29/03/2019 – Il premio di impatto ai dirigenti conferma l’incapacità di valutare il merito

Il premio di impatto ai dirigenti conferma l’incapacità di valutare il merito

Mentre il Comitato di settore del Comparto Funzioni locali si crogiola nel gioco del piccolo manager, dando all’Aran l’indicazione di premiare i dirigenti pubblici col premio di “impatto”, ad esempio legato al Pil regionale, il Centro studi di Confindustria certifica che per il 2019 il Pil italiano sarà prossimo allo zero.

Ora, che i dirigenti pubblici vadano valutati non certamente per il famoso numero delle riunioni svolte, ma per la capacità di organizzare i servizi e renderli efficacemente ai cittadini, non v’è dubbio.

Ma, se un Governo decide liberamente, nell’esercizio della sua discrezionalità politica, di realizzare politiche economiche il cui risultato – ampiamente prevedibile – è un freno all’economia, quale potrebbe essere la responsabilità, poniamo, di un dirigente dei servizi sociali di un comune?

Connettere quota parte degli incentivi dei dipendenti pubblici in generale, e dei dirigenti come immagina il Comitato di settore, ad ordini di grandezze che sfuggono completamente al loro controllo non ha all’evidenza nessun senso.

O, meglio, potrebbe averne se invece di sparare nel mucchio, chi decide norme e contratti avesse la capacità di selezionare.

C’è, a ben vedere, una dirigenza che potrebbe e, forse, dovrebbe essere chiamata a rispondere, con premi o con sanzioni, per l’impatto delle politiche.

E’ quella dirigenza che, secondo la Consulta, può legittimamente essere soggetta allo spoil system, perchè lavora fianco a fianco coi decisori politici ed è da questi scelta in ragione della personale adesione proprio all’orientamento politico della maggioranza.

Tra questi dirigenti vi sono i tecnici che, senza nulla obiettare elaborano i programmi e scrivono le regole di quelle politiche economiche che magari producono il fermo dell’economia; e magari, sempre tra costoro, vi sono i “tecnici” che queste misure teorizzano e suggeriscono alla politica, che poi le fa proprie.

Se proprio un premio di impatto si intenda istituire, sarebbe il caso di indirizzarlo a questa tipologia di dirigenza. Di recente, un segretario comunale di una grande città è andato in pensione, ma resterà per un anno gratuitamente come direttore generale e in questo ruolo ha annunciato di assumersi l’impegno di “attrarre stat up” e quindi agire direttamente sull’economia.

Chiunque pensi di svolgere la funzione dirigenziale non mediante l’attuazione gestionale delle politiche decise dagli organi di governo, bensì assumendo un ruolo realmente politico, può e forse deve accettare la sfida dell’ “impatto” delle azioni che suggerisce ed elabora in unicum con l’organo di governo di cui condivide azione ed indirizzo.

Meglio sarebbe se, come rilevato prima, questo tipo di dirigenza fosse anche chiamata a rispondere dei risultati talora disastrosi del cosiddetto “impatto”: ad esempio, i tecnici che hanno suggerito, pensato, elaborato, scritto ed attuato il disastro assoluto della riforma delle province, hanno ricevuto un premio? Sarebbe corretto che, se fosse stato in vigore, lo avessero ottenuto perchè negli anni di attuazione di quella scellerata riforma comunque il Pil cresceva, sia pur di poco e certamente nonostante quella legge devastante?

Uscite come quella del premio di impatto, prive di un’analisi approfondita delle condizioni per poterlo programmare, gestire e della sua estensibilità soggettiva lasciano capire come, ancora, la valutazione nella pubblica amministrazione resta una sconosciuta che non si ha nessuna intenzione di conoscere.

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