07/02/2020 – Sulle controversie in materia di TIA 1 e TIA 2 decide il giudice ordinario

Sulle controversie in materia di TIA 1 e TIA 2 decide il giudice ordinario
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1839, del 27 gennaio 2020, ha stabilito che è di competenza del giudice ordianrio e non di quello tributario, la decisione sulle controversie relative alla debenza della TIA1 e TIA2
Il contenzioso
La questione della decisione in merito alle controversia in materia di TIA1 e TIA2 veniva sollevata in Cassazione del giudice di Pace; l’oggetto del contenzioso era il sollecito di pagamento di una somma richiesta a titolo di TIA straordinaria per l’anno 2011.
Il Giudice tributario ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, per essere la controversia devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 14, comma 33, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122.
Il Giudice di pace , davanti al quale il giudizio è stato riassunto, assumendo appartenere alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto la debenza della tariffa di igiene ambientale (TIA), non costituente entrata patrimoniale di diritto privato, ma mera variante della TARSU, di cui conserva la qualifica di tributo, ha sollevato d’ufficio il conflitto in Cassazione ed ha chiesto sia regolata la giurisdizione.
La TIA: una normativa complessa
Con l’entrata in vigore (dal 1° gennaio 1999) dell’art. 49D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio – cosiddetto “decreto Ronchi”), poi modificato dall’art. 1, comma 28, L. 9 dicembre 1998, n. 426, e dall’art. 33L. 23 dicembre 1999, n. 488, veniva stabilito l’obbligo dei Comuni di effettuare, in regime di privativa, la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati.
A tal fine veniva disposta l’istituzione, da parte dei Comuni, di una “tariffa” per la copertura integrale dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti comunque giacenti sulle strade ed aree pubbliche (ovvero soggette ad uso pubblico) del territorio comunale. Tale tariffa – denominata tariffa di igiene ambientale (TIA) – “è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio”.
Con regolamento del Ministro dell’ambiente (approvato con D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158), veniva quindi elaborato il metodo per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento.
Soggetto passivo della nuova imposta è “chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale” .
La tariffa va applicata e riscossa dal soggetto che gestisce il servizio.
Il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 stabilisce , inoltre, che la Tia deve sempre coprire l’intero costo del servizio di gestione dei rifiuti ed è dovuta anche per la gestione dei rifiuti “esterni” (come già statuiva l’abrogato art. 268R.D. n. 1175/1931).
In seguito la tariffa di cui all’art. 49D.Lgs. n. 22/1997, veniva soppressa dall’art. 238D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), sostituendola con la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” poi denominata (per effetto dell’art. 5, comma 2-quater, D.L. n. 208/2008) “tariffa integrata ambientale (TIA)”.
La nuova tariffa integrata viene determinata dell’autorità d’ambito territoriale ottimale (Aato), prevista dall’art. 201 dello stesso decreto legislativo, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento ministeriale (da emanarsi, a sua volta, entro sei mesi dalla sopra indicata data di entrata in vigore della parte quarta del decreto legislativo e, quindi, dell’art. 238 in essa compreso) con il quale sono fissati i criteri generali per la definizione delle componenti dei costi e la determinazione della tariffa.
Con la L. 27 dicembre 2013, n. 147, infine, che ne detta la disciplina all’art. 1, dal comma 641 al comma 668 è stata istituita la TARI (tassa rifiuti), destinata a finanziare integralmente i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, posta a carico dell’occupante, introdotta nell’ordinamento tributario locale, quale componente della IUC.
In sostanza la TIA 1 è la tariffa di igiene ambientale prevista dall’articolo 49D.Lgs. n. 22/1997 (il cosiddetto “decreto Ronchi”). La TIA 2, invece, è la tariffa integrata ambientale prevista dall’articolo 238Codice dell’ambiente (decreto legislativo 152/06). Funziona in modo analogo alla TIA 1, anche se è stata qualificata entrata non tributaria dal D.L. n. 78/2010.
L’analisi della Cassazione
Per la Corte di Cassazione la giurisdizione va regolata con l’attribuzione della controversia alla cognizione del giudice ordinario.
La Corte di Cassazione ricorda che a norma dell’art. 14D.L. 31 maggio 2010, n. 78, come convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122, le controversie relative alla tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (poi denominata tariffa integrata ambientale) istituita con l’art. 238D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (31 maggio 2010), “rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”: il giudizio cui si riferisce il regolamento in esame è stato, infatti, introdotto davanti al giudice tributario con ricorso notificato il 9 dicembre 2014, diretto all’impugnazione di un atto relativo a TIA straordinaria per l’anno 2011.
Con riguardo alla vicenda della TIA i giudici di legittimità ricordano , seguendo Corte cost., sent. n. 188 del 2018, che il legislatore statale, nel disciplinare la provvista di un servizio pubblico può escludere o, all’opposto, prevedere una relazione sinallagmatica con il servizio, seppur non in termini di stretta corrispettività, conformando una prestazione patrimoniale obbligatoria come tributo piuttosto che come canone o tariffa, conseguendo da ciò, indipendentemente dalla qualificazione della stessa, non solo la giurisdizione del giudice tributario, ma anche l’applicazione della disciplina dei tributi a partire dal canone della capacità contributiva previsto dall’art. 53, primo comma, Cost. All’opposto, non può il legislatore qualificare come tributo ciò che in concreto, per la sua regolamentazione, è conformato come canone o tariffa, perché da ciò conseguirebbe un’illegittima deroga al canone generale della giurisdizione del giudice ordinario di cui all’art. 102, primo comma, Cost. (Corte cost., sent. n. 64 del 2008 ha affermato che “l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali”).
E pertanto il legislatore – prosegue Corte cost. n. 188 del 2018 -, nell’esercizio della sua discrezionalità in materia di politica economica e fiscale che può passare da un sistema basato sulla fiscalità di un contributo ad uno fondato sulla corrispettività di una tariffa o di un canone, come è avvenuto nell’ipotesi della tariffa di igiene ambientale, istituita con l’art. 49,D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, inizialmente di natura tributaria, poi sostituita dalla tariffa per la gestione dei rifiuti urbani ex art. 238D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, prestazione patrimoniale ritenuta di natura non tributaria , al pari della tariffa per il servizio di fognatura e depurazione.
Le scarne essenziali indicazioni dell’art. 14, comma 33, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, secondo cui le disposizioni del “nuovo” sistema introdotto nel 2006 “si interpretano nel senso che la natura della prestazione ivi prevista non è tributaria”, e secondo cui “le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto (30 maggio 2010), rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”, sottolineano la risolutezza delle formule utilizzate dal legislatore per il passaggio dal vecchio al nuovo sistema, disegnato dall’art. 238D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 : “Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte… esistenti nel territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa”; “la tariffa costituisce il corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani…”; “la tariffa di cui all’art. 49D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11″, vale a dire che sino all’emanazione del regolamento interministeriale di cui al comma 6 “e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”.
Il termine, riconosciuto anche ai comuni, è stato successivamente prorogato fino al 30 giugno 2010.
Per la Corte di Cassazione spettano perciò alla cognizione del giudice ordinario le controversie sorte successivamente alla data del 31 maggio 2010 aventi ad oggetto la debenza della tariffa integrata ambientale, cd. TIA2, di cui all’art. 238D.Lgs. n. 152/2006, e le controversie sorte successivamente alla medesima data aventi ad oggetto la debenza della soppressa tariffa di igiene ambientale, in regime transitorio, di cui all’art. 49D.Lgs. n. 22/1997.
La Corte di Cassazione dichiara, pertanto, la giurisdizione del giudice ordinario.

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