11/06/2019 – La corretta applicazione sul riassorbimento dell’assegno ad personam in caso di mobilità volontaria

La corretta applicazione sul riassorbimento dell’assegno ad personam in caso di mobilità volontaria

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
Ad una dipendente transitata per mobilità volontaria, ai sensi dell’art. 30D.Lgs. n. 165 del 2001, in un’altra amministrazione le veniva attribuito nella nuova amministrazione di destinazione un assegno ad personam riassorbibile a copertura del trattamento economico più elevato percepito presso l’Amministrazione di provenienza al netto dell’importo di una indennità equivalente alla stessa corrisposta, considerata equivalente a quella precedentemente attribuita. In considerazione della riassorbibilità dell’assegno con la precisata indennità la dipendente proponeva ricorso al giudice del lavoro che, sia in primo grado che successivamente in appello confermava come non riassorbile la parte della retribuzione precedentemente assegnata alla dipendente in considerazione della sua valenza ricorrente e continuativa, con obbligo da parte della PA di corrisponderne la differenza. Avverso la decisione della corte di appello la PA di destinazione ha proposto ricorso in Cassazione evidenziando che l’elemento considerato dai giudici del lavoro non avesse le caratteristiche della componente fissa e continuativa e che in ogni caso l’importo avrebbe dovuto essere assorbito dalla indennità professionale prevista dall’amministrazione di destinazione con la conseguenza che detto importo non avrebbe dovuto essere conservato all’interno dell’assegno ad personam. In ogni caso, la PA contesta l’errore del giudice di appello nell’aver riconosciuto non riassorbibile l’assegno spettante alla dipendente.
Le indicazioni della Cassazione
Il giudice di legittimità ha ricostruito la normativa riguardante l’assegno ad personam riservato ai dipendenti che transitano in altra amministrazione per mobilità volontaria, precisando quanto segue:
– La mobilità volontaria prevista dall’art. 30D.Lgs. n. 165 del 2001 rappresenta un passaggio diretto da un’amministrazione ad un’altra, rientrando nell’istituto civilistico della cessione del contratto, caratterizzato dalla conservazione dell’anzianità e dal mantenimento del trattamento economico goduto presso l’amministrazione di provenienza;
– il trattamento economico acquisito dal lavoratore deve essere determinato con il computo di tutti i compensi fissi e continuativi erogati al prestatore di lavoro, quale corrispettivo delle mansioni svolte ed attinenti, logicamente, alla professionalità tipica della qualifica rivestita;
– nel caso oggetto di contenzioso l’indennità percepita dalla dipendente aveva le caratteristiche del compenso fisso e continuativo, in quanto erogato per un importo fisso su dodici mensilità, per cui esso deve essere incluso nell’assegno ad personam non potendo essere paragonato con altre indennità previste dall’amministrazione di destinazione;
– in caso di passaggio di personale da un’Amministrazione all’altra, il mantenimento del trattamento economico, collegato al complessivo status posseduto dal dipendente prima del trasferimento, opera nell’ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento;
– infatti, in assenza di diversa specifica indicazione normativa, il divieto di reformatio in peius giustifica la conservazione del trattamento più favorevole, attraverso l’attribuzione dell’assegno ad personam, solo sino a quando non subentri, per i dipendenti della Amministrazione di destinazione (e quindi anche per quelli transitati alle dipendenze dell’ente a seguito della cessione) un miglioramento retributivo, del quale occorre tener conto nella quantificazione dell’assegno, poiché, altrimenti, il divario sarebbe privo di giustificazione;
– nella mobilità volontaria non è applicabile la regola della non riassorbibilità dell’assegno ad personam prevista esclusivamente nel D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in quanto detta disposizione ormai residuale si applicava in via eccezionale ai soli passaggi di carriera, con la conseguenza che qualsiasi disposizione prevista dalle PA nei propri regolamenti disciplinanti il passaggio dei dipendenti per mobilità volontaria che rendono i citati assegni non riassobibili sono da considerare illegittimi in quanto disposti in violazione di legge.
Principio di diritto
Sulla base di tale ricostruzione normativa, la Cassazione con la sentenza n. 15371 del 2019 enuncia il seguente principio di diritto:
– “in tema di pubblico impiego, l’art. 30D.Lgs. n. 165 del 2001, che riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie della “cessione del contratto”, comporta, per i dipendenti trasferiti, l’applicazione del trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi del comparto dell’Amministrazione cessionaria, salvi gli assegni “ad personam” attribuiti al fine di rispettare il divieto di “reformatio in peius” del trattamento economico già acquisito, che sono destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria. In particolare, l’assorbimento del migliore trattamento in concomitanza con i futuri aumenti retributivi opera anche con riferimento all’assegno “ad personam”… la regola della non riassorbibilità, di cui all’articolo unico, comma 226L. 23 dicembre 2005, n. 266, si applica esclusivamente ai passaggi di carriera previsti dall’art. 202D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e non al trasferimento da un’Amministrazione all’altra, presupponendo i primi un provvedimento di trasferimento mentre, il secondo è riconducibile alla cessione del contratto, di cui agli artt. 1406 ss. c.c.”.
La cassazione della sentenza
Sulla base di tale principio di diritto, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello la quale, attenendosi ai principi enunciati, dovrà procedere a quantificare l’assegno ad personam e le eventuali differenze retributive, includendo nella base di calcolo la retribuzione fissa e continuativa, e portando via via in detrazione, dall’importo dell’assegno dovuto al momento del primo inquadramento, gli eventuali miglioramenti del trattamento economico complessivo, successivamente attribuiti per effetto delle dinamiche contrattuali dell’Amministrazione di destinazione o della progressione professionale (sia pin caso di verticalizzazione che di progressioni economica orizzontale).
 

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