27/02/2020 – Permesso di costruire in deroga: presupposti e finalità dell’interesse pubblico

Permesso di costruire in deroga: presupposti e finalità dell’interesse pubblico
di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
 
Una società immobiliare, proprietaria di un parcheggio multipiano su due livelli, ha deciso di chiedere al competente Comune un cambio di destinazione d’uso, in quanto la struttura era rimasta inutilizzata per anni, non essendo corrispondente alle esigenze della popolazione. Pertanto, la società ha presentato al SUAP istanza di avvio del procedimento unico per cambio di destinazione d’uso, al fine di poter insediare nell’immobile una media struttura di vendita, che il Consiglio comunale ha poi assentito ai sensi dell’art. 14, comma 1-bis, D.P.R. n. 380/2001.
A questo punto, due società concorrenti, perché titolari di punti vendita attivi nel medesimo settore merceologico e situati a distanza di 150 metri e 300 metri dal sito oggetto di istanza, hanno impugnato davanti al giudice amministrativo la deliberazione consiliare e il successivo provvedimento di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 7D.P.R. n. 160/2010. Il T.A.R. ha deciso per l’accoglimento del ricorso, annullando gli atti impugnati.
L’appello al Consiglio di Stato
A seguito del giudizio di primo grado, che ha visto annullati gli atti a sé favorevoli, la società istante ha presentato appello al Consiglio di Stato, che con la sentenza n. 1205 del 17 febbraio 2020 lo ha accolto.
Il Collegio d’appello ha argomentato partendo da alcuni dati oggettivi: la sussistenza della vicinitas tra i tre esercizi, i due esistenti ed il terzo realizzando; l’unicità del settore merceologico, cui tipicamente afferiscono i prodotti in vendita nei supermercati, nonché la presenza di un medesimo bacino di utenza, costituito dalla popolazione residente in quel determinato ambito territoriale (che costituisce, nella fattispecie, il mercato rilevante) o che comunque ha la consuetudine di rivolgersi agli esercizi commerciali di quel territorio.
La nozione di vicinitas nell’evoluzione giurisprudenziale e il criterio del pregiudizio potenziale
La nozione di vicinitas ha subito nel tempo un’evoluzione che ha portato ad un suo progressivo affinamento, al fine di specificarne più adeguatamente la concreta dimensione. Tra i sostanziali correttivi, al fine di dimostrare la legittimazione a ricorrere e l’interesse a ricorrere, la necessaria sussistenza di un reale pregiudizio che venga a derivare dalla realizzazione dell’intervento assentito, con onere della parte di precisare, con riferimento alla situazione concreta e fattuale, come, perché, ed in quale misura il provvedimento impugnato incida la posizione sostanziale dedotta in causa, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale (sono riportati i precedenti costituiti da Cons. Stato, Sez. IV, 24 aprile 2018, n. 2458Cons. Stato, Sez. IV, 19 luglio 2017, n. 3563). Non sarebbe dunque sufficiente, per il riportato orientamento, provare l’interesse ad agire allegando la mera posizione di concorrente in quanto esercente un’attività analoga e la vicinanza. Insomma, sarebbe necessaria la rigorosa dimostrazione di un reale pregiudizio che venga a derivare dalla realizzazione dell’intervento assentito, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale e ciò anche in considerazione dei principi di liberalizzazione che presidiano il settore.
All’opposto, numerosa giurisprudenza, con particolare riferimento alla materia edilizia, ha da tempo affermato che la c.d. vicinitas, ossia l’esistenza di uno stabile collegamento con il terreno interessato dall’intervento edilizio, è circostanza sufficiente a comprovare la sussistenza sia della legittimazione, sia dell’interesse a ricorrere, senza che sia necessario al ricorrente allegare e provare di subire uno specifico pregiudizio per effetto dell’attività edificatoria intrapresa sul suolo limitrofo (da ultimo Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2019, n. 8402 e i numerosi precedenti ivi richiamati).
Ciò premesso, il Collegio ha ritenuto che, in ogni caso, l’allegazione puntuale di un concreto pregiudizio sia un concetto da specificare con riferimento al caso concreto. La perdita di quote di mercato, in assenza dell’esercizio dell’attività commerciale concorrente, non può essere documentalmente provata, sicché l’interesse ad agire può ritenersi sufficientemente rappresentato attraverso una prospettazione logica e ragionevole. Diversamente, infatti, la dimostrazione dell’interesse ad agire diverrebbe una vera e propria probatio diabolica e si tradurrebbe in un vulnus per il diritto di difesa, con la conseguenza che sarebbe impossibile adire il giudice nel caso di apertura di un’attività concorrente. In sostanza, ove un operatore commerciale intenda contestare il titolo abilitativo di un altro operatore commerciale, è necessario che egli fornisca un’attendibile rappresentazione del potenziale pregiudizio, in quanto un effettivo pregiudizio, in assenza dell’avvio dello svolgimento dell’attività del competitore, non potrebbe in alcun modo essere dimostrato. Infatti – ha proseguito la sentenza n. 1205/2020 – la minima distanza tra gli esercizi commerciali, circa 150 metri dall’uno e circa 300 metri dall’altro, l’omogeneità del settore merceologico e l’unicità del bacino di utenza attestano, secondo il criterio del (molto) più probabile che non, l’apprezzabile consistenza del possibile pregiudizio.
La valutazione dell’interesse pubblico a giustificazione del permesso di costruire in deroga
Passando all’esame del merito, il ricorso è stato ritenuto fondato. L’art. 14, comma 1-bis, D.P.R. n. 380/2001 ha stabilito che, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico, a condizione che il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall’art. 31, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni. Quest’ultima normativa, che fa parte del pacchetto liberalizzazioni varato dal Governo Monti, stabilisce che costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente , ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali possono prevedere al riguardo, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali solo qualora vi sia la necessita’ di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali.
Il fine di carattere generale da perseguire attraverso l’applicazione dell’art. 14, comma 1-bis, D.P.R. n. 380/2001 è quello di consentire la richiesta di permesso di costruire in deroga alle destinazioni d’uso, qualora sussista un interesse pubblico, e non meramente privato, al rilascio del titolo abilitativo e, quindi, al mutamento di destinazione. In altre parole, il fine di carattere generale che deve essere perseguito attraverso lo strumento in discorso è un beneficio per la collettività riveniente dal cambio di destinazione d’uso dell’immobile, ancorché in deroga alle destinazioni stabilite in sede di pianificazione territoriale.
L’esercizio di un potere amministrativo discrezionale, in quanto compete all’Amministrazione comunale valutare, e conseguentemente motivare, la sussistenza del pubblico interesse derivante dal mutamento.
Nel caso di specie, il mutamento di destinazione d’uso richiesto non determina un aumento della superficie coperta esistente prima della ristrutturazione, in quanto consiste in un riutilizzo di un contenitore già esistente. Inoltre, l’Amministrazione ha ben evidenziato le motivazioni alla base della scelta, insistendo particolarmente sul conclamato insuccesso della funzione a parcheggio, e, all’opposto, rimarcando la compatibilità della destinazione d’uso di tipo commerciale con l’assetto urbano di tale zona della città, centrale densamente popolata.

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