23/04/2019 – Acque trasparenti ( o no ? ) – Il gestore (pubblico-privato ) del servizio idrico integrato è soggetto alle normative in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza ?

Acque trasparenti ( o no ? )

Tar Lazio, Roma , Sez. I , 19 /04/2019 , n. 5118

Scritto da Roberto Donati 22 Aprile 2019

Il gestore (pubblico-privato ) del servizio idrico integrato è soggetto alle normative in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza ?

Nel caso oggetto di ricorso il Tar Lazio, Roma , Sez. I , 19 /04/2019 n.5118 , per il momento dice di NO.

Ed è una sentenza importante, perché per giungere alla conclusione che i provvedimenti di ANAC sono carenti sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione viene effettuata un’analisi accurata delle caratteristiche del soggetto gestore del servizio idrico.

Con risultati, come vedremo, che non sono risolutivi ma che al contrario aprono interrogativi sulla effettiva assoggettabilità di certi soggetti ( pubblici/privati ) alle normative in materia di trasparenza  e delle Linee Guida ANAC di cui alla Deliberazione dell’Autorità n. 1134 del 25/10/2017, sebbene gestiscano servizi pubblici.

Sono stati  infatti impugnati  gli atti con i quali l’ ANAC ha configurato il gestore del servizio idrico di un ATO del Lazio   come società “partecipata” in controllo pubblico, a capitale pubblico maggioritario ( 51% ) e sotto l’influenza dominante di amministrazioni pubbliche, in virtù di particolari vincoli contrattuali con esse.

Pertanto ,secondo ANAC, in forza della maggioranza di capitale pubblico , dei vincoli contrattuali nell’atto costitutivo , della Convenzione per la gestione del Servizio idrico , il soggetto gestore rientra  nell’ambito soggettivo di applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza.

In particolare il soggetto gestore è tenuto all’ obbligo di trasparenza nonché di integrazione e adeguamento del c.d. “modello 231”, ai sensi delle Linee Guida ANAC di cui alla Deliberazione dell’Autorità n. 1134 del 25/10/2017.

Il soggetto gestore contesta le conclusioni dei provvedimenti ANAC , in quanto caratterizzate da contraddittorietà.

Da un lato, sostiene il gestore, è stato escluso rilievo alla titolarità a maggioranza pubblica (del 51%) delle azioni ma, dall’altro, è stato evocato comunque il capitale pubblico maggioritario accanto al controllo “contrattuale” (di cui all’art. 2359 n. 3 c.c.), quale “ratio” della qualificazione della ricorrente come “società in controllo pubblico”.

In secondo luogo, viene lamentata una insufficiente ed incompleta istruttoria, risultando una erronea citazione dello statuto in ordine al numero dei componenti del c.d.a., tra cui quelli tratti dalla lista dei soci pubblici, e l’assenza di indicazione degli elementi specifici dell’atto costitutivo e dello statuto da cui desