07/02/2020 – L’ipotesi di una proroga al 20/4 non risolve i problemi. Meglio rivedere i valori soglia – Dpcm personale, rinvio inutile – Lo slittamento non libera dalle maglie delle nuove regole

L’ipotesi di una proroga al 20/4 non risolve i problemi. Meglio rivedere i valori soglia – Dpcm personale, rinvio inutile – Lo slittamento non libera dalle maglie delle nuove regole
a cura di Luigi Oliveri

Il rinvio della decorrenza del dpcm attuativo del nuovo sistema di computo delle assunzioni previsto dal decreto crescita non risolve nessuno dei problemi evidenziati dagli enti locali.

Il governo e la Conferenza Stato-città enti locali hanno fatto trapelare in forme ufficiose che il dpcm previsto dall’articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2019, il cui testo già approvato dalla Conferenza ma ancora non pubblicato, dovrebbe vedere la luce indicando non la decorrenza dell’1.1.2020, prevista dall’intesa, ma del 20 aprile prossimo.
In questo modo, reputa chi sta premendo per il rinvio dell’operatività del nuovo sistema, si «farebbero salve» le procedure di assunzione, che nel frattempo sarebbero effettuate nel rispetto delle vecchie regole secondo le quali le assunzioni possono essere effettuate entro il 100% del costo delle cessazioni dell’anno precedente, con in aggiunta i resti assunzionali dell’ultimo quinquennio (articolo 3, commi 5 e seguenti, del d.l. 90/2014).
A meglio vedere, questo rinvio non coglie nessun obiettivo utile. In primo luogo, non è necessaria alcuna «salvezza» delle assunzioni. Nessuna norma dispone, infatti, che le amministrazioni locali non possano assumere. Quindi è ovvio che anche nelle more del dpcm le assunzioni sono possibili.
Il problema da risolvere non consiste nel capire «se» si possa assumere, bensì nel determinare «quante» assunzioni effettuare, anzi, «quanto» è possibile spendere a tal fine.
Il dl 90/2014 è basato su un modo di concepire le assunzioni erroneo, sul piano organizzativo e finanziario. Considera, infatti, le assunzioni come un volume di spesa autonomo e separato dal resto della gestione del bilancio e commisura i nuovi reclutamenti al costo delle cessazioni. È un sistema che finisce per premiare gli enti sovradimensionati, penalizzando, invece, quelli con una spesa di personale complessiva piuttosto bassa.
Col decreto crescita si intende, correttamente, superare questa visione asfittica, correlando, come corretto che sia, la capacità di assumere alla capacità di sostenere la spesa del personale; la quale, quindi, viene messa in rapporto alle entrate correnti, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità e fissando valori di virtuosità. Gli enti al di sotto dei valori soglia potranno assumere investendo le risorse anche oltre il turnover; gli enti al di sopra del valore soglia di non virtuosità dovranno rientrare almeno nei valori «intermedi» entro il 2025 riducendo ogni anno il rapporto spesa di personale/entrate; gli enti in posizione intermedia non potranno spendere per il personale di più di quanto risultante dall’ultimo rendiconto approvato.
Questo essendo il contenuto del dpcm, è chiaro che un rinvio della sua efficacia non porta alcun beneficio. Infatti, qualsiasi assunzione effettuata entro aprile 2020, comunque inciderebbe sulla spesa del personale, potendo potenzialmente incrementarla, e, quindi, influire sul rapporto con le entrate.
Dunque, il rinvio non «libera» gli enti dalle maglie del nuovo sistema. Solo quelli il cui rapporto spesa di personale/entrate sia al di sotto dei valori soglia potranno assumere con tranquillità; per gli altri, ogni assunzione rischia di peggiorare i limiti imposti dal dpcm.
I comuni hanno espressamente prestato intesa con lo Stato l’11.12.2019 sul testo del dpcm non ancora pubblicato e l’Anci ha manifestato esplicitamente il proprio «assenso tecnico». Appare oggettivamente strano che dopo aver sottoscritto l’intesa, il dpcm non piaccia più.
Ma, se proprio se ne vogliono attutire gli effetti, la strada del rinvio della decorrenza è la più sbagliata. Piuttosto, rivedendo l’«assenso tecnico», meglio sarebbe rivedere i valori soglia, provando a renderli meno difficili da cogliere.
Resta, comunque, il fatto, che il nuovo sistema previsto dal decreto crescita è meritocratico e selettivo: solo gli enti locali virtuosi avranno l’opportunità di andare oltre il turnover. La scelta è di collocare saggiamente l’asticella della virtuosità. Rinvii e toppe servono a poco.

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