21/02/2020 – Ampliamento di volume in sopraelevazione

Ampliamento di volume in sopraelevazione
Il quesito che intendo sottoporre riguarda un ampliamento di volume in sopraelevazione, di un edificio unifamiliare posto all’interno della fascia di rispetto stradale, di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Tale ampliamento, già realizzato, rispetta il 2% previsto dall’art. 34, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e pertanto è ammesso anche se è in zona di vincolo paesaggistico, come riportato dal D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31; dato che il Codice della Strada non contempla tolleranze come invece previsto dalle norme su citate, si chiede se il 2% in ampliamento, che non è considerato ai fini edilizi come parziale difformità, può essere applicato, per analogia, anche all’art. 16 del C.d.S. vigente.
a cura di Massimiliano Alesio
 
L’avanzato quesito riguarda un’interessante fattispecie, coinvolgente problematiche di natura edilizia e di disciplina delle distanze. Precisamente, la concreta fattispecie può essere così sintetizzata:
– In un edificio unifamiliare, posto all’interno del vincolo della fascia di rispetto stradale, come disciplinata dal Codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), è stato realizzato un intervento edilizio, comportante un ampliamento di volume, che si sviluppa in una sopraelevazione.
Siffatto ampliamento rispetta le cd. “tolleranze di cantiere”, disciplinate dall’art. 34, comma 2-ter, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Conseguentemente, l’intervento, in quanto rientrante nelle predette “tolleranze”, non dà luogo ad alcuna difformità, neppure parziale, rispetto al titolo edilizio che ha legittimato il medesimo intervento.
A questo punto, si chiede di sapere se il consentito (“tollerato”) ampliamento dei “distacchi”, cioè della distanza fra due edifici fronteggianti, trova una legittimazione anche sul versante della fascia di rispetto stradale. In altri termini, si chiede di sapere se la prevista “tolleranza” della costruzione edilizia, in termini di “distacchi”, pari al 2% delle misure progettuali, trova applicazione anche nei riguardi dei limiti afferenti la fascia di rispetto stradale.
Primariamente, occorre ricordare che il richiamato art. 34, comma 2-ter, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, stabilisce quanto segue: “Ai fini dell’applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali”. Siffatta disposizione normativa è stata aggiunta dall’art. 5, comma 2, lettera “a”, n. 5, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in L. 12 luglio 2011, n. 106. La disposizione (ricalcante la pregressa ed analoga prevista dall’art. 32, comma 1L. 28 febbraio 1985, n. 47) è destinata ad operare, unicamente, nei rapporti con la Pubblica amministrazione, non potendo legittimare alcuna lesione dei diritti dei terzi, specie in materia di distanze tra costruzioni. In altri termini, anche se un ampliamento del 2% del fronte di un fabbricato potrà non costituire un abuso edilizio, il vicino potrà sempre chiedere al giudice ordinario l’arretramento del corpo di fabbrica, per ripristinare le distanze eventualmente violate.
In buona sostanza, la disposizione normativa prende in considerazione quattro elementi di possibile tolleranza da valutare in confronto alle misure progettuali. Gli elementi sono:
– Distacchi: la distanza tra due edifici fronteggianti;
– Cubatura: la volumetria espressa in metri cubi;
– Superficie coperta: la proiezione orizzontale al suolo della sagoma esterna del manufatto;
– Altezza degli edifici.
Orbene, occorre osservare che la “fascia di rispetto”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, n. 22 del Codice della strada, costituisce una striscia di terreno, esterna al confine stradale, sulla quale esistono vincoli alla realizzazione, da parte dei proprietari del terreno, di costruzioni, recinzioni, piantagioni, depositi e simili. Le fasce di rispetto stradali, normate dal Codice della Strada e dal suo Regolamento attuativo (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), hanno lo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e la loro potenziale pericolosità a costituire, per la prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico ed alla incolumità delle persone. Attraverso la fascia di rispetto, si garantisce un’area utilizzabile, all’occorrenza, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limitazioni connesse alla presenza di costruzioni. Di regola, le fasce di rispetto vengono istituite con l’approvazione del Progetto definitivo dell’opera stradale e permangono per tutta la vita utile della strada medesima.
All’interno delle fasce di rispetto, vige il vincolo di inedificabilità. Ed, infatti, la giurisprudenza conferma che: “In materia edilizia il vincolo delle fasce di rispetto stradale o viario è di inedificabilità assoluta, traducendosi in un divieto assoluto di costruire che rende inedificabili le aree site in fascia di rispetto stradale o autostradale, indipendentemente dalle caratteristiche dell’opera realizzata e dalla necessità di accertamento, in concreto, dei connessi rischi per la circolazione stradale; detto divieto, inoltre, opera direttamente ed automaticamente, per cui una volta attestata in concreto la violazione del vincolo di inedificabilità, il parere dell’amministrazione sull’istanza di condono non può che essere negativo; T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 26 settembre 2019, n. 4584).
Dal vincolo di in edificabilità discende il conseguente corollario che non sono previste, dalla normativa in materia, “tolleranze” o forme equivalenti. Infatti, l’art. 16, del Codice della strada, in tema di fasce di rispetto fuori dai centri abitati, non contempla alcuna tolleranza. Il comma 1° di tale articolo rinvia, per la concreta tipologia dei divieti, al Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495). Il Regolamento non prevede, agli articoli 26 e seguenti, alcuna forma di tolleranza. Parimenti, l’art. 18 del Codice della strada, in tema di fasce di rispetto nei centri abitati.
Pertanto, non appare possibile alcuna applicazione analogica della peculiare disciplina delle cd. “tolleranze di cantiere”. Ciò, anche per un’altra ragione: l’indicata disciplina consacra l’irrilevanza degli scostamenti, entro il limite del 2%, nella discrasia fra la precisione teorica degli elaborati tecnici e la concreta esecuzione degli interventi (“Il comma 2-ter dell’art. 34D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, infatti, consente di escludere dall’ambito delle difformità rilevanti ai fini sanzionatori quelle che si verificano a causa di un fisiologico scarto tra la precisione del disegno e la realizzazione, o dalla consistenza dei materiali, o dalla necessità di modesti adeguamenti in sede esecutiva e, pertanto, non possono che rilevare le misure effettive delle opere realizzate. Peraltro è la stessa norma che espressamente correla la soglia del 2% alle “misure progettuali”; T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, 20 settembre 2019, n. 1013). In relazione alla fascia di rispetto stradale, non si pone alcun problema di “scostamenti” fra quanto previsto e quanto effettivamente realizzato. Ragion per cui l’analogia non può trovare spazio alcuno.

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