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Il trasporto scolastico non rientra nei servizi pubblici locali a domanda individuale: la copertura deve avvenire mediante i corrispettivi versati dai richiedenti il servizio

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale
La Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, con il parere del 11 giugno 2019, n. 46, rispondendo all’istanza di un Sindaco formulata ex art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131, approfondisce il complesso di norme che disciplinano la spesa per servizi pubblici a domanda individuale, quale componente fondamentale degli equilibri di bilancio degli enti locali, escludendo che ve ne sia assoggettato il servizio di trasporto scolastico per il quale, peraltro, vige non solo la regola di non gratuità per l’utenza, ma il principio dell’equilibrio ex ante tra costi e risorse a copertura .
Va premesso, in proposito, che per servizi a domanda individuale devono intendersi tutte quelle attività gestite direttamente dall’ente locale, ovvero da organismi ad esso appartenenti, che: a) lo stesso pone in essere non per obbligo istituzionale; b) vengano utilizzate a richiesta dell’utente; c) non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale.
Il D.M. 31 dicembre 1983, emanato dal Ministero dell’Interno di concerto con i Ministeri del Tesoro e delle Finanze, ai sensi e per gli effetti dell’art. 6D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, nella L. 26 aprile 1983, n. 131, ha definito le categorie dei servizi pubblici a domanda individuale; Gli enti locali, pertanto, possono considerare “servizio a domanda individuale” le seguenti attività, fissando le relative tariffe per l’utenza richiedente ed includendole fra i servizi richiamati dall’art. 172, comma 1, lett. e), D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267:
alberghi, esclusi i dormitori pubblici; case di riposo e di ricovero;
alberghi diurni e bagni pubblici;
asili nido;
convitti, campeggi, case per vacanze, ostelli;
colonie e soggiorni stagionali, stabilimenti termali;
corsi extra scolastici d’insegnamento di arti e sport e altre discipline, fatta eccezione per quelli espressamente previsti dalla legge;
giardini zoologici e botanici;
impianti sportivi: piscine, campi da tennis, di pattinaggio, impianti di risalita e simili;
mattatoi pubblici;
mense, comprese quelle ad uso scolastico;
mercati e fiere attrezzati;
parcheggi custoditi e parchimetri;
pesa pubblica;
servizi turistici diversi: stabilimenti balneari, approdi turistici e simili;
spurgo di pozzi neri;
teatri, musei, pinacoteche, gallerie, mostre e spettacoli;
trasporti di carni macellate;
trasporti funebri, pompe funebri;
uso di locali adibiti stabilmente ed esclusivamente a riunioni non istituzionali: auditorium, palazzi dei congressi e simili;
collegamenti alle centrali operative della polizia locale degli impianti di allarme collocati presso abitazioni private o attività produttive o servizi.
L’elencazione, da considerarsi non esaustiva né tassativa, comprende unicamente i servizi più diffusi nell’insieme dei Comuni, e:
con riferimento al servizio di cui al punto n. 8)-impianti sportivi, giova precisare che:
secondo il Consiglio di Stato-sez. V, giusta sentenza del 20 gennaio 2003, n. 166, “Gli stadi di proprietà comunale rientrano nella categoria generale degli impianti sportivi, costituendo strutture destinate a manifestazioni significative a fini sociali e che le società sportive possono utilizzare ed eventualmente gestire solo in relazione alla possibilità di offrire e far fruire alla popolazione – residente e non – spettacoli aventi valenza sociale per lo svago e per l’impiego del tempo libero. Le tariffe (o contribuzioni) da applicare per l’utilizzo dello stadio comunale debbono coprire nella percentuale (livello minimo) di legge le spese per i servizi pubblici a domanda individuale, mediante una valutazione specifica dei costi derivanti dallo svolgimento del servizio, da recuperare con le tariffe, nei limiti previsti dalla legge.”;
la Corte dei conti-Sicilia, con delibera 14 marzo 2013, n. 18, ha affermato che i servizi resi agli utenti di un impianto sportivo di proprietà comunale destinato a piscina, trattandosi di prestazioni erogate al di fuori di un preciso obbligo istituzionale e di un’apposita previsione normativa in termini di gratuità, rientrano tra quelli a domanda individuale, sia nell’ipotesi in cui il servizio sia reso dall’Ente locale direttamente agli utenti con mezzi, personale e risorse proprie, sia allorquando lo stesso venga affidato a terzi, e tale interpretazione trova conferma nella necessità di rispettare principi elementari di prudenza e razionalità nell’erogazione delle spese pubbliche al fondamentale fine della salvaguardia degli equilibri di bilancio. Il giudice dei conti, inoltre, continua affermando che il D.M. Interno 31 dicembre 1983, contiene un’elencazione dei servizi pubblici locali a domanda individuale che, per alcune categorie (ad esempio, quelle di cui ai nn. 14 e 19), non può ritenersi tassativa in quanto fa riferimento a servizi “simili” a quelli specificamente indicati. Anche per gli impianti sportivi il provvedimento in questione, dopo aver indicato al n. 8 in forma specifica le piscine, i campi da tennis, quelli di pattinaggio e gli impianti di risalita, chiude l’elencazione con il riferimento ad impianti “simili”, talché deve concludersi nel senso che la disciplina in materia di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale deve essere applicata a tutti gli impianti sportivi del Comune.
