25/02/2020 – Effetti del decreto di acquisizione sanante intervenuto in corso di giudizio alla luce dei principi di recente affermati in merito dall’Adunanza Plenaria

Effetti del decreto di acquisizione sanante intervenuto in corso di giudizio alla luce dei principi di recente affermati in merito dall’Adunanza Plenaria
 
Espropriazione per pubblica utilità –  Acquisizione sanante – Domande di restituzione e di risarcimento del danno  – Presentazione – Conseguenza.
 
Espropriazione per pubblica utilità –  Acquisizione sanante – Domande di risarcimento del danno  – Effetto traslativo della proprietà – Esclusione. Errore scusabile – Riconoscibilità.
 
 
           L’adozione, da parte della P.A., di un provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bis, d.P.R. n. 327 del 2001, determina l’improcedibilità delle domande di restituzione e di risarcimento del danno proposte in relazione ad esse, salva la formazione del giudicato non solo sul diritto del privato alla restituzione del bene, ma anche sulla illiceità del comportamento della P.A. e sul conseguente diritto del primo al risarcimento del danno; tale provvedimento, infatti, costituisce l’unico rimedio formale per far cessare lo stato di illiceità preesistente, alternativo alla restituzione del bene previa rimessione in pristino (1). 
 
           La richiesta del solo risarcimento del danno per occupazione sine titulo non può produrre alcun effetto traslativo della proprietà in capo alla p.a. procedente; il mutamento del quadro normativo e giurisprudenziale impone tuttavia di individuare i possibili strumenti per non privare la parte del suo diritto di difesa, “riqualificando” la domanda a suo tempo proposta in maniera coerente con l’assetto preesistente: in tale ottica è dunque possibile rimetterla in termini per errore scusabile ai sensi dell’art. 37 c.p.a. o invitarla alla precisazione della domanda in relazione al definito quadro giurisprudenziale, previa sottoposizione della relativa questione processuale, in ipotesi rilevata d’ufficio, al contraddittorio delle parti ex art. 73, comma 3, c.p.a., a garanzia del diritto di difesa (2).
 
 
(1) Con la sentenza in esame la Sezione affronta il problema degli effetti della sopravvenienza del decreto di acquisizione sanante ex art. 42 bis, d.P.R. n. 327 del 2001 sui contenziosi in corso, alla luce dei principi affermati in merito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 20 gennaio 2020, nn. 23 e 4.
Esso costituisce il rimedio formale necessario per far cessare l’illecito permanente dell’occupazione sine titulo, alternativo solo alla restituzione del bene, previa rimessa in pristino, quale scelta da privilegiare previa valutazione della fattibilità e comparazione motivata degli interessi in gioco. La sua adozione fa sì che tutte le aspettative di tutela del privato, risarcitorie e restitutorie, si canalizzino nell’eventuale contenzioso avente ad oggetto il provvedimento di acquisizione sanante intervenuto nel corso del giudizio che, conseguentemente, deve concludersi con una declaratoria di improcedibilità del ricorso (cfr. Cons. St., sez. IV, 12 settembre 2018, n. 3848; id., sez. V, 22 maggio 2012, n. 2975; id. 13 ottobre 2010, n. 7472 e 5 maggio 2009, n. 2801).
 
(2) La proposizione in primo grado di una sola istanza risarcitoria non può implicare la rinuncia traslativa alla proprietà del bene oggetto di occupazione sine titulo, trattandosi di istituto che non trova spazio nel procedimento espropriativo. Al fine, tuttavia, di non privare le parti di garanzie di difesa, è necessario che il giudice si adoperi per individuare i possibili rimedi offerti dall’ordinamento processuale per adeguare la domanda, un tempo coerente con il quadro dottrinario e giurisprudenziale, al mutato contesto.   A tale scopo, ove non sia possibile riqualificare la domanda, come suggerito dall’Adunanza Plenaria il giudice potrà rimettere le parti in termini per errore scusabile ex art. 37 c.p.a., ovvero comunque sottoporre la questione processuale sopravvenuta, ove rilevata d’ufficio, al vaglio delle parti ex art. 73 c.p.a.
 
Ove, tuttavia, il decreto di acquisizione sia sopravvenuto in ottemperanza ad una decisione di primo grado o a una pronuncia cautelare, ridetta riqualificazione d’ufficio o riformulazione della domanda non si rende più necessaria, dovendosi prendere atto dell’avvenuta adozione del provvedimento e della conseguente cessazione dello stato di illiceità che aveva fondato la domanda risarcitoria originaria. Ne consegue che, ferma restando l’estraneità alla giurisdizione del giudice amministrativo di eventuali residue controversie sul quantum di indennizzo e/o risarcimento previsto in tale provvedimento, diviene improcedibile il giudizio di appello, non potendo più considerarsi tale quello di primo grado.
 
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