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Accesso civico: legittimo il diniego per tutela della privacy
Pubblicato il 26 febbraio 2020

 
Il Responsabile anticorruzione di un comune ha chiesto al Garante Privacy un parere in merito alla verifica della legittimità del diniego opposto dall’ente a una richiesta di accesso civico.
Nel caso di specie, un cittadino aveva presentato una denuncia in merito alla rimozione di una pianta, posizionata all’ingresso di un’area pedonale perimetrata.
Il proprietario della pianta aveva chiesto l’accesso civico riguardante tutti gli atti di tale denuncia, compresi gli allegati.
Il comune aveva respinto la richiesta di accesso civico, rilevando la necessità di tutelare i dati personali dell’istante che aveva presentato l’esposto.
Il richiedente l’accesso ha presentato richiesta di riesame del diniego e il RPCT si è rivolto al Garante Privacy per la verifica della correttezza o meno della decisione presa dall’ente.
Il Garante ha ricordato che in merito a una richiesta di accesso civico devono essere, preliminarmente, valutati alcuni elementi essenziali:
  • i documenti rilasciati a seguito dell’accoglimento di una tale richiesta, a differenza di quelli oggetto di un’istanza d’accesso ex lege 241/1990, diventano pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli e riutilizzarli;
  • pertanto, deve essere valutata sempre la sussistenza o meno di un possibile pregiudizio della privacy dei controinteressati, alla luce del regime di pubblicità delle informazioni contenute in tali documenti, tenendo conto anche delle aspettative di confidenzialità e di non prevedibilità delle conseguenze derivanti dalla diffusione di tali dati;
Tali elementi devono essere valutati attentamente dalla p.a nell’ambito del procedimento di accesso civico, tenuto conto anche di quanto previsto nel GDPR, Reg. UE 2016/679, ad esempio in merito alla così detta “minimizzazione dei dati” (ex art. 5), secondo cui i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati alle finalità per i quali sono trattati, onde evitare un’interferenza sproporzionata e ingiustificata nei diritti e nelle libertà delle persone cui si riferiscono.
Alla luce di tali considerazioni, il Garante ha chiarito che, nel caso di specie, l’eventuale accoglimento dell’istanza di accesso civico avrebbe determinato un potenziale pregiudizio alla privacy di colui che aveva presentato l’esposto, secondo quanto previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a) del d.lgs. 33/2013. Secondo l’Autorità, quindi, la decisione dell’ente di negare l’accesso civico ai documenti richiesti è stata corretta. Il Garante ha anche precisato che, al contrario, in presenza di una richiesta di accesso agli atti ex artt. 22 e ss. della legge 241/1990, adeguatamente motivata, laddove fosse eventualmente riscontrata la sussistenza, da parte del richiedente, di un interesse diretto, concreto e attuale alla conoscibilità dei dati contenuti nei documenti, l’ente dovrebbe accogliere l’istanza d’accesso, in quanto, in tal caso, la documentazione consegnata al richiedente l’accesso non diverrebbe pubblica, né potrebbe essere diffusa, ma utilizzata esclusivamente dal richiedente per la tutela di una propria situazione giuridica soggettiva che potrebbe essere stata lesa.

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