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Legge “Spazzacorrotti”: la Consulta dice no all’applicazione retroattiva
Con il comunicato stampa 12 febbraio 2020 la Corte Costituzionale rende nota la dichiarata illegittimità ai precetti della Costituzione della retroattività della Legge n. 3/2019
di Laura Biarella – Professionista – Avvocato
Pubblicato il 13/02/2020
 
Con il comunicato stampa 12 febbraio 2020 (testo in calce), l’Ufficio Stampa della Corte costituzionale ha reso nota la dichiarata illegittimità ai precetti della Costituzione, della retroattività della Legge 9 gennaio 2019, n. 3.
Il deposito della sentenza è previsto nelle prossime settimane.
La questione di legittimità costituzionale. La Corte costituzionale, in camera di consiglio, ha esaminato le censure sollevate da alcuni giudici in merito alla retroattività della Legge 9 gennaio 2019, n. 3 (cosiddetta Spazzacorrotti, recante “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonche’ in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”), la quale ha allargato, ai reati contro la pubblica Amministrazione, le preclusioni previste dall’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario (recante “Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti”), rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione.
La mancanza della disciplina transitoria. In particolare, è stata denunciata la mancanza di una disciplina transitoria che ostacoli l’applicazione delle nuove norme ai condannati per un reato commesso in epoca anteriore rispetto all’entrata in vigore della Legge n. 3/2019.
La prassi seguita dalla giurisprudenza. La Corte costituzionale ha preso atto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate in modo retroattivo, e che tale principio è stato fino ad ora seguito dalla giurisprudenza, finanche con riferimento alla Legge n. 3 del 2019.
Misure coinvolte nell’interpretazione contraria alla Costituzione. La Corte ha dichiarato tale interpretazione costituzionalmente illegittima, in riferimento:
  • alle misure alternative alla detenzione,
  • alla liberazione condizionale,
  • al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di
  • condanna.
Violazione del principio di legalità. Per gli stessi togati, l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, risulta incompatibile col principio di legalità delle pene, contemplato all’articolo 25, comma II, della Costituzione.

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