26/07/2019 – Legittima la decisione dell’ente di sopprimere la posizione dirigenziale con un funzionario apicale, mediante dichiarazione di eccedenza

Legittima la decisione dell’ente di sopprimere la posizione dirigenziale con un funzionario apicale, mediante dichiarazione di eccedenza

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
Un ente di non grandi dimensioni dopo aver istituito l’unico posto dirigenziale nel settore tecnico ed assunto il relativo dirigente, passati circa nove anni decideva, con atto di riorganizzazione, di eliminare il posto dirigenziale ed attribuire le medesime funzioni ad un funzionario di livello D e ciò in considerazione del modesto numero di abitanti, di alcune criticità nella gestione dei territori, della possibilità di associare i servizi con altri Comuni e del risparmio di spesa che ne sarebbe derivato. Essendo stata, pertanto, eliminata dalla dotazione organica la posizione dirigenziale, l’ente procedeva a dichiarare l’eccedenza del posto ai sensi dell’art. 33D.Lgs. n. 165 del 2001. Avverso questa decisione ricorreva il dirigente innanzi il giudice del lavoro, che rigettava la giurisdizione amministrativa opposta dal Comune, competenza che veniva confermata anche dalla Corte di appello. Nel merito, anche i giudici di appello rigettavano la domanda di riammissione in servizio del dirigente e di condanna alle differenze patrimoniali ed al risarcimento dei danni. Nel merito la Corte di appello, pur prendendo atto del cambiamento di politica organizzativa operata dal Comune, che però, nonostante fossero emersi elementi di incongruità, riteneva non essere censurabile, dovendosi considerare legittima la scelta di sopprimere una posizione dirigenziale al fine di realizzare un seppur modesto risparmio di spesa.
Il dirigente ha, quindi, proposto ricorso in Cassazione in considerazione della violazione, a suo dire, dell’art. 33D.Lgs. n. 165 del 2001sostenendo che l’essersi dichiarato eccedente un lavoratore, allorquando per lo svolgimento delle corrispondenti mansioni era comunque necessario altro addetto, integrerebbe un potere di allontanamento unilaterale del singolo dipendente e renderebbe palese la carenza di un presupposto oggettivo e controllabile quale fondamento dell’esercizio dei poteri datoriali. Inoltre, non poteva non essere evidenziato come la scelta operata dall’ente fosse avvenuta in assenza della professionalità richiesta di un funzionario (cat. D) tanto che nell’atto organizzativo l’ente prevedeva un futuro bando per la copertura del necessario livello D e, medio tempore, procedeva alla copertura delle funzioni attraverso l’utilizzazione in mansioni superiori D di un’impiegata di livello C1, poi illegittimamente reiterata e con attribuzione infine della responsabilità del servizio in capo direttamente al Sindaco, pur privo di competenza tecnica specifica.
La conferma della Cassazione
I giudici di Piazza Cavour confermano il rigetto del ricorso del dirigente estromesso. Secondo la Cassazione l’art. 33, in connessione con l’art. 6D.Lgs. n. 165 del 2001, delinea la disciplina delle eccedenze di personale presso la Pubblica Amministrazione, ovverosia il fondamento, qualora le ipotesi di ricollocazione parimenti previste non abbiano esito, della cessazione dei rapporti di lavoro per ragioni c.d. oggettive, cui è destinata una regolamentazione unitaria in quanto in via generale non caratterizzata, a differenza di quanto accade nel settore privato, da distinzioni a seconda del numero delle eccedenze stesse e delle dimensioni della struttura ad esse interessata. In merito alla competenza del giudice ordinario, si rileva come l’atto di gestione del rapporto è meramente consequenziale a quello presupposto, ove il primo si riveli contrario alle regole formali e sostanziali che disciplinano l’esercizio del potere, la disapplicazione conduce necessariamente a negare ogni effetto tra le parti all’atto generale di organizzazione, privando così di fondamento l’atto di gestione consequenziale. Nel caso di specie, infatti, stante l’accentuato nesso fra gli adempimenti prescritti in tema di organizzazione degli uffici e delle dotazioni organiche e la procedura finalizzata a ridurre le eccedenze che dagli atti organizzativi eventualmente derivano, qualora il potere di organizzazione risulti non correttamente esercitato, il vizio si riflette sull’atto di gestione del rapporto e ne determina l’illegittimità. Il giudice di secondo grado, infatti, ha nella sentenza negato che il giudice potesse indagare il merito, ovverosia l’an della scelta amministrativa, ma soltanto la legittimità dell’atto riorganizzativo destinato ad incidere sul riconnesso rapporto di lavoro. Proprio su questa base la Corte di appello, in assenza di più specifiche violazioni di legge, ha apprezzato l’idoneità logica della motivazione, ritenendone la plausibilità, nonché la coerenza tra la scelta amministrativa e le conseguenze di essa. Ritenuta la propria competenza, pertanto, il giudice ordinario non ha giudicato di positivo apprezzamento le doglianze del dirigente, secondo il qual non avrebbe potuto l’ente dichiarare eccedentaria una risorsa solo perché l’amministrazione voglia modificare in diminuzione la relativa dotazione organica, pur avendo ancora necessità di un addetto che svolga il corrispondente servizio e pur non essendovi nell’organigramma alcun lavoratore di adeguata qualifica, al punto che per sopperire fu attribuito lo svolgimento di mansioni superiori ad una dipendente di livello inferiore. I questo ambito la scelta dell’ente di natura macro organizzativa, ha trovato adeguata motivazione nel risparmio finanziario discendente dalla soppressione del posto dirigenziale sostituito per i medesimi effetti da un funzionario. In questa cornice di riferimento, la scelta della PA di soppressione e messa in disponibilità del dirigente, non necessariamente avrebbe dovuto avere a disposizione il funzionario per la sostituzione. Secondo i giudici di legittimità, pertanto, rientra nella piena discrezionalità dell’ente dare corso immediato alla stabilita modifica organizzativa, con l’effetto di rendere di per sé eccedentaria fin da subito la risorsa dirigenziale, non potendosi imporre il mantenimento di una spesa, per quel servizio, superiore a quella che consegue alla modifica organizzativa adottata. Nel caso di specie, pertanto, diviene irrilevante che, in esito al collocamento in disponibilità del dirigente eccedentario, il Comune, pur dopo avere deliberato un futuro bando, abbia sopperito alla predetta carenza di un funzionario attraverso l’attribuzione di mansioni superiori ad un addetto di livello inferiore, poi illegittimamente rinnovate, o che in seguito la responsabilità dell’Area Tecnica sia stata assunta direttamente dal Sindaco.
In questa situazione, quindi, la scelta amministrativa deve considerarsi non sindacabile dal giudice del rapporto di lavoro, con la conseguenza che il ricorso del dirigente deve essere rigettato, con conseguente condanna del dipendente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 14 marzo 2019) 12 luglio 2019, n. 18813
Art. 33D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (G.U. 9 maggio 2001, n. 106, S.O.)

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