21/06/2019 – Sugli elementi caratterizzanti la pertinenza in senso urbanistico

Sugli elementi caratterizzanti la pertinenza in senso urbanistico

di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Nella sentenza in esame il T.A.R. Campania, Napoli si sofferma a delimitare gli elementi costituiti della cd. pertinenza urbanistica.
Essi sono individuati, da un lato, nell’esiguità quantitativa del manufatto (che cioè deve essere tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio), e, dall’altro, nell’esistenza di un collegamento funzionale tra il manufatto e l’edificio principale (non potendo, di conseguenza, il primo di essere utilizzato separatamente ed autonomamente rispetto al secondo (Cons. Stato, Sez. II, 5 giugno 2019, n. 3807).
Si è osservato: «La nozione di pertinenza edilizia, …, in virtù della prevalenza degli interessi pubblici all’ordinato assetto del territorio e al rispetto delle prescrizioni urbanistiche, presuppone anzitutto un dato fisico, riguardato nella scarsa consistenza volumetrica della cosa che si assume pertinenziale, di talché può riconoscersi la natura di pertinenza solo a manufatti esigui, di scarsissimo impatto urbanistico. Correlativamente non può far difetto un requisito teleologico, consistente nella circostanza che la cosa non possa essere oggetto di autonoma valutazione ed utilizzazione ma che esista e abbia una funzione solo in quanto sia a servizio e a completamento della cosa principale (si consideri una legnaia di modeste dimensioni)» (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 29 maggio 2017, n. 2851).
Un’opera può dunque definirsi accessoria rispetto a un’altra, da considerarsi principale, solo quando la prima sia parte integrante della seconda, in modo che le due cose non possano essere separate senza che ne derivi l’alterazione dell’essenza e della funzione dell’insieme.
Tale vincolo di accessorietà deve desumersi dal rapporto oggettivo esistente fra le due cose e non dalla semplice utilità che da una di esse possa ricavare colui che abbia la disponibilità di entrambe.
Quindi:
«- la pertinenza è configurabile quando vi è un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole, oltre che una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce (Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2012 n. 615);
– a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto carico urbanistico (Cons. Stato, Sez. V, 31 dicembre 2008 n. 6756 e 13 giugno 2006 n. 3490)» (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 5 giugno 2019, n. 546).
La stessa pronuncia n. 546 cit. ha poi precisato che «il carattere pertinenziale rilevante ai fini urbanistici transita attraverso le seguenti coordinate identificative:
«- opere che non comportino un nuovo volume;
– opere che comportino un nuovo e modesto volume ‘tecnico’ (così come definito ai fini urbanistici …)».
E’ qui necessario sottolineare come la pertinenza abbia un diverso significato nel diritto civile, da un lato, e nel diritto amministrativo, dall’altro.
Insegna la giurisprudenza civile: «per la costituzione del vincolo pertinenziale è necessario non soltanto l’elemento oggettivo, consistente nella materiale destinazione del bene accessorio ad una relazione di complementarietà con quello principale, ma anche l’elemento soggettivo, consistente nella effettiva volontà del titolare del diritto di proprietà, o di altro diritto reale di godimento, sui beni collegati, giacché soltanto chi abbia la piena disponibilità giuridica di entrambi i beni può utilmente attuare la destinazione della “res” al servizio o all’ornamento del bene principale, occorrendo altrimenti un rapporto obbligatorio costituito tra i rispettivi proprietari (Cass. Sez. II, 20 gennaio 2015, n. 869Cass. civ. Sez. II, 10 giugno 2011, n. 12855Cass. civ. Sez. II, 28 aprile 2006, n. 9911Cass. civ. Sez. II, 2 marzo 2006, n. 4599Cass. civ. Sez. II, 29 aprile 2003, n. 6656Cass. civ. Sez. II, 30 luglio 1990, n. 7655)» (Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 17 ottobre 2017, n. 24432).
La nozione generale di pertinenza sul piano urbanistico-edilizio assume delle peculiarità, rispetto alla nozione civilistica ricavabile dall’art. 817 c.c., data la specificità della materia e la differente finalità pubblica posta a base della relativa normativa.
Secondo la giurisprudenza il concetto di pertinenza urbanistica è meno ampio di quello definito dall’art. 817 c.c., tale da non poter consentire la realizzazione di opere soltanto perché destinate al servizio di un bene qualificato come principale (Cons. Stato, Sez. IV, 17 maggio 2010, n. 3127).
La pertinenza urbanistica è, dunque, configurabile quando vi sia un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione del bene accessorio, di modesta consistenza, esclusivamente ad un uso pertinenziale durevole, sempreché l’opera secondaria non comporti alcun maggiore carico urbanistico (Cons. Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2015, n. 406Cons. Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2015, n. 13T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 6 febbraio 2018, n. 761).
In conclusione la “pertinenza” sul piano urbanistico-edilizio ha peculiarità proprie e distinte dalla nozione civilistica, giacché;
– deve avere una propria identità fisica ed una propria conformazione strutturale;
– deve essere preordinata ad un’esigenza effettiva dell’edificio principale, al cui servizio deve essere posta in via funzionale ed oggettiva;
– non deve possedere un autonomo valore di mercato, nel senso che il suo volume non deve consentire una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede.
Si è detto ancora in giurisprudenza:
– «in linea generale, ai fini urbanistici non possono ritenersi beni pertinenziali, con conseguente loro assoggettamento al regime proprio del permesso di costruire, gli interventi edilizi che, pur legati da un vincolo di servizio a un bene principale, non siano tuttavia coessenziali ma ulteriori ad esso, in quanto suscettibili di un utilizzo in modo autonomo e separato e in quanto occupanti aree e volumi diversi dal bene principale » (Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2018, n. 754Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2018, n. 558);
– «la nozione di pertinenza urbanistica, assoggettata al … regime edilizio particolarmente semplificato e favorevole, ha peculiarità sue proprie inerendo ad un’opera accessoria che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale preordinata ad un’esigenza oggettiva dell’edificio principale funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o dotata di un volume minimo tale da non consentire in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale una destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede» (Cons. Stato, Sez. I quater, 24 febbraio 2016, n. 2588);
– «nel rapporto pertinenziale, il collegamento tra la res principale e quella accessoria è preso in considerazione dalla legge non già come connessione materiale, ma come relazione economico-giuridica di strumentante e complementarità funzionale: segnatamente, ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale, è necessaria la presenza sia del requisito soggettivo, consistente nella effettiva volontà del titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni collegati, di destinare l’uno al servizio o all’ornamento dell’altro, sia di quello oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due cespiti, con la precisazione che il bene accessorio deve arrecare una utilità al bene principale, e non (o almeno non solo) al proprietario dello stesso (…). Non può peraltro sfuggire che la pertinenza agraria costituisce una particolare species della pertinenza civile, atteso che, pur trovando comunque il suo referente normativo nell’art. 817c.c., essa si qualifica per essere funzionalmente destinata ad accrescere la produttività di un fondo, già destinato ad attività agricola, di talchè, in definitiva, comprende tutto ciò, e solo ciò, che risulti idoneo a un più ampio e razionale sfruttamento del terreno» (Cass. civ., Sez. III, 8 febbraio 2016, n. 2372).

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