27/05/2019 – Il Tar Calabria si pronuncia sulla ultrattività del rito “super speciale” negli appalti

Il Tar Calabria si pronuncia sulla ultrattività del rito “super speciale” negli appalti

di Amedeo Di Filippo – Dirigente comunale
Un operatore economico ricorre per l’annullamento della esclusione da un appalto di lavori, effettuata a ragione del fatto che i legali rappresentanti non avevano indicato, nelle dichiarazioni presentate, l’esistenza di condanne penali definitive, risultanti dal casellario giudiziale. Eccepisce che i reati per i quali i rappresentanti legali sono stati condannati non rientrano tra quelli indicati dall’art. 80 del Codice dei contratti e che l’amministrazione ha omesso ogni valutazione circa l’effettivo possesso dei requisiti professionali e morali richiesti.
Nel merito, il Tar Calabria respinge il ricorso in quanto il bando di gara non si è limitato a richiedere ai concorrenti l’indicazione dei soli reati ostativi espressamente richiamati dall’art. 80, comma 1, ma ha preteso anche l’indicazione di qualsiasi altro reato. Clausola che i giudici reputano ragionevole perché permette alla stazione appaltante di verificare se i concorrenti siano o meno professionalmente affidabili e quindi meritevoli di partecipare alla gara, onde tutelare apprezzabili interessi pubblici immanenti nelle procedure selettive, quali la celerità e la speditezza procedimentale.
La giurisprudenza amministrativa ha infatti affermato che nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate (sempreché per le stesse non sia già intervenuta una formale riabilitazione), anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nel Codice, può giustificare senz’altro l’esclusione dalla gara, traducendosi in un impedimento per la stazione appaltante di valutarne la gravità.
Il Tar dunque ritiene che del tutto correttamente la stazione appaltante abbia fatto derivare ex art. 80 comma 5, lett. f-bis), quale atto vincolato, la sanzione escludente dalla violazione della lex specialis perché la lettura delle clausole del bando rendeva evidente, oltre ogni ragionevole dubbio, che le dichiarazioni richieste ai concorrenti concernessero tutti gli ambiti di rilievo penale, fossero o meno quelli ricompresi nell’art. 80, comma 1, del Codice.
Il rito
Nulla di particolarmente nuovo, dunque, per quanto riguarda il merito della sentenza, che però si caratterizza per le indicazioni relative al processo amministrativo in combinato con le modifiche recentemente introdotte al Codice dei contratti da parte del D.L. “sblocca-cantieri” n. 32 del 2019, in via di conversione.
Afferma il Tar che la controversia continua ad essere regolata dall’art. 120, comma 2-bis, del Codice del processo amministrativo (c.p.a., approvato col D.Lgs. n. 104 del 2010), nonostante quest’ultima disposizione sia stata abrogata dall’art. 1, comma 4, D.L. n. 32 del 2019, entrato in vigore lo stesso giorno del deposito del ricorso (19 aprile 2019) ma validamente notificato in data anteriore (12 aprile).
La disposizione dello “sblocca-cantieri” infatti determina la soppressione del rito “super speciale” introdotto dall’art. 204D.Lgs. n. 50 del 2016, residuando così all’attualità, all’art. 120 c.p.a., soltanto il rito “speciale” appalti, introdotto con l’entrata in vigore del c.p.a.
Il comma 2-bis dell’art. 120 prevede che il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali vada impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.
Il comma 6-bis poi prevede che in questi casi il giudizio venga definito in una camera di consiglio da tenersi entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente. Su richiesta delle parti il ricorso è definito, negli stessi termini, in udienza pubblica. Il decreto di fissazione dell’udienza è comunicato alle parti quindici giorni prima dell’udienza. Le parti possono produrre documenti fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a sei giorni liberi e presentare repliche ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista della camera di consiglio, fino a tre giorni liberi prima.
La camera di consiglio o l’udienza possono essere rinviate solo in caso di esigenze istruttorie, per integrare il contraddittorio, per proporre motivi aggiunti o ricorso incidentale. L’ordinanza istruttoria fissa per il deposito dl documenti un termine non superiore a tre giorni decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della stessa. La nuova camera di consiglio deve essere fissata non oltre quindici giorni. Non può essere disposta la cancellazione della causa dal ruolo. L’appello deve essere proposto entro trenta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della sentenza e non trova applicazione il termine lungo decorrente dalla sua pubblicazione.
La decorrenza
Il fatto è che l’art. 1, comma 5, D.L. n. 32 del 2019 stabilisce che le disposizioni di cui al comma 4 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore del decreto e detto comma, alla lett. a), contiene l’abrogazione dei commi 2-bis e 6-bis del c.p.a. Il riferimento temporale assunto dal legislatore non è la pubblicazione del bando di gara o la spedizione dell’invito ovvero il momento dell’avvio della procedura di affidamento, bensì l’inizio del processo.
Secondo il Tar, il momento genetico deve essere visto con l’ottica di chi agisce in giudizio ovvero di chi ha “iniziato” il processo, identificandolo con quello in cui il ricorso introduttivo sia stato notificato (e non depositato) dopo il 19 aprile 2019, per due motivi.
Il primo deriva dagli effetti sostanziali e processuali scaturenti dalla notifica del ricorso introduttivo, ossia la scelta del rito e la fissazione dell’udienza in camera di consiglio per l’eventuale trattazione della domanda cautelare nei termini dimezzati ex art. 119 c.p.a. decorrenti dalla data della notifica del ricorso. Il secondo è che in materia di appalti pubblici il momento della notifica del ricorso introduttivo, più che quello del suo deposito, risponde espressamente ad irrinunciabili esigenze di certezza sostanziale e di speditezza procedimentale.
Il riferimento assunto dai giudici amministrativi è la regola dello stand still “processuale” di cui all’art. 32, comma 11, D.Lgs. n. 50 del 2016, in cui il divieto per la stazione appaltante di stipulare il contratto di appalto in pendenza di un ricorso giurisdizionale proposto avverso l’aggiudicazione definitiva scatta proprio dal momento della notifica.

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