06/02/2020 – Subappalto italiano senza pace: ancora una censura per contrasto con il diritto unionale

Subappalto italiano senza pace: ancora una censura per contrasto con il diritto unionale
di Domenico Irollo – Commercialista/revisore contabile/pubblicista
Premessa
La Corte di Giustizia UE torna a “picconare” la normativa italiana in materia di subappalto: stavolta, con la sentenza in commento (causa C-395/18), ad essere dichiarata incompatibile con il diritto eurounitario di riferimento è la previsione dell’art. 80, comma 5, del Codice degli appalti italiano (D.Lgs. n. 50/2016), nella parte in cui contempla l’automaticità dell’estromissione da una procedura di aggiudicazione di pubbliche commesse di un operatore economico che, in sede di formulazione dell’offerta, abbia indicato ai sensi dell’art. 105, comma 6, stesso Codice, un subappaltatore che risulti essersi reso responsabile di una violazione degli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro [precisamente, nel giudizio a quo, pendente dinanzi al Collegio remittente (TAR Lazio), era emersa la non regolarità del subappaltatore “incriminato” rispetto alle norme che disciplinano l’accesso al lavoro dei disabili di cui alla Legge n. 68/1999, richiamata sub lett. i) dell’art. 80, comma 5, cit.].
La pronuncia
Secondo i Giudici di Lussemburgo, è sicuramente in linea con il dettato dell’art. 57, paragrafo 4, lett. a), della Direttiva 2014/24/UE in combinato disposto con l’art. 18, paragrafo 2, del medesimo plesso normativo (a mente del quale appunto “Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia”), il contemplare la facoltà o addirittura l’obbligo in capo alle Amministrazioni aggiudicatrici di ritenere affidabili unicamente quegli oo.ee. che, nell’elaborazione delle proprie offerte, abbiano dato prova di cura e diligenza tali da garantire adeguatamente, nel corso della esecuzione della commessa, il rispetto degli obblighi in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro, ciò sia con riferimento alla loro posizione che con riguardo ai rispettivi subappaltatori, cui essi intendano affidare una parte della realizzazione dell’appalto.
Tuttavia detta valutazione di affidabilità, in conformità al paragrafo 6 dello stesso articolo. 57 (a norme del quale “un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi” precedenti “può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto”) ed al principio di proporzionalità, va sempre effettuata dalla S.A. caso per caso, in concreto, tenendo conto in particolare:
– delle circostanze in cui si è verificata tale violazione (es., carattere eventualmente lieve delle irregolarità commesse dal subappaltatore e loro non reiterazione);
– degli strumenti che l’o.e. disponeva per accertare l’esistenza di una violazione da parte dei subappaltatori, atteso che si parla comunque di un soggetto estraneo all’organizzazione d’impresa dell’o.e. offerente, sul quale questi non può perciò disporre di tutta l’autorità richiesta e di tutti i mezzi necessari all’effettuazione di un controllo pregnante essendo di regola indispensabile la loro (dei subappaltatori coinvolti) cooperazione;
– delle misure di self-cleaning in ipotesi adottate e addotte dall’o.e., che ne comprovino l’affidabilità malgrado l’esistenza del motivo di esclusione imputabile al subappaltatore;
– della capacità, nel caso dichiarata dall’o.e. offerente, di eseguire l’appalto senza avvalersi necessariamente del subappaltatore in questione.
Diversamente, osserva sempre la Corte di Giustizia UE, la normativa italiana su richiamata stabilisce in maniera generale e astratta l’esclusione automatica dell’o.e. qualora nei riguardi di uno dei subappaltatori indicati nell’offerta, venga constatata una delle violazioni di specie, e fissa dunque una presunzione assoluta, senza lasciare alla S.A. margini di valutazione ed all’o.e. l’opportunità di dimostrare la propria affidabilità, ponendosi perciò, da questo punto di vista, in frontale contrasto con i parametri regolamentari eurounitari sopra delineati.
Le precedenti censure al subappalto italiano
Il verdetto in esame arriva a distanza di solo qualche mese da quelli della stessa Corte di Giustizia UE per effetto dei quali è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto unionale, sotto altri profili, della normativa interna sul subappalto e più precisamente:
– dell’art. 105, comma 2, terzo periodo, che limita al 30% la quota dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi: cfr. pronuncia 26 settembre 2019, causa C-63/18. Come si ricorderà, la norma in trattazione era stata emendata con il D.L. “Slocca-Cantieri” n. 32/2019, prevedendosi in un primo momento l’incremento dal 30 al 50% della quota massima subappaltabile rispetto all’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture (sul punto per approfondimenti si rinvia al seguente contributo dello scrivente: I rilievi di Bruxelles al Codice degli appalti italiano: lo stato dell’arte alla luce delle novità del DL “Sblocca-Cantieri”). In sede di traduzione in Legge, la modifica non è stata confermata ma nel contempo, con una disposizione a carattere transitorio inserita nella stessa L. di conversione n. 55/2019 (art. 1, comma 18), si è previsto che nelle more di una complessiva revisione del CCP, fino al 31 dicembre 2020, in deroga al disposto dell’art. 105, comma 2, cit., il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40% dell’importo complessivo del contratto. E’ appena il caso di sottolineare in proposito che il mero innalzamento (e non l’eliminazione tout court) della percentuale subappaltabile non appare sufficiente a scongiurare ulteriori censure a livello comunitario;
– dell’art. 118, comma 4, del previgente Codice De Lise (D.Lgs. n. 163/2006), pressoché identico all’art. 105, comma 14, del Codice dei contratti pubblici in vigore, che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione: cfr. pronuncia 27 novembre 2019, causa C-402/18.
Senza contare che la disciplina interna del subappalto è stata oggetto anche degli strali della Commissione Europea che con lettera di “messa in mora” del 24 gennaio 2019, nell’ambito della procedura di infrazione 2018-2273 avviata da Bruxelles nei confronti del nostro Paese, ha altresì messo in discussione la coerenza con il quadro normativo eurounitario (per approfondimenti, si rinvia al contributo dello scrivente: La Commissione Europea mette nel mirino il Codice degli appalti italiano):
– dell’omologo limite di cui sopra contemplato dall’art. 105, comma 5, CCP con riguardo alle opere super specialistiche – in gergo “s.i.o.s.” – di cui all’art. 89, comma 11, stesso CCP, nella quale ipotesi il subappalto non può in nessun caso superare il 30% del valore delle opere. Tale ultima disposizione è stata peraltro espressamente esclusa dal raggio di azione della norma derogatoria a carattere interinale di cui all’art. 1, comma 18, L. n. 55/2019, cit.;
– del divieto per l’offerente in una data procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa gara, sancito sempre dall’art. 105, comma 4, lett. a), CCP; divieto inizialmente abolito con il menzionato D.L. “Slocca-Cantieri” ma poi ripristinato in sede di conversione in legge del Decreto;
– del divieto di subappalto “a cascata”, contemplato dal ripetuto art. 105, comma 19, CCP;
– dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori contemplato dall’art. 105, comma 6, CCP, cit., qualora l’appalto sia superiore alle soglie comunitarie e non sia necessaria una particolare specializzazione e comunque, anche nel sotto-soglia, ove si verta in un caso di attività particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa. Invero per effetto del più volte citato art. 1, comma 18, L. n. 55/2019, detto obbligo è allo stato sospeso fino al 31 dicembre 2020 – e non soppresso definitivamente come invece previsto originariamente nel D.L. “Slocca-Cantieri” – e ciò anche in relazione alle concessioni.

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