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Abusi edilizie e vincoli ambientale e paesistico: 4 condizioni per sanare l’opera
06/08/2020
 
Le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, possono essere sanate?
Abusi edilizie e vincoli ambientale e paesistico: la sentenza del Consiglio di Stato
Ha risposto a questa interessante domanda il Consiglio di Stato con la recentissima sentenza n. 4933 del 5 agosto 2020 con la quale ha rigettato il ricorso presentato per l’annullamento di una precedente decisione del Tribunale Amministrativo Regionale che aveva respinto il ricorso avverso l’ordinanza dell’Ufficio tecnico comunale di diniego di una richiesta sanatoria e il successivo ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, con la comminatoria, in caso di mancata demolizione, dell’acquisizione dell’area di sedime al patrimonio comunale.

Nel caso di specie il permesso di costruire in sanatoria era stato presentato relativamente ad alcune opere di restauro e risanamento conservativo realizzate nell’ambito di vani interni preesistenti all’edificio senza alcuna alterazione dello stato esteriore dei luoghi con la loro diversa utilizzazione.Abusi edilizie e vincoli ambientale e paesistico: il caso di specie

In particolare, i ricorrenti avevano:
  • acquistato un compendio immobiliare;
  • effettuato un intervento di restauro e risanamento;
  • presentato istanza di condono edilizio relativa all’esecuzione di opere di restauro e di risanamento conservativo realizzate nell’ambito di vani interni preesistenti all’edificio senza alcuna alterazione dello stato esteriore dei luoghi con la loro diversa utilizzazione nell’ambito della medesima categoria funzionale.
Successivamente i proprietari presentavano istanza di sanatoria per realizzare opere di restauro e risanamento conservativo all’interno di un vano preesistente venuto alla luce, nel pieno rispetto del preesistente stato esteriore dei luoghi, con la sola attribuzione allo stesso di una funzione abitativa, senza alcuna superfetazione del preesistente, lasciato inalterato anche con riferimento alle originarie altezze esterne ed interne.
In riferimento alla richiesta di condono, il Comune, rilevato che gli interventi edilizi ricadevano su un’area sottoposta a vincolo paesaggistico nonché la sussistenza, nella medesima area di un vincolo idrogeologico apposto con provvedimento risalente agli anni ’30, riteneva l’insussistenza dei presupposti per poter condonare l’intervento edilizio, trattandosi di nuova edificazione con aumento di volumetria eseguita senza titolo in zona sottoposta a vincolo, anche perché, all’esito di un sopralluogo era stata accertata la realizzazione di un ulteriore piano non presente nella documentazione di cui al rogito notarile di acquisto, ingiungendo quindi ai proprietari di ripristinare lo stato dei luoghi mediante demolizione delle opere abusive con i conseguenti ammonimenti in caso di inadempienza.
Abusi edilizie e vincoli ambientale e paesistico: le 4 condizioni per sanare l’opera
Rigettando il ricorso, i giudici del Consiglio di Stato ha ricordato un principio pacifico per cui ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del D.L. n. 269/2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili se ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
  1. le opere siano state realizzate prima dell’imposizione del vincolo;
  2. seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
  3. siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
  4. vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo stesso.
Fermo è anche il principio per cui non possono essere comunque sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque d’inedificabilità, anche relativa.
Ne consegue che la non presenza del vano oggetto di istanza di condono nella planimetria di cui al rogito di acquisto del diritto di proprietà del complesso, costituisce di per sé dimostrazione della non condonabilità dell’intervento edilizio in questione in ragione delle specifiche regole fissate dal legislatore con il condono del 2003.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
 

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