03/08/2020 – La riforma del danno erariale può essere un boomerang per i funzionari pubblici

La riforma del danno erariale può essere un boomerang per i funzionari pubblici
di Dario Di Maria 
27.07.2020
 
 
I funzionari potrebbero rispondere personalmente con il proprio patrimonio, anche in ipotesi che in passato sarebbero state coperte dalle polizze assicurative.
Com’è noto, il decreto semplificazioni ha riformato la responsabilità amministrativa, espungendo la colpa grave.
Infatti prima il dipendente pubblico doveva rispondere alla Corte dei Conti se causava un danno all’ente con colpa grave (non lieve) o dolo.
Per tale motivo tanti dipendenti pubblici, soprattutto chi rivestiva funzioni più importanti, stipulavano una polizza con le assicurazioni, per restare indenni in caso di condanna da parte della Corte dei Conti. Ovviamente le polizze assicuravano il ristoro solo nel caso di condanna per fatto commesso con colpa grave, non per dolo (per evidenti ragioni).
Spesso la Corte dei Conti non indagava più di tanto se il fatto era stato commesso con dolo (cioè con volontà cosciente di violare la legge) oppure con colpa grave, perchè spesso era ininfluente ai fini della condanna.
Ora, con la novella legislativa, la Corte dei Conti dovrà per forza di cose dimostrare il dolo, altrimenti non si configurerà il danno erariale.
Quindi ogni volta che vi sarà una condanna per danno erariale, il funzionario in ogni caso non potrà essere tenuto indenne da nessuna assicurazione, perchè appunto sarà dimostrato il dolo, e dovrà pagare personalmente con il proprio patrimonio.
Inoltre, la figura del dolo nell’ambito del giudizio contabile si differenzia notevolmente da quello penalistico e da quello dell’immaginario collettivo.
Nel comune sentire il dolo è un concetto che si avvicina molto alla “progettazione dell’illecito”: una persona immagina, progetta e realizza l’illecito, come ci hanno insegnato i romanzi “gialli”.
In ambito contabile, invece, il dolo è la volontà di violare la legge.
Quindi si possono immaginare due tendenze: la prima, sarà quella dei funzionari infedeli (pochi) che cercheranno in ogni caso di motivare gli atti anche in modo erroneo, per cercare di pre-costruirsi la “giustificazione” della colpa grave; la seconda, della Corte dei Conti, che cercherà di attrarre nell’alveo del dolo, cioè della cosciente violazione di legge, ogni comportamento, magari anche con argomentazioni come “non poteva non conoscere la legge per il ruolo rivestito” (p.es. Corte dei Conti, Terza Appello, sentenza n. 142/2019: “il Collegio ritiene che tale motivazione sia sufficiente ed adeguata a sostenere la conclusione dell’esistenza dei due elementi, nucleo del dolo, della consapevolezza ed intenzione della violazione: la conoscenza dell’obbligo di richiedere autorizzazione per attività ulteriori svolte in regime di esclusività è insita nelle ordinarie conoscenze professionali del convenuto, medico professionista in rapporto di dipendenza esclusiva dalla ASL, nelle condizioni sia personali che professionali adeguate a consentirgli anzi imporgli, come parte del proprio bagaglio di conoscenze professionali, la conoscenza ed il rispetto di tale norma“)
In effetti confligge con il senso comune l’ipotesi che un funzionario pubblico non conosca la legge che deve applicare, così come confligge con il senso di giustizia il fatto che un funzionario infedele possa trarre un vantaggio dalla propria ignoranza (vera o presunta).
Quindi il PM contabile non dovrà dimostrare, per esempio, la pre-ordinazione, un disegno criminoso, un accordo tra le parti, ma solamente che il funzionario conoscesse la legge, anche secondo un criterio probabilistico.
Già negli anni scorsi abbiamo assistito a cambiamenti della giurisprudenza su tematiche simili come reazione a mutamenti della legislazione, in una sorta di ping-pong tra legislatore e giudici.
Per esempio, il dl 543/1996 introdusse nel codice di giustizia contabile la c.d. “esimente politica”, cioè la previsione che “nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilita’ non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione”
Tale esimente negli anni più recenti è stata interpretata in modo molto restrittivo dalla Corte dei Conti, conducendo ad una quasi totale disapplicazione (cfr: https://iusmanagement.org/tag/esimente-politica/), tranne per casi che, a ben vedere, potevano essere ricondotti a ipotesi di colpa lieve, non configurandosi quindi, in ogni caso a prescindere dall’esimente politica, il danno erariale.
Quindi la Corte dei Conti potrebbe di fatto nell’interpretazione giurisprudenziale diminuire di molto l’impatto di tale riforma, attraendo gran parte delle ipotesi nell’alveo del dolo, con l’effetto, però, di rendere non operante l’eventuale polizza assicurativa stipulata dal funzionario.

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