con riferimento ai servizi di cui al punto n. 16), quello definito “Museo” è stato oggetto di analisi da parte del Ministero dell’interno; se ne riporta uno stralcio, tratto dal “Manuale di finanza locale e contabilità 1989” (D. Bellelli, Edizioni delle Autonomie-Roma, 1989): “Per quanto riguarda i musei, occorre rilevare che essi sono gestiti dai Comuni non per obbligo istituzionale: Inoltre non vi sono norme che rendono il loro servizio gratuito per legge nazionale o regionale. Tenuto conto della loro attività, la richiesta dell’utenza, necessaria ai fini del riconoscimento del carattere di servizio a domanda individuale, può essere intesa sia in senso oggettivo (generica aspettativa del cittadino alla valorizzazione dell’ambiente in cui vive e alla salvaguardia delle opere più significative esistenti nel territorio) sia in senso oggettivo (specifica richiesta della prestazione di un servizio individuale destinato a porlo in una posizione di vantaggio rispetto agli altri). Solo in quest’ultimo senso ha rilevanza la richiesta di pagamento di un corrispettivo in denaro. Le voci di costo del servizio, da ricoprire con contribuzione degli utenti, pertanto, dovranno essere quelle riguardanti la gestione del museo (spese per il personale di sorveglianza, spese per la conservazione dei locali adibiti a museo, ecc.) e non quelle concernenti la pura conservazione dell’opera esposta (restauri, pulitura, ecc.), in quanto tali costi graverebbero comunque sul Comune, tenuto istituzionalmente a svolgere compiti conservativi e di restauro di beni culturali.”.
con riferimento ai servizi di cui al punto n. 18) – trasporti funebri/pompe funebri, si evidenzia che questa categoria è stata dapprima sostituita dal comma 4, art. 2D.M. 1 luglio 2002, abrogato dall’art. 4D.M. 16 maggio 2006, che ha inoltre disposto il ripristino dell’originaria formulazione del presente numero. L’elencazione di questi servizi è stata però oggetto di ulteriore modifica, che ha cassato quello che si riferisce alla gestione degli impianti d’illuminazione votiva dei cimiteri comunali: l’art. 34, comma 26, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, come convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, ha disposto che “Al fine di aumentare la concorrenza nell’ambito delle procedure di affidamento in concessione del servizio di illuminazione votiva, all’articolo unico del decreto del Ministro dell’interno 31 dicembre 1983, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 17 gennaio 1984, al numero 18) sono soppresse le seguenti parole: «e illuminazioni votive». Conseguentemente i comuni, per l’affidamento del servizio di illuminazione votiva, applicano le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, e in particolare l’articolo 30 e, qualora ne ricorrano le condizioni, l’articolo 125”. Cionondimeno, per il giudice amministrativo (Consiglio di Stato-sez. V, sentenza 27 maggio 2014, n. 2716) tale servizio, strettamente collegato ai servizi cimiteriali e da sempre attratto nella relativa disciplina, non cessa di avere le caratteristiche per essere inquadrato tra quelli a domanda individuale, e come tale soggetto al regime delle tariffe e dei prezzi ai fini dell’assicurazione di predeterminati tassi di copertura del relativo costo di gestione, stabilito, ove il servizio è svolto dal Comune, con deliberazioni annuali anteriori all’approvazione del bilancio e a questo allegate, ex art. 172, comma 1, lett. c), D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
con riferimento ai servizi di cui al punto n. 20) – collegamenti alle centrali operative della polizia locale degli impianti di allarme collocati presso abitazioni private o attività produttive o servizi, occorre precisare che detta fattispecie è stata introdotta dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51art. 1-bis, di conversione del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, ad integrazione dell’elenco dei servizi a domanda individuale contenuto nel citato D.M. 31 dicembre 1983.
