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Il RPCT non può svolgere anche funzioni di mediazione tributaria in quanto area ad alto rischio corruttivo
di Vincenzo; Gianluca Giannotti; Popolla – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone; Dottore in giurisprudenza – esperto enti locali
 
La vicenda
L’Autorità Nazionale anticorruzione ha ricevuto richiesta di parere dal Segretario comunale, nonché Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza, relativamente alla possibilità del RPCT di essere responsabile della mediazione tributaria. Il dubbio dell’istante si incentrava sulla conformità di tale comportamento con le indicazioni fornite da ANAC nei Piani Nazionali Anticorruzione (PNA) e lo stesso RPCT ha tenuto a precisare come il soggetto responsabile della mediazione sia terzo e autonomo rispetto al funzionario responsabile del tributo nonché al responsabile del procedimento.
Analisi del quadro normativo
L’Autorità Nazionale anticorruzione ha fatto partire il proprio ragionamento giuridico dall’analisi della figura del Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza, individuandone i criteri di scelta che gli enti locali dovrebbero seguire per la loro nomina. Innanzitutto, ha premesso, che è l’art. 1, comma 7, L. n. 190 del 2012 a prevedere che tale ruolo debba essere svolto dal Segretario o dal Dirigente apicale “salvo diversa e motivata determinazione” e ha ricordato come nel PNA 2019/2021 la stessa ANAC abbia messo in evidenza alcune delle caratteristiche fondamentali e fondanti la figura del RPCT, tra cui la circostanza che ” (…) sia dotato della necessaria autonomia valutativa, che non sia in una posizione che presenti profili di conflitto di interessi e scelto, di norma, tra i dirigenti non assegnati ad uffici che svolgano attività di gestione e di amministrazione attiva. In questa ottica va evitato, per quanto possibile, che il RPCT sia scelto tra i dirigenti assegnati a uffici che svolgono attività nei settori più esposti al rischio corruttivo, come l’ufficio contratti o quello preposto alla gestione del patrimonio.”.
Successivamente l’attenzione dell’Autorità è ricaduta sulla normativa inerente la mediazione tributaria: introdotto nel nostro ordinamento col D.L. n. 98 del 2011, l’istituto del reclamo – mediazione è disciplinato nell’art. 17-bisD.Lgs. n. 546 del 1992 con il chiaro intento di deflazionare il contenzioso tributario ed è una misura amministrativa obbligatoria da esperirsi preventivamente rispetto al ricorso in giudizio per atti tributari di valore non superiore a cinquantamila euro.
L’ANAC inoltre si è soffermata sull’importanza di differenziare, in realtà, i due istituti: se il reclamo “è un’istanza obbligatoria di autotutela con cui il contribuente denunzia l’illegittimità della pretesa impositiva (…) Esso permette di risolvere in via amministrativa la controversia e, in caso di esito negativo, funge da atto introduttivo del giudizio”, la mediazione tributaria invece “è un istituto transattivo: l’ufficio chiamato a valutare la proposta di mediazione fiscale è lo stesso che assume, nel processo tributario, il ruolo di parte resistente” e si specifica che con essa “si tende a rideterminare l’obbligazione tributaria o meglio, a rideterminare la base imponibile o la relativa imposta”.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione a conclusione della propria analisi, ha posto l’accento sulla necessità di autonomia tra i vari organi a cui vengano affidate le varie fasi delle procedure attivate col ricorso agli istituti di cui sopra, affermando come ai comuni spetti “in base alla propria struttura organizzativa, adottare le più opportune decisioni per strutturare il procedimento di mediazione in modo da garantire l’effettiva autonomia dell’ufficio preposto all’istruttoria del reclamo/mediazione rispetto a quello che ha curato l’istruttoria dell’atto oggetto di contestazione.”, circostanza che è prassi abituale nelle Agenzie fiscali.
Le precisazioni dell’Autorità
La parte finale del ragionamento giuridico dell’Autorità Nazionale Anticorruzione è volta a valutare se l’istituto in argomento sia riconducibile o meno all’interno delle cosiddette aree a maggior rischio corruttivo. In tal senso l’ANAC ha fatto riferimento a precedenti orientamenti e indicazioni da essa fornite nel tempo, in particolar modo si è concentrata sull’Allegato 1 al Piano Nazionale Anticorruzione 2019-2021 (dal titolo “Indicazioni metodologiche per la gestione dei rischi corruttivi”) nel quale si menzionano come aree a maggior rischio corruttivo quelle relative a “Gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio” e “Affari legali e contenzioso”.
Altro fondamentale riferimento è relativo all’Aggiornamento 2018 al PNA, nello specifico all’Approfondimento di parte speciale dedicato alle “Agenzie Fiscali” le cui indicazioni sono in parte da estendersi, a detta dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, anche agli enti locali che svolgano attività di riscossione dei tributi. Se, nella pagina 59 dell’Approfondimento (relativo alle “Agenzie fiscali”) la trattazione dei reclami viene individuata come attività esposta a rischio corruttivo in virtù di “possibili pressioni esterne sui dipendenti o per comportamenti omissivi che pregiudichino la corretta, tempestiva, effettiva ed efficace difesa degli atti dell’Agenzia e la tutela degli interessi erariali.”, nell’Aggiornamento generale tali disposizioni vengono estese anche alle procedure deflattive del contenzioso come la mediazione ed è stato previsto che “le relative istruttorie sono affidate agli uffici legali in staff al Direttore provinciale, nella logica di meglio garantire la terzietà rispetto agli uffici deputati alle verifiche.”
Dai rilievi di cui sopra l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha dedotto che l’area “Affari legali e contenziosi” ricomprenda inequivocabilmente il settore della “Gestione del contenzioso tributario” (inclusi gli strumenti deflattivi del relativo contenzioso, come la mediazione) e di conseguenza ha sancito che quest’ultimo rientri tra le cosiddette aree a maggior rischio corruttivo.
Pertanto l’Autorità non ha ritenuto opportuno che il RPCT svolgesse funzioni in merito all’istanza di riesame/mediazione tributaria ai sensi dell’art. 39, comma 9, D.L. n. 98 del 2011 così come nel tempo modificato. Per quanto attiene, invece, alla scelta delle soluzioni organizzative più consone all’ente locale, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha evidenziato come tale decisione spetti esclusivamente ai comuni, potendo gli stessi fare riferimento, tra i tanti, all’ampio novero di soluzioni che sono state formulate nel 2016 dall’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale (IFEL) nel documento “La mediazione tributaria nella disciplina dei tributi locali” che, nel capitolo quinto, ha raccolto e fornito indicazioni e proposte di organizzazione fruibili nel caso di specie.
La delibera dell’Autorità
Per quanto sopra esposto, l’ANAC ha sancito che le aree “Gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio” e “Affari legali e contenzioso” “costituiscono significative aree di rischio corruttivo” e che l’istituto qui in esame è configurabile in quest’ultima area. Pertanto ha ribadito le indicazioni sui criteri di nomina del RPCT fornite nel PNA 2019-2021 per cui “il RPCT deve essere scelto possibilmente tra i dirigenti non assegnati a uffici che svolgono attività nei settori più esposti al rischio corruttivo”.
Quindi ha espresso il suo parere negativo perché il RPCT svolga funzioni relative all’istanza di riesame/mediazione tributaria in quanto rientrante in un’area considerata ad alto rischio corruttivo.

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