15/12/2020 – Costo della manodopera di un appalto: non deve ricomprendere la spesa per consulenti esterni

Nella Sentenza n. 6786 del 3 novembre 2020 del Consiglio di Stato, i Giudici chiariscono che nel costo della manodopera per l’esecuzione del contratto di appalto la cui indicazione è prescritta in offerta dall’art. 95, comma 10, del Dlgs. n. 50/2016, non deve essere ricompresa anche la retribuzione dei dipendenti o consulenti esterni (cd. “costi indiretti della commessa” poiché relativi al personale di supporto all’esecuzione dell’appalto o a servizi esterni), che sono impiegati dall’operatore economico per diversi (o tutti) gli appalti assunti e non per un singolo e specifico appalto. Secondo i Giudici, il costo della manodopera di cui all’art. 95, comma 10, del Dlgs. n. 50/2016, deve riferirsi ai soli costi diretti della commessa, esclusi quindi i costi per le figure professionali coinvolte nella commessa in ausilio e solo in maniera occasionale secondo esigenze non prevenibili. L’obbligatoria indicazione dei costi della manodopera in offerta – e la correlativa verifica della loro congruità imposta alla Stazione appaltante – risponde all’esigenza di tutela del lavoro sotto il profilo della giusta retribuzione. Infatti, serve ad evitare manovre speculative sulla retribuzione dei dipendenti finalizzate a rendere l’offerta in gara maggiormente competitiva rispetto alle altre. Tale essendo la ratio della citata prescrizione, è gioco forza riconoscere che l’esigenza di tutela è avvertita solo e proprio per quei dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell’offerta per la specifica commessa. Invece, non è così per le figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente, ovvero lo fanno in maniera trasversale a vari contratti, il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all’offerta da presentare per il singolo appalto. 

I Giudici aggiungono poi che non rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione appaltante quella di imporre o di esigere un determinato Contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare.

Resta fermo che la libertà imprenditoriale non è assoluta, ma incontra il limite logico, ancor prima che giuridico in senso stretto, della necessaria coerenza tra il contratto che in concreto si intende applicare (e in riferimento al quale si formula l’offerta di gara) e l’oggetto dell’appalto. La scelta del Contratto collettivo di lavoro applicabile al personale dipendente che diverge insanabilmente, per coerenza e adeguatezza, da quanto richiesto dalla Stazione appaltante in relazione ai profili professionali ritenuti necessari, è idonea di per sé a determinare una ipotesi di anomalia, riflettendosi sulla possibilità di formulare offerte adeguate.

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