14/02/2020 – Barriere architettoniche, il Comune che non le elimina discrimina indirettamente il consigliere disabile

Barriere architettoniche, il Comune che non le elimina discrimina indirettamente il consigliere disabile
di Paola Rossi
Il Comune attua una forma di «discriminazione indiretta» contro il consigliere disabile se non rimuove le barriere architettoniche che gli impediscono di accedere “in via autonoma” alla sala consiliare. L’ente locale è tenuto a risarcirgli i danni subiti in relazione a tutto il periodo in cui il suo diritto di accesso è stato impedito a meno dell’aiuto di terzi, per quanto messi a disposizione dall’ente stesso. E, la successiva installazione di un’ascensore per disabili non cancella i disagi subiti che sono appunto il danno ingiusto risarcibile in termini di responsabilità aquiliana.
La Corte di cassazione con la sentenza n. 3691 depositata ieri conferma – a carico del Comune – il risarcimento del danno, quantificato in via equitativa, in favore del consigliere penalizzato dalla mancata predisposizione di modifiche architettoniche o di sistemi ad hoc per rendere accessibili i luoghi pubblici di sua appartenenti a chi sia portatore di disabilità. A nulla rilevando che in alternativa al sostegno fisico del personale comunale di servizio il Comune avesse anche deciso di tenere le assemblee consiliari nella palestra elementare proprio per favorire il consigliere in difficoltà. Si tratta, comunque di quella discriminazione indiretta – a norma del comma 3 dell’articolo 2 della legge 67/2006 – che non è mirata contro una singola persona concretamente danneggiata dallo stato dei luoghi, ma rileva per la sua potenzialità lesiva dei diritti dei disabili coinvolti dalla situazione di fatto. Quindi la mancanza di volontà di discriminare una specifica persona non fa venir meno la violazione dei diritti costituzionalmente garantiti ai portatori di handicap fisico.

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