25/11/2019 – Sulla natura giuridica dei vincoli apposti sulle aree private dal Piano Regolatore Generale

Sulla natura giuridica dei vincoli apposti sulle aree private dal Piano Regolatore Generale
di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Il Consiglio di Stato – adito per la riforma della sentenza del T.A.R. Sardegna, sez. II, 12 aprile 2011, n. 338 resa in tema di variante ad un piano regolatore generale – si sofferma (tra l’altro) sulla distinzione che intercorre tra vincoli espropriativi, da un lato, e vincoli conformativi, dall’altro.
Com’è noto il tema della natura dei vincoli apposti sulle aree private dal P.RG., e dei loro conseguenti effetti in termini di efficacia temporale, è tra quelli più dibattuti in dottrina come in giurisprudenza e viene unanimemente risolto muovendo dalla distinzione tra vincoli espropriativi, la cui durata non può superare il quinquennio, e vincoli conformativi le cui prescrizioni hanno efficacia a tempo indeterminato.
L’orientamento della giurisprudenza sia amministrativa che civile (da ultimo: T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 31 gennaio 2019, n. 469Cass. civ., sez. I, 26 settembre 2016, n. 18843) sul punto muove dalla norma di cui all’art. 42 Cost. che prevede per la proprietà, separatamente, «limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti» (comma II) e la possibilità di essere «nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale» (comma III).
Ne consegue che mentre i vincoli espropriativi sono assoggettati a scadenza quinquennale, concernono beni determinati, in funzione della allocazione precisa di un’opera pubblica (la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata), i vincoli conformativi, da parte loro, piegano il contenuto della proprietà privata al perseguimento di obiettivi di interesse generale (si pensi al vincolo di inedificabilità, di rispetto, a zona agricola di pregio …).
In base ai criteri elaborati dalla giurisprudenza formatasi in relazione all’art. 2L. n. 1187/1968, i vincoli di piano regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza quinquennale, sono soltanto quelli che incidono su beni determinati, che sono preordinati all’espropriazione ovvero che hanno carattere sostanzialmente espropriativo, tali da determinare l’inedificabilità dei beni colpiti e, dunque, lo svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero da diminuirne in modo significativo il valore di scambio (ex plurimis: Cons. Stato, sez. V, 3 gennaio 2001, n. 3Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 2004, n. 745), con conseguente violazione sostanziale del terzo comma dell’art. 42 Cost..
Tali indicazioni possono valere anche con riferimento all’attuale sistema, che, con l’art. 9D.P.R. n. 327/2001 (entrato in vigore il 30 giugno 2003) ha soltanto esplicitato con una diversa terminologia la regola della durata quinquennale, disciplinando espressamente gli istituti della decadenza e della reiterazione.
Invece, la previsione di una determinata tipologia urbanistica non configurante né un vincolo preordinato all’espropriazione né l’inedificabilità assoluta, essendo una prescrizione diretta a regolare concretamente l’attività edilizia, inerisce alla potestà conformativa propria dello strumento urbanistico generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come espressamente stabilito dall’art. 11L. n. 1150/1942 (Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2001, n. 3797; Cons. giust. amm. Sicilia, 22 novembre 2012, n. 1035T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 23 giugno 2017, n. 3436).
In tal caso vengono in rilievo vincoli di tipo conformativo, i quali si sostanziano normalmente in limiti, non ablatori, e relative norme tecniche aventi a oggetto l’altezza, la cubatura, la superficie coperta, le distanze, che, avendo tali caratteristiche, sfuggono allo schema ablatorio e alle connesse garanzie per il privato.
Si è così precisato: «il carattere conformativo del vincolo … non dipende dalla sola collocazione nello strumento urbanistico, ma anche dai suoi requisiti oggettivi, per natura e struttura, ricorrendo in particolare tale carattere giacché lo stesso è inquadrabile nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche» (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 25 febbraio 2019, n. 548).
Da tale quadro di riferimento deriva che la destinazione impressa dalla P.A. di impedire forme di edificazione, avendo l’area di riferimento «valenza ambientale», non comporta – secondo quanto affermato dall’adito Collegio di Palazzo Spada nella decisione qui in esame – una espropriazione, né tantomeno una intollerabile compressione del diritto di proprietà corrispondente all’ablazione del medesimo.
E così la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive, e a verde pubblico, ecc. data dal piano regolatore ad aree di proprietà privata non comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione, effettuata dallo strumento urbanistico, che definisce i caratteri generali dell’edificabilità in ciascuna delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale.
Si è osservato ancora in giurisprudenza:
– «La destinazione a zona pubblica per attrezzature di pubblico interesse, in virtù della realizzabilità anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, non è sussumibile nello schema ablatorio, ma nella tipologia dei vincoli urbanistici di tipo conformativo, che non pongono particolari limitazioni alle facoltà del proprietario e che sono riconducibili alla previsione del secondo comma dell’art. 42, Cost.; conseguentemente, tale destinazione di zona ha validità a tempo indeterminato» (Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2011, n. 3797);
– «gli strumenti dedicati all’attuazione della pianificazione urbanistica si distinguono tra vincoli espropriativi e vincoli conformativi – secondo una linea di discrimine che ha un preciso fondamento costituzionale alla stregua dell’art. 42 Cost. il quale disciplina separatamente l’espropriazione, al terzo comma, e i limiti che la legge può imporre alla proprietà al fine di assicurarne la funzione sociale, al secondo comma. I vincoli espropriativi, soggetti alla scadenza quinquennale, concernono beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può, quindi, coesistere con la proprietà privata. Di converso, per giurisprudenza consolidata, non può invece attribuirsi carattere ablatorio ai vincoli che regolano la proprietà privata finalizzandola al perseguimento di obiettivi di interesse generale, quali il vincolo di inedificabilità che consegue alla destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dal piano regolatore ad aree di proprietà privata, che comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo conformativo funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione del territorio urbano» (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 3 luglio 2017, n. 895);
– «”i vincoli apposti dal Comune in sede di piano regolatore generale ai fini della zonizzazione delle aree hanno natura conformativa e non espropriativa; in particolare, il vincolo di destinazione urbanistica “zona attrezzature di interesse pubblico” impresso ad un’area dal piano regolatore generale non ha natura sostanzialmente espropriativa tale da comportarne la decadenza quinquennale, bensì costituisce un vincolo conformativo con validità a tempo indeterminato e senza obbligo di indennizzo in quanto le attrezzature in questione (…) sono realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato e non dal solo intervento pubblico; più in generale, non hanno carattere espropriativo, ma soltanto conformativo, e perciò non sono soggetti a decadenza e all’obbligo di indennizzo, i vincoli di inedificabilità imposti dal piano regolatore, a qualsivoglia titolo, per ragioni lato sensu ambientali, fra i quali rientra il vincolo di inedificabilità (c.d. di rispetto) a tutela di una strada esistente, il vincolo di verde attrezzato, il vincolo di inedificabilità per un parco e per una zona agricola di pregio, la destinazione a verde e così via”» (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 5 luglio 2018, n. 1419).

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