28/11/2019 – Danno all’immagine per il vigile urbano che timbra anche per il suo comandante

Danno all’immagine per il vigile urbano che timbra anche per il suo comandante
di Giuseppe Nucci
 
a sentenza n. 315/2019 della Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte della Corte dei conti, tratta l’ennesimo episodio riferito ai “furbetti del cartellino”.
Il fatto

Un Agente della Polizia Municipale di un Comune veniva licenziato senza preavviso dopo l’emanazione, a suo carico, di un’ordinanza di misura coercitiva da parte del Gip presso il Tribunale e, successivamente, la condanna con il rito del patteggiamento.

In particolare, nel procedimento penale, era emerso che il Vigile urbano aveva utilizzato il badge magnetico del proprio Comandante, registrando fittiziamente, a favore di quest’ultimo, l’inizio e la fine di vari servizi, determinando remunerazioni non dovute da parte dell’Amministrazione.

Successivamente, con riferimento al solo vigile urbano, era risultato che lo stesso si era allontanato arbitrariamente e senza giustificato motivo dal luogo di lavoro per oltre un mese.

 
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FATTO
Con nota nr. 10816 del 20.10.2017 il Segretario Comunale di Villanova d’Asti (AT) segnalava, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 55 quater, comma 3 quater, del Decreto Legislativo nr. 165 del 2001 e successive modificazioni, la sospensione cautelare dal servizio per falsa attestazione della presenza sul posto di lavoro e la contestazione di violazione disciplinare ai fini dell’avvio del relativo procedimento, nei confronti dell’odierno convenuto, Agente della Polizia Municipale del suddetto Ente civico; il procedimento disciplinare in rassegna si concludeva con il licenziamento senza preavviso del dipendente.
Dalla documentazione acquisita dall’Ufficio Requirente, è emerso che il GIP presso il Tribunale di Asti ha emesso in data 11.10.2017 Ordinanza di applicazione di misura coercitiva a carico del nominato Ve., in relazione al procedimento penale nel quale risultavano indagati lo stesso Vigile urbano ed altro soggetto per il reato di cui agli articoli 81, 110 e 640, comma 2, nr. 1) del C.P., perché in concorso tra loro, il primo quale Agente ed il secondo quale Comandante della Polizia Municipale di Villanova d’Asti, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, procuravano a quest’ultimo l’ingiusto profitto pari alle ore di lavoro retribuite e non prestate con conseguente danno al Comune di Villanova d’Asti. Gli artifizi e raggiri della fattispecie penale contestata erano consistiti, come evidenziato nel suddetto provvedimento del GIP, nell’indebito utilizzo da parte del richiamato Ve., d’intesa con il proprio superiore, del badge magnetico di quest’ultimo per fare attestare a beneficio del predetto Comandante, contrariamente al vero, l’inizio e la fine del servizio e, quindi, indurre in errore l’Amministrazione comunale circa l’effettiva durata dell’attività prestata presso l’Ente locale, che così versava al medesimo remunerazioni non dovute. L’Ordinanza in parola si riferiva a plurimi episodi accertati in Villanova d’Asti nel periodo dal 03.10.2015 al 22.02.2017, anche attraverso strumenti di sorveglianza e registrazione degli accessi e delle presenze. Con specifico riferimento alla posizione del solo Ve., l’Ordinanza evidenziava che lo stesso si era allontanato arbitrariamente e senza giustificato motivo dal luogo di lavoro, traendo ingiusto profitto dalla descritta condotta quantificato nel periodo dal 24.01.2017 al 07.03.2017 in almeno Euro 269,48.
A fronte di specifica richiesta la Procura della Repubblica di Asti, con nota del 16.01.2018, comunicava che era stato notificato l’avviso ex articolo 415 bis del C.P.P., nonché avviso di deposito di attività integrativa di indagine; seguiva la definizione del procedimento penale da parte del suddetto Ve. mediante il rito speciale del patteggiamento, di cui alla Sentenza del Tribunale di Asti, Ufficio GIP, nr. 119/18 del 17.04.2018.
L’intera vicenda riceveva notevole risonanza mediatica, come risulta dagli articoli di stampa depositati dal Pubblico Ministero contabile.
Ravvisata, in merito ai fatti in trattazione, l’esistenza di profili di responsabilità amministrativa a carico del convenuto, sia per il danno patrimoniale corrispondente alle retribuzioni indebitamente percepite, sia per il danno all’immagine cagionato con la propria condotta illecita al Comune di Villanova d’Asti, a tenore del menzionato articolo 55 quater, comma 3 quater, del Decreto Legislativo nr. 165 del 2001, introdotto dall’articolo 1, comma 1, del Decreto Legislativo nr. 116 del 2016, la Procura Regionale ha emesso nei suoi confronti l’invito a dedurre, ai sensi dell’articolo 67 del Codice della giustizia contabile. Il citato Ve. presentava deduzioni scritte e chiedeva di essere sentito personalmente.
Le argomentazioni difensive formulate dal presunto responsabile nell’ambito della fase preprocessuale, tuttavia, non sono apparse idonee a superare i motivi dell’addebito.
Per quanto esposto in narrativa, l’Ufficio Requirente adottava consequenzialmente atto di citazione in giudizio in data 05.07.2018, con cui veniva contestato al predetto convenuto il danno patrimoniale sopra descritto di Euro 269,48 ed il danno all’immagine di Euro 5.863,14, pari alla retribuzione netta in godimento moltiplicata per sei mensilità, per un totale di Euro 6.132,62, oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giustizia.
Con comparsa depositata in data 29.10.2018, avvalendosi del ministero dell’Avvocato Ro. Ba., si è costituito in giudizio il suddetto convenuto, il quale, in via preliminare, ed acquisito il concorde parere del Pubblico Ministero contabile in data 25.10.2018, ha formulato istanza di definizione del giudizio con il rito abbreviato di cui all’articolo 130 C.G.C., mediante pagamento della somma di Euro 2.500,00, non superiore al 50% della pretesa risarcitoria rivendicata dall’Ufficio Requirente nell’atto di citazione.
In subordine, la difesa del convenuto, nel contestare in radice il fondamento della domanda attrice, ha eccepito la mancanza dell’elemento strutturale del danno patrimoniale e del danno all’immagine, nonché il difetto del requisito soggettivo contestato, precisando che il proprio assistito era costretto ad allontanarsi dal luogo di lavoro per esigenze di carattere sanitario e che timbrava al posto del suo Comandante dietro specifico ordine di quest’ultimo, ritenendo che il medesimo fosse comunque in servizio; ha chiesto, pertanto, la piena assoluzione del convenuto in quanto nessuna responsabilità può essere imputata allo stesso.
Questa Sezione Giurisdizionale, con Decreto nr. 25/2018 del 14.12.2018, ha accolto l’istanza di rito abbreviato, determinando la somma dovuta dal convenuto nella misura di Euro 2.500,00 e fissando contestualmente la Camera di consiglio del 21.02.2019 per l’accertamento in ordine all’avvenuto regolare e tempestivo versamento dell’importo in parola; tuttavia, successivamente alla comunicazione del menzionato Decreto al nominato Ve., non è pervenuta alcuna documentazione attestante il pagamento, ragion per cui il Collegio, nella stessa Camera di consiglio, ha disposto con Ordinanza a verbale la prosecuzione del giudizio con rito ordinario all’Udienza odierna.
In previsione del dibattimento il convenuto non ha depositato ulteriore memoria o documentazione a propria difesa.
Nel corso del suo intervento il Procuratore Regionale ha richiamato l’atto introduttivo e le sue conclusioni, chiedendo l’accoglimento integrale della domanda; al riguardo, ha evidenziato il dolo che connota il comportamento tenuto dal convenuto, il quale si è allontanato arbitrariamente e senza giustificato motivo dal luogo di lavoro, traendo ingiusto profitto dalla descritta condotta. Il Pubblico Ministero contabile, inoltre, ha censurato l’atteggiamento processuale del medesimo, che prima ha chiesto la definizione del giudizio con il rito abbreviato e poi, una volta accolta la relativa istanza dalla Sezione, non ha effettuato il pagamento dell’importo previsto nel Decreto all’uopo adottato senza addurre alcuna giustificazione.
L’Avvocato BARUFFALDI, dopo avere formulato esplicito rinvio alle censure prospettate nella memoria di costituzione, ha evidenziato che il proprio assistito, per un verso, è stato costretto ad assentarsi dal luogo di lavoro, peraltro in modo del tutto occasionale e non sistematico, esclusivamente per motivi di carattere sanitario, per altro verso, che le timbrature in sostituzione del Comandante erano giustificate dal rapporto gerarchico e che, comunque, il medesimo riteneva che il proprio responsabile si trovasse comunque in servizio, anche fuori dei locali del Comune.
Considerato in
DIRITTO
La domanda risarcitoria è fondata e deve essere accolta nella sua interezza.
Come si evince dall’esposizione dei fatti delineati in premessa, il giudizio sottoposto all’esame del Collegio riguarda, in sostanza, il danno all’immagine ed il danno patrimoniale che sarebbero stati cagionati dal convenuto al Comune di Villanova d’Asti, secondo la ricostruzione della Procura Regionale, in diretta connessione con la presunta condotta illecita, penalmente rilevante, posta in essere dal medesimo in qualità di Agente in servizio all’epoca dei fatti presso il locale Corpo di Polizia Municipale.
In merito alla contestazione formulata a carico del convenuto, la Sezione, prescindendo dal contegno processuale assolutamente contraddittorio serbato dal citato Ve., già stigmatizzato dal rappresentante dell’Ufficio Requirente durante il dibattimento, ritiene assolutamente persuasiva e convincente la tesi accusatoria prospettata dal Pubblico Ministero contabile nell’atto introduttivo. In tale visuale, giova prendere l’abbrivo da una considerazione di fondo, che abbraccia in modo diretto tutto il successivo ordito motivazionale: dagli atti versati nel fascicolo processuale si evince con ragionevole certezza che l’odierno convenuto ha effettivamente posto in essere la condotta illecita, penalmente rilevante, contestata dalla Procura Regionale nell’atto di citazione. A tal proposito, si stima utile richiamare i solidi, univoci e convergenti elementi probatori allegati dall’Ufficio Requirente, ai quali il Collegio formula espresso ed integrale rinvio, senza necessità di ripercorrerli nuovamente nella loro interezza (ex multis Cassazione, SS.UU., nr. 642 del 2015), con particolare riferimento alle molteplici risultanze rivenienti dal procedimento penale, tra cui principalmente la confessione resa all’Udienza del 10.04.2018, e dal connesso procedimento disciplinare; del resto, non è superfluo evidenziare, quale fattore dirimente ed assorbente, che nei confronti del nominato Ve. è stata pronunciata una Sentenza di “patteggiamento”, divenuta irrevocabile, in relazione alla quale la giurisprudenza assolutamente maggioritaria della Corte dei Conti, in linea con l’orientamento ormai assolutamente consolidato della Corte di Cassazione, ha costantemente affermato negli ultimi tempi il canone secondo cui alle suddette pronunce, rese ai sensi dell’articolo 444 del C.P.P., deve essere attribuito l’effetto di provare, nel processo contabile, l’illiceità dei fatti e la colpevolezza del presunto responsabile, che, di conseguenza, sarà tenuto a fornire gli elementi probatori necessari a discolparsi (ex multis Corte di Cassazione, SS.UU. Civili, Sentenza nr. 5756 del 2012, Corte dei Conti, I Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenze nr. 187 del 2003, nr. 149 del 2004, nr. 68 e nr. 109 del 2006, nr. 18 e nr. 809 del 2012, nr. 253 del 2014, II Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenza nr. 269 del 2010, Sezione Giurisdizionale d’Appello Sicilia, Sentenza nr. 103 del 2010, Sezione Giurisdizionale Umbria, Sentenza nr. 76 del 2008, Sezione Giurisdizionale Piemonte, Sentenza nr. 176 del 2011, Sezione Giurisdizionale Sicilia, Sentenza nr. 317 del 2014); sul punto, appare estremamente eloquente la massima delle Sentenze della Corte di legittimità, V Sezione civile, nr. 19251 del 2005, III Sezione civile, nr. 10847 del 2007 e nr. 6668 del 2011, e I Sezione Civile, nr. 16505 del 2019, dove il Collegio ha evidenziato che la Sentenza penale di applicazione della pena su richiesta delle parti costituisce indiscutibile elemento di prova per il Giudice di merito, il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il Giudice penale avrebbe prestato fede a tale ammissione, con il corollario che siffatto riconoscimento, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall’efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato dal Giudice per sostenere la colpevolezza, in altro giudizio, del soggetto nei confronti del quale la Sentenza di “patteggiamento” è stata pronunciata, anche in assenza di ulteriori riscontri “aliunde”, laddove la parte convenuta non sia stata in grado di dedurre elementi univoci ed inoppugnabili a propria discolpa.
D’altra parte, fermo restando che non possono trovare ingresso nel presente giudizio, poiché del tutto inconferenti, i motivi personali che hanno indotto il predetto convenuto a scegliere la via del patteggiamento nel procedimento penale, occorre sottolineare che il medesimo nella comparsa si è limitato a propugnare in astratto l’asserita esigenza di allontanarsi dal posto di lavoro per inderogabili motivi sanitari, senza tuttavia addurre alcun elemento concreto e decisivo a favore della propria tesi fondata sia sulla supposta sovrapposizione inconciliabile dei rispettivi orari, sia sull’assoluta impossibilità di assumere i necessari medicinali rimanendo all’interno del Comune, atto a dimostrare la completa infondatezza delle contestazioni sulla base di una plausibile ricostruzione diversa della fattispecie rispetto a quella suffragata dalla pronuncia penale; l’argomento invocato dal convenuto, peraltro, è stato chiaramente e direttamente confutato anche dagli accertamenti svolti dall’Amministrazione comunale ai fini del procedimento disciplinare, come correttamente dedotto dalla Procura Regionale nell’atto di citazione, i quali hanno escluso che le cure di cui abbisognava il nominato Ve. dovessero essere somministrate obbligatoriamente durante l’orario di lavoro e fuori dai locali della struttura comunale, non trascurando di considerare che, anche laddove si fosse manifestata realmente siffatta evenienza, il convenuto avrebbe dovuto preventivamente avvisare il Comando di appartenenza formalizzando le proprie richieste di assenza temporanea, nell’ottica di una successiva ed ineludibile compensazione all’interno della complessiva attività di servizio su base giornaliera o settimanale. Quanto ai recuperi di ore che il convenuto afferma di avere effettuato a vantaggio dell’Amministrazione, trattasi di deduzione apodittica, non assistita da alcuna prova, e, comunque, siffatta circostanza certamente non elimina o sminuisce il fatto illecito, penalmente rilevante, dell’allontanamento arbitrario dal luogo di lavoro.
In ordine alle motivazioni addotte per giustificare le timbrature in sostituzione del Comandante, le stesse, pur essendo siffatti avvenimenti non rilevanti nella prospettiva della quantificazione inerente alle due voci di pregiudizio contestate dalla Procura Regionale, non superano la soglia della manifesta infondatezza, sia perché appaiono del tutto inverosimili, dovendosi escludere con nettezza, alla luce degli atti versati nel fascicolo processuale, la buona fede del convenuto eccepita dalla difesa nella comparsa, anche in funzione della molteplicità delle azioni antigiuridiche compiute in tal senso durante un lungo arco temporale, e sia perché, in ogni caso, a tutto concedere alla tesi sostenuta dall’interessato, il rapporto gerarchico giammai può costituire uno scudo postumo invocato dal dipendente per scriminare la realizzazione di condotte palesemente ed apertamente illecite, atteso che le richieste provenienti dal proprio responsabile, assolutamente anomale e contrarie alla Legge, integranti peraltro fatti penalmente rilevanti, avrebbero dovuto essere ricusate con decisione e senza tentennamenti dal suddetto Ve., che, in qualità di Agente della Polizia Municipale, da un lato, non poteva certo ignorare le rigide disposizioni in materia di timbratura le quali per nessun motivo consentono la sostituzione di persona, dall’altro, avrebbe dovuto denunciare senza indugio agli Organi competenti l’ordine manifestamente illecito impartito in più occasioni dal proprio superiore.
I fatti di assenza arbitraria ed ingiustificata in precedenza descritti che coinvolgono esclusivamente il convenuto, i quali si collocano temporalmente nei primi mesi dell’anno 2017, originano automaticamente e senza necessità di ulteriori riscontri da parte del Collegio, per espressa previsione delle disposizioni contemplate dal TUPI, nell’ottica della relativa sussistenza delle due voci di pregiudizio in rassegna, sia la posta di danno patrimoniale che quella di danno all’immagine.
Pacifico evidentemente l’elemento soggettivo del dolo ed il nesso causale, questi Giudici reputano assolutamente corretta la quantificazione delle suddette voci di nocumento operata dall’Ufficio Requirente. Per quanto riguarda il danno patrimoniale, pari ad Euro 269,48, corrispondente alla retribuzione indebitamente percepita dal convenuto, soccorrono i dati analitici delle ore di assenza dal servizio rilevate, rivenienti dalle indagini afferenti al procedimento penale e dalle puntuali verifiche interne svolte dal Comune di Villanova d’Asti. Con riferimento al danno all’immagine, pari ad Euro 5.863,14, nell’ipotesi di cui all’articolo 55 quater, comma 3 quater, del Decreto Legislativo nr. 165 del 2001, introdotto dall’articolo 1, comma 1, del Decreto Legislativo nr. 116 del 2016, che si staglia nella presente fattispecie, ossia una figura peculiare di danno all’immagine tipizzata, correlata alla falsa attestazione della presenza in servizio, prioritariamente finalizzata a contrastare in maniera efficace il fenomeno dell’assenteismo e della scarsa produttività sui luoghi di lavoro, è lo stesso legislatore che ha effettuato in via diretta la relativa liquidazione minima, oggetto della contestazione mossa dal Pubblico Ministero contabile nell’atto introduttivo, commisurandola almeno alla retribuzione netta in godimento dal dipendente moltiplicata per sei mensilità.
Per tutto quanto precede, la Sezione condanna Mario Ve. al pagamento in favore del Comune di Villanova d’Asti per l’importo di Euro 6.132,62, oltre alla rivalutazione monetaria dal momento di consumazione del danno, identificato dalla data del 24.01.2017, sino alla pubblicazione della presente Sentenza ed agli interessi legali calcolati dalla pubblicazione della Sentenza sino al soddisfo.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza del convenuto e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando,
CONDANNA
Mario Ve. al pagamento in favore del Comune di Villanova d’Asti per l’importo di Euro 6.132,62, oltre alla rivalutazione monetaria dal 24 gennaio 2017 sino alla pubblicazione della presente Sentenza ed agli interessi legali calcolati dalla pubblicazione della Sentenza sino al soddisfo.
Le spese di giudizio, computate in Euro 444,75 (QUATTROCENTOQUARANTAQUATTRO/75), seguono la soccombenza del convenuto e devono essere liquidate a favore dell’erario dello Stato.
Così deciso in Torino, nella Camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019 con l’intervento dei Magistrati:

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