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L’effetto combinato delle due recenti sentenze della Consulta esclude l’obbligo di pubblicazione 

Segretari, niente redditi online

Non sono assimilabili ai dirigenti statali di prima fascia

di Luigi Oliveri

I segretari comunali non sono obbligati alla pubblicazione dei dati patrimoniali, previsti dall’articolo 14, comma 1, lettera f), del dlgs 33/2013.

La sentenza della Corte costituzionale 20/2019 ha accolto come è noto la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tar Lazio, sottolineando che la pubblicazione dei dati patrimoniali per i dirigenti è un dato eccessivo e non coerente, visto che i dirigenti non derivano la loro funzione da un rapporto di mandato elettorale e fiduciario con i cittadini, a differenza degli organi di governo. I quali, invece, restano tenuti alla pubblicazione dei dati, considerato l’interesse generale degli elettori alla verifica dell’andamento dei loro patrimoni in costanza di mandato.

La sentenza 20/2019 della Consulta (si veda ItaliaOggi del 22/2/2019), tuttavia, ritiene che a tale regime di particolare pubblicità non si sottraggono i dirigenti di prima fascia, quelli cioè incaricati dai ministri sulla base di un particolare rapporto di fiducia. Si tratta nella sostanza dei dirigenti di massimo vertice, poche centinaia, incaricati ai sensi dell’articolo 19, commi 3 e 4, del dlgs 165/2001, i quali, come ha stabilito sempre la Consulta nella folta giurisprudenza conseguente alle sentenze 103 e 104 del 2017, non sono nemmeno tutelati dallo spoils system. Infatti, l’incarico fiduciario a questi pochi altissimi vertici amministrativi dello Stato si fonda da un’esplicita «personale adesione» all’orientamento politico del governo, tale da rendere opportuno anche per essi il particolare grado di pubblicità previsto per gli organi di governo. La Consulta con la sentenza 23/2019 ha anche considerato legittimo lo spoils system per i segretari comunali. Ci si potrebbe, allora, chiedere se questi vadano assimilati alla disciplina dei massimi dirigenti dello Stato, ai fini della pubblicità dei patrimoni. La risposta è negativa. La stessa sentenza 23/2019 considera la figura del segretario comunale come ibrida: convivono funzioni di garanzia della legittimità, di collaborazione stretta con gli organi di governo locali e gestionali. Soprattutto, chiarisce la Corte, per quanto vi siano tracce di fiduciarietà, per il loro incarico, comunque sorretto da una procedura para selettiva dall’albo nazionale, non è richiesta l’adesione personale al programma politico del sindaco. La sentenza 23/2019 non giunge alla conclusione che tra i vari elementi che costituiscono la particolare qualità di figura ibrida del segretario prevalga quello del rapporto di stretta collaborazione con l’organo di governo. I dirigenti di massimo vertice statale giungono fino a contribuire direttamente alla formazione dell’indirizzo politico; i segretari, afferma la sentenza 23/2019, possono al più influenzare indirettamente alcune decisioni degli organi di governo, esercitando il proprio potere di proposta tecnica. Dunque, non vi sono motivi per assimilare i segretari comunali ai dirigenti di prima fascia. Ne consegue che i segretari non sono soggetti alla pubblicazione degli elementi patrimoniali richiesti dalla normativa.

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