Per i sopradetti servizi, quindi, gli enti erogatori sono tenuti a richiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato, tenuto tuttavia conto che l’art. 6, comma 7, D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, come convertito dalla L. 26 aprile 1983, n. 131, ribadisce, in tema di definizione della misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale, le eccezioni stabilite con l’art. 3D.L. 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, nella L. 26 febbraio 1982, n. 51, secondo cui tra i servizi pubblici a domanda individuale di cui i comuni sono tenuti a richiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato, non rientrano i servizi gratuiti per legge, i servizi finalizzati all’inserimento sociale dei portatori di handicaps, quelli per i quali le vigenti norme prevedono la corresponsione di tasse, di diritti o di prezzi amministrati ed i servizi di trasporto pubblico.
Per la definizione di quest’ultimo servizio, giova ricordare che, in forza dell’art. 1, comma 2, D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, «Sono servizi pubblici di trasporto regionale e locale i servizi di trasporto di persone e merci, che non rientrano tra quelli di interesse nazionale tassativamente individuati dall’articolo 3; essi comprendono l’insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell’ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale» e, in tale ambito, ai sensi del D.Lgs. 22 settembre 1998, n. 345, e della L. 15 gennaio 1992, n. 21, i Comuni esercitano tutte le funzioni amministrative relative ai servizi di trasporto pubblico non di linea di persone.
Con specifico riferimento al servizio di trasporto scolastico, oggetto della presente trattazione, sia la prassi che la giurisprudenza si sono pronunciate al riguardo, giungendo a volte a soluzioni opposte:
la giurisprudenza, pur rilevando che il servizio di trasporto scolastico si caratterizza per essere riservato a categorie specifiche di utenti, ne ha confermato il carattere di servizio pubblico locale e “non di linea” (Consiglio di Stato-sez. VI, 22 novembre 2004, n. 7636) ed ha sottolineato che lo stesso non è incompatibile con lo svolgimento di servizi di linea (TAR Campania-Napoli, sez. I, 26 febbraio 2010, n. 1191);
la Corte dei conti-Molise, nella propria delibera 14 settembre 2011, n. 80, ha ritenuto che, sebbene non ricompreso nell’elencazione di cui al D.M. 31 dicembre 1983, va incluso tra i servizi a domanda individuale anche il trasporto scolastico, nella considerazione che, per le sue caratteristiche, ben rientri in tale concetto;
la Corte dei conti-Campania:
nel parere n. 7 del 25 febbraio 2010, fa l’altro, evidenzia come il D.M. 31 dicembre 1983 escluda espressamente, dalla categoria dei servizi a domanda individuale”, i servizi gratuiti per legge statale o regionale, quelli finalizzati all’inserimento sociale dei portatori di handicaps, quelli per i quali le vigenti norme prevedono la corresponsione di tasse, diritti o di prezzi amministrati ed i servizi di trasporto pubblico”;
nel parere n. 222 del 21 giugno 2017, reputa pleno iure il servizio di trasporto scolastico un servizio pubblico di trasporto, pertanto escluso dalla disciplina normativa dei servizi pubblici a domanda individuale, ritenendo, cionondimeno, con riferimento alle modalità di finanziamento del servizio e con specifico riguardo al gettito derivante dalle tariffe versate dall’utenza, che gli enti dovranno motivare, a pena d’illegittimità, l’eventuale gratuità del servizio, che costituisce un’eccezione alla naturale commutatività dei contratti con la p.a., tanto più se il servizio assume carattere generalizzato; il giudice ritiene, in altre parole, che gli enti sono tenuti, in sede di determinazione della relativa copertura, alla stretta osservanza delle disposizioni dell’art. 117 TUEL, e in particolare il principio dell’equilibrio ex ante tra costi e risorse a copertura, che riguarda indistintamente tutti i servizi pubblici erogati dall’ente locale, a prescindere dalla forma contrattuale d’affidamento del servizio. Nella delibera richiamata la Corte rimarca, peraltro, che l’elenco di cui al D.M. 31 dicembre 1983, sopravisto, non ricomprende espressamente il servizio di trasporto scolastico, mentre, in materia d’istruzione, prevede i servizi di asilo nido e corsi extrascolastici che non siano previsti come obbligatori dalla legge (nn. 3 e 6);
la Corte dei conti-Sicilia:
nella delibera n. 115 del 25 febbraio 2015, evidenziando che “il più volte menzionato decreto ministeriale (il D.M. 31 dicembre 1983, n.d.a.) non comprende tra i servizi pubblici a domanda individuale il servizio di trasporto scolastico”, ne esclude la gratuità per l’utenza;
nella delibera 10 ottobre 2018, n. 178, non reputa immediatamente applicabili i vincoli normativi e finanziari che caratterizzano i servizi pubblici a domanda individuale, espressamente individuati dal D.M. n. 131/1983, e conclude affermando che “ferme restando le scelte gestionali e l’individuazione dei criteri di finanziamento demandate alla competenza dell’ente locale, la disposizione non consente l’erogazione gratuita del servizio di trasporto scolastico, che andrebbe debitamente motivata e dovrebbe avere a fondamento un’adeguata copertura finanziaria, ma che va comunque ricondotta nei limiti fissati dai parametri normativi sopra riportati, alla luce dell’espressa previsione normativa della corresponsione di una quota di partecipazione diretta, che dunque presuppone un versamento, anche graduato, da parte degli utenti”.
Quanto premesso, l’adita Corte dei conti-Piemonte, posto che il quesito concerne l’interpretazione della normativa sulla copertura della spesa del servizio di trasporto scolastico in relazione all’entità delle quote di partecipazione finanziaria a carico dell’utenza, ritiene, preliminarmente, di confermare che la giurisprudenza contabile appare, allo stato, consolidata nel senso di ritenere che il servizio di trasporto scolastico sia pleno iure un servizio pubblico di trasporto, e, come tale, escluso dalla disciplina normativa dei servizi pubblici a domanda: infatti, il D.M. 31 dicembre 1983, che elenca la tipologia dei servizi suddetti, esclude espressamente, dalla categoria dei servizi a domanda individuale, quelle attività che “siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale”, provvedendo alla declaratoria specifica delle singole tipologie di attività qualificabili come servizi a domanda individuale; per quanto qui d’interesse, l’elenco in esame non ricomprende espressamente il servizio di trasporto scolastico mentre, in materia d’istruzione, prevede i servizi di asilo nido e corsi extrascolastici che non siano previsti come obbligatori dalla legge.
Condividendo il richiamato indirizzo interpretativo, la Sezione ribadisce il principio secondo cui il trasporto scolastico è un servizio pubblico, ma non potendo essere classificato tra quelli a domanda individuale, non possono allo stesso reputarsi applicabili i conseguenti vincoli normativi e finanziari che caratterizzano i servizi pubblici a domanda individuale, espressamente individuati dal menzionato D.M. n. 131/1983.
La natura di servizio pubblico, in quanto oggettivamente rivolto a soddisfare esigenze della collettività, comporta, pertanto, che per il trasporto scolastico siano definite dall’Ente adeguate tariffe a copertura dei costi, secondo quanto stabilito dall’art. 117 TUEL che, per tutti i servizi pubblici, anche non definibili “a domanda individuale”, stabilisce che:
1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l’entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
2. La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi prescelti.
3. Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall’ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell’ente o per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici».
Pertanto, per il magistrato contabile, fermo restando che l’erogazione del servizio pubblico debba avvenire in equilibrio ai sensi dell’art. 117 TUEL (circostanza che, ovviamente, presuppone un’efficace rappresentazione dei costi ed una copertura nel rispetto dei criteri generali di cui alla norma predetta), l’erogazione dello stesso non solo non può essere gratuita per gli utenti, ma la sua copertura deve avvenire mediante i corrispettivi versati dai richiedenti il servizio di modo che le quote di partecipazione finanziaria, correlate al servizio e poste a carico dell’utenza, dovranno completamente concorrere alla copertura integrale della spesa del medesimo.
Peraltro, rimarca che la natura del servizio di trasporto degli alunni organizzato dai Comuni nell’ambito del diritto allo studio, vada analizzato alla luce della nuova connotazione conferita dalla clausola d’invarianza finanziaria posta dall’art. 5, comma 2, D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 63, secondo cui “1. Nella programmazione dei servizi di trasporto e delle forme di agevolazione della mobilità, per le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti sono incentivate le forme di mobilità sostenibile in coerenza con quanto previsto dall’articolo 5L. 28 dicembre 2015, n. 221. 2. Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, assicurano il trasporto delle alunne e degli alunni delle scuole primarie statali per consentire loro il raggiungimento della più vicina sede di erogazione del servizio scolastico. Il servizio è assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli enti territoriali interessati. 3. Tale servizio è assicurato nei limiti dell’organico disponibile e senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati.”.
In conclusione, il giudice dei conti piemontese afferma che, ferme restando le scelte gestionali e l’individuazione dei criteri di finanziamento demandate alla competenza dell’ente locale, il quadro normativo vigente non consenta l’erogazione gratuita del servizio di trasporto pubblico scolastico, servizio che deve avere a fondamento una adeguata copertura finanziaria necessariamente riconducibile nei limiti fissati dai parametri normativi del TUEL, alla luce dell’espressa previsione normativa della corresponsione della quota di partecipazione diretta da parte degli utenti, che nel rispetto del rapporto di corrispondenza tra costi e ricavi, non può non essere finalizzata ad assicurare l’integrale copertura dei costi del servizio.

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