13/11/2019 – Approvazione del verbale della seduta del consiglio comunale. Richiesta di rettifica del verbale

Approvazione del verbale della seduta del consiglio comunale. Richiesta di rettifica del verbale
 
Oggetto
Approvazione del verbale della seduta del consiglio comunale. Richiesta di rettifica del verbale.
Massima
Nel verbale della seduta del consiglio comunale non tutti gli atti o fatti devono essere necessariamente documentati ma solo quelli che, secondo un criterio di ragionevole individuazione, assumono rilevanza proprio in relazione alle finalità cui l’attività di verbalizzazione è preposta. La dottrina prevalente afferma che le frasi offensive o ingiuriose devono essere omesse dal verbale. Altro orientamento afferma, invece, la sussistenza non già di un obbligo ma di una mera facoltà in capo al segretario di omissione delle frasi offensive o ingiuriose, salvo che non gliene sia fatto esplicito obbligo.
Funzionario istruttore
BARBARA RIBIS

barbara.ribis@regione.fvg.it

Parere espresso da
Servizio elettorale, Consiglio delle autonomie locali e supporto giuridico agli enti locali
Testo completo del parere
Il Comune chiede un parere in merito ad una richiesta di rettifica del verbale di una seduta del consiglio comunale, nel quale il segretario comunale non aveva inserito alcune frasi ritenute offensive ed ingiuriose.

Più in particolare riferisce che, nel corso della seduta consiliare successiva, in relazione al punto dell’ordine del giorno avente ad oggetto “approvazione verbali seduta precedente”, un gruppo consiliare ha presentato per iscritto una richiesta di rettifica dello stesso chiedendo l’inserimento di alcune precisazioni riguardanti una discussione verificatasi tra il sindaco e un consigliere comunale nel corso della seduta di consiglio, con reciproca richiesta di verbalizzazione di frasi ritenute sconvenienti ed offensive; in particolare in tale occasione il consigliere comunale aveva rivolto una richiesta orale al segretario di verbalizzare l’affermazione pronunciata nei suoi confronti “per fatto personale ai sensi art. 45 del vigente Regolamento Consiglio Comunale[1], trattandosi di una frase offensiva”. Nel verbale il segretario comunale aveva dato atto che “la finalità del verbale sia quella di restituire, a futura memoria, i fatti salienti verificatisi nel corso della seduta, fatti cioè di interesse per la Comunità di […], e di garantire, nel contempo, il controllo sulla corretta formazione della volontà collegiale, senza che sussista alcun obbligo, in capo a costui, di rendere una minuziosa descrizione delle singole attività compiute o delle singole opinioni espresse e di verbalizzare allusioni ovvero frasi ritenute sconvenienti o offensive”. In conseguenza di un tanto nel verbale non erano state riportate le parole oltraggiose pronunciate nel corso dell’adunanza consiliare.

Di qui la richiesta di rettifica avanzata dal gruppo di minoranza, cui appartiene il consigliere in riferimento, la quale è stata sottoposta alla decisione del consiglio comunale il quale ha disposto “il non accoglimento della richiesta di rettifica/integrazione al verbale presentata dal Consigliere XX, ritenendo completo ed esaustivo il verbale così come redatto dal segretario comunale”.

In via preliminare si ricorda che il verbale è un documento dotato di pubblica fede descrittivo di atti o fatti compiuti alla presenza di un soggetto verbalizzante appositamente incaricato.[2]

Come affermato da certa dottrina[3] il verbale della seduta di un organo collegiale “rappresenta la «memoria» di quanto è accaduto e documenta i fatti salienti della seduta, affinché i fatti in essa avvenuti possano essere successivamente documentati”.

Anche la giurisprudenza, intervenuta sull’argomento, ha affermato che: “Il verbale ha l’onere di attestare il compimento dei fatti svoltisi al fine di verificare il corretto iter di formazione della volontà collegiale e di permettere il controllo delle attività svolte, non avendo al riguardo alcuna rilevanza l’eventuale difetto di una minuziosa descrizione delle singole attività compiute o delle singole opinioni espresse.”[4]

Pertanto, non tutti gli atti o fatti devono essere necessariamente documentati nel verbale, ma solo quelli che, secondo un criterio di ragionevole individuazione, assumono rilevanza proprio in relazione alle finalità cui l’attività di verbalizzazione è preposta.

Con specifico riferimento all’obbligo o meno del segretario di verbalizzazione di frasi ingiuriose, si osserva come la dottrina prevalente[5] afferma che esse debbano essere omesse dal verbale. In tal senso, in un parere dell’ANCI si legge che: “Eventuali ingiurie, allusioni o dichiarazioni offensive o diffamatorie non debbono essere riportate a verbale ed il Segretario comunale provvede ad escluderle”.[6]

Per completezza espositiva, si segnala l’orientamento di certa dottrina la quale afferma la sussistenza non già di un obbligo ma di una mera facoltà in capo al segretario di omissione delle frasi offensive o ingiuriose. In tale senso è stato affermato che “avendo il segretario l’obbligo di inserire a verbale solo i punti essenziali della discussione, si può ritenere che il segretario stesso abbia la facoltà di evitarne la riproduzione, salvo che non gliene sia fatto esplicito obbligo”.[7]

Le considerazioni sopra espresse – anche alla luce della dottrina da ultimo citata, la quale ritiene che il segretario comunale debba procedere alla verbalizzazione delle parole offensive “se gliene sia fatto esplicito obbligo” – devono essere lette alla luce delle previsioni contenute al riguardo nel regolamento del consiglio comunale.

In particolare, l’articolo 40 dello stesso recita:

“1. Dichiarata aperta la seduta il presidente, a mezzo del Segretario, dà lettura dei verbali della seduta precedente.

2. Sul processo verbale non è concessa la parola se non a chi vi intende far inserire una rettifica oppure per fatto personale senza entrare nel merito della discussione.

3. Si intende per rettifica una richiesta di modifica di una parola o di brevi concetti che il verbalizzante può avere male interpretato o riportato. Non è possibile far inserire nuovi concetti che si assume di avere detto se non previa approvazione mediante votazione del Consiglio Comunale, previa dettatura da parte del Consigliere interessato del nuovo intervento da inserire a verbale”.

In via preliminare si ricorda che l’interpretazione delle norme contenute nel regolamento del consiglio comunale compete unicamente all’organo che tali norme si è dato; di conseguenza chi scrive esprime in via meramente collaborativa alcune considerazioni giuridiche che possano essere di ausilio all’Ente nella soluzione della questione posta, ferma rimanendo l’autonomia dell’organo consiliare nell’interpretazione delle proprie norme.

Fermo l’orientamento della dottrina che ritiene non si debbano mai riportare le frasi offensive od oltraggiose, quanto all’ulteriore filone dottrinario, secondo il quale il segretario sarebbe tenuto alla verbalizzazione delle frasi offensive qualora sia rinvenibile un espresso obbligo di verbalizzazione delle stesse, dall’analisi dell’articolo 40, comma 3, del regolamento sul funzionamento del consiglio parrebbe potersi desumere la sussistenza di tale obbligo di verbalizzazione qualora il consiglio comunale deliberi in tal senso. Nel caso in esame, invece, l’organo consiliare si è espresso in senso contrario alla rettifica/integrazione al verbale, ritenendo completa ed esaustiva la sua redazione come effettuata dal segretario comunale.

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[1] L’articolo 45 del regolamento del consiglio comunale recita:

“1. È fatto personale l’essere intaccato nella propria condotta o il sentirsi attribuire opinioni contrarie a quelle espresse.

2. Chi chiede la parola del fatto personale, deve indicare in che cosa questo consista ed il Presidente decide se il richiedente abbia o meno diritto di parlare”.

[2] Così, R. Nobile, “Verbalizzazione e verbali delle sedute degli organi e degli organismi collegiali negli enti locali”, in La Gazzetta degli enti locali, 2015.

[3] I. Tricomi, Prontuario degli Enti Locali, 2003, pag. 380.

[4] Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 25 luglio 2001, n. 4074. Nello stesso senso, Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza del 2 marzo 2001, n. 1189 e T.A.R. Lazio – Roma, sez. I, sentenza del 12 marzo 2001, n. 1835. In questo senso si veda, anche il parere del Ministero dell’Interno del 20 gennaio 2015.

[5] Si veda, c. Polidori, “Verbali e organi collegiali nelle pubbliche amministrazioni”, Trieste, 2012, pag. 195.

[6] ANCI, parere del 18 dicembre 2007.

[7] A. R., “Consiglio comunale – verbale delle adunanze – contenuto – redazione dei processi verbali”, in L’Amministrazione italiana, n. 11/1999.

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