il cui importo era noto solo per alcuni (per un totale di E. 72.453,47), nonché di ulteriori giudizi dal 2016-2019 per E. 302.275,11 e di altri giudizi di valore indeterminato. La Sezione si dichiarava impossibilitata ad addivenire ad un importo complessivo e certo del contenzioso, anche alla luce della difformità dei dati rispetto a quelli riscontrati nella relazione di fine mandato.
In merito il ricorrente, si è limitato ad affermare che il fondo è stato quantificato in maniera rigorosa ed in linea con il principio contabile 5.2 lett. h) allegato al d.lgs n. 118/2011, che stabilisce che “…in presenza di contenzioso di importo particolarmente rilevante, l’accantonamento annuale può essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione a prudenziale valutazione dell’ente…”.
La Procura osserva che, in base all’allegato 4/2 (principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria) al D.Lgs 118/2011, par. 5.2 lett. h), l’obbligo di accantonamento decorre dal primo esercizio successivo all’insorgenza del contenzioso, per cui sarebbe giustificata la censura della Sezione regionale di controllo verso il comportamento dell’Amministrazione ricorrente che aveva omesso di provvedere ai prescritti accantonamenti a copertura del vasto contenzioso già in essere, negli esercizi 2015-2018, prevedendone il differimento agli esercizi 2019 e successivi.
L’eccezione avanzata dalla Procura va accolta.
L’accantonamento al fondo rischi spese legali è un preciso obbligo e non una facoltà dell’ente. La finalità dell’accantonamento è quella di reperire in anticipo le risorse che saranno necessarie nel momento in cui il debito da potenziale diventerà attuale. La regola è necessaria a salvaguardare gli equilibri di bilancio degli esercizi futuri, per debiti la cui insorgenza deriva da fatti verificatisi nel passato, in ossequio anche al principio di equità intergenerazionale.
Come precisato dal principio contabile è rimessa alla “prudenziale valutazione” dell’ente la diversa calibratura della quota di ripartizione dell’accantonamento tra gli esercizi del bilancio di previsione, rispetto alla regola dell’uguaglianza degli importi.
Tuttavia, come emerge da un’attenta lettura del principio contabile, la ripartizione negli esercizi del bilancio di previsione pluriennale è considerata l’eccezione e non la regola, essendo ammessa in soli due casi: “nella fase di prima applicazione dei principi applicati della contabilità finanziaria” e, a regime, “in presenza di contenzioso di importo particolarmente rilevante”.
Di regola, invece, l’accantonamento (per l’importo totale) va effettuato nel primo anno successivo a quello dell’insorgenza del nuovo contenzioso e ciò viene ribadito dal principio contabile in due occasioni: sia quando viene disciplinata la fase di prima applicazione dei principi applicati (“fermo restando l’obbligo di accantonare nel primo esercizio considerato nel bilancio di previsione, il fondo riguardante il nuovo contenzioso formatosi nel corso dell’esercizio precedente (compreso l’esercizio in corso, in caso di esercizio provvisorio)”), sia quando viene dettata la disciplina a regime (“gli stanziamenti riguardanti il fondo rischi spese legali accantonato nella spesa degli esercizi successivi al primo, sono destinati ad essere incrementati in occasione dell’approvazione del bilancio di previsione successivo, per tenere conto del nuovo contenzioso formatosi alla data dell’approvazione del bilancio”).
Nel piano di riequilibrio rimodulato l’ente dichiara che l’ammontare dei potenziali debiti aggiornato è pari a E. 3.930.000,00 e che gli stessi sono abbondantemente garantiti dalle quote di cui al fondo rischi previsto nel piano di riequilibrio dal 2018 al 2021 (e precisamente 2018 E. 1.414.482,39; 2019 E. 1.276.329,00; 2020: E. 2.775.499,00; 2021 E. 2.249.906,06).
Tuttavia, come rileva la Commissione ministeriale il fondo rischi “non trova registrazione nella composizione del risultato di amministrazione dei rendiconti degli ultimi anni ai sensi del D.lgs 118/2001”: difatti, come rilevato dalla Sezione, l’ente garantisce uno stanziamento del fondo nel bilancio di previsione e non un accantonamento in sede consuntiva. Lo stesso Comune di (omissis), nelle note n. 27733 del 19 aprile 2019 (par. 4) e 36354 del 26 giugno 2019 (lett. a), chiarisce di non aver effettuato accantonamenti in sede consuntiva in quanto negli esercizi 2016 e 2017 ha stanziato direttamente nel bilancio di previsione le somme per il pagamento dei debiti senza aver costituito il fondo, anche per importi superiori a quelli che l’ente dichiara essere stati previsti nel piano (per cui nel 2016 sono stati pagati E. 528.896,67 anziché E. 225.120,00 previsti nel piano; nel 2017 E. 840.611,83 anziché E. 359.147,00). Nel 2018, poi, sarebbe stato iscritto nel previsionale un fondo per debiti potenziali pari ad E. 1.564.482,39, utilizzato con prelievi effettuati attraverso variazioni di bilancio per l’importo di E. 750.660,79.
Il trattamento contabile non è conforme alla normativa citata, in quanto il Comune avrebbe dovuto operare la costituzione del fondo in bilancio sin dal primo esercizio e, successivamente, le variazioni di bilancio in caso di utilizzo delle somme accantonate, nonché stanziare nel fondo degli esercizi successivi le quote non utilizzate attraverso variazioni di bilancio.
Esistono due elementi, quindi, che portano questo Collegio ad esprimere un giudizio di inattendibilità dell’obiettivo di risanamento oggetto del piano: da una parte, il notevole incremento dell’importo dei debiti potenziali avvenuto nell’arco di pochi mesi (come emergerebbe dagli atti di causa per un mero ricalcolo delle probabilità di soccombenza nei giudizi), tra la data di rimodulazione del piano (E. 3.930.000,00) e quella di istruttoria della Sezione (E. 4.848.842,28), e, dall’altra, la prefigurazione, nella nota istruttoria, di un accantonamento (per un importo complessivo anche più elevato di E. 4.948.503,18) ripartito negli esercizi dal 2019 al 2025 “tenendo in considerazione gli anni di inizio del giudizio e l’anno della probabile conclusione”.
In particolare, quest’ultima affermazione del Comune induce a ritenere che gli obiettivi di risanamento siano stati sottostimati in quanto gli stanziamenti di spesa del fondo non sono compresi all’interno del piano, dal momento che vengono rinviati non solo oltre il triennio dal momento del loro sorgere, ma anche al di là del periodo di riferimento del PRFP, in violazione del principio contabile citato, che limita la ripartizione dell’onere finanziario, come sopra esposto, al periodo compreso negli anni del bilancio di previsione.
3.2.4. La Sezione contestava anche che il disavanzo da ripianare sarebbe stato ancor maggiore ove si fosse considerata la parte vincolata del risultato di amministrazione, la cui diminuzione da E. 5.699.679,18 nel 2015 a E. 1.742.328,84 del 2018, non era stata giustificata compiutamente dal Comune. Quest’ultimo, difatti, aveva elencato il dettaglio dei debiti fuori bilancio finanziati dall’avanzo vincolato negli esercizi 2016, 2017 e 2018, non chiarendo quale fosse la natura della entrata accertata sottoposta al vincolo e se la stessa fosse stata effettivamente riscossa.
L’osservazione della Sezione atteneva, pertanto, alla corretta quantificazione del risultato di amministrazione e, quindi, dell’obiettivo di risanamento.
In sede di ricorso il comune di (omissis) ha affermato che l’entrata corrispondeva ai proventi da conguaglio a carico dei concessionari dei suoli in zona 167, inizialmente destinato al rifacimento delle strade comunali, che con la deliberazione n. 134 del 21 dicembre 2015 di rimodulazione del piano, il Consiglio comunale aveva destinato al pagamento dei debiti fuori bilancio (in conto capitale) inseriti nel piano stesso.
Secondo quanto in atti, il vincolo per E. 3.095.879,94, attribuito a seguito del riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi disposto con deliberazione di Giunta n. 106 del 20 maggio 2015 ratificata con delibera consiliare n. 64 del 20 maggio 2015, è stato sostituito ad un mutuo con la Cassa depositi e prestiti, che avrebbe dovuto finanziare i debiti fuori bilancio, in quanto detto mutuo si sarebbe potuto contrarre solo dopo l’approvazione del piano da parte della Sezione.
Sul punto si rileva, come del resto ha fatto la Procura, che l’ente, al di là delle scarne affermazioni difensive svolte in sede di ricorso, non ha documentato neppure in questa sede la provenienza dell’avanzo vincolato e l’evoluzione contabile del vincolo nel tempo, di modo che non è dato conoscere se lo stesso corrisponda ad un’effettiva entrata.
Pertanto, il rilievo specifico è stato correttamente sollevato dalla Sezione.
4. Dalla situazione di fatto sopra esposta e dalle considerazioni in diritto risulta evidente che, per l’acquiescenza prestata ad alcuni punti della deliberazione della Sezione regionale e per l’infondatezza delle doglianze relative alla quasi totalità dei punti impugnati, il ricorso sia infondato e, di conseguenza, vada rigettato, con il conseguente obbligo del comune di (omissis) di dichiarare il dissesto ai sensi dell’art. 243-quater, comma 7, del TUEL, oltre il rimborso delle spese di lite di importo pari a 464,94 (quattrocento-sessantaquattro/94).
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, rigetta il ricorso ed accerta il conseguente obbligo del comune di (omissis) di dichiarare il dissesto.
Le spese seguono la soccombenza.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 16 ottobre 2019.
Dispositivo letto in udienza.
L’ESTENSORE – Luca Fazio
IL PRESIDENTE – Mario Pischedda
La presente decisione, il cui dispositivo è stato letto all’udienza del 16 ottobre 2019, è stata depositata in Segreteria in data 9 dicembre 2019
Il Direttore della Segreteria
Maria Laura Iorio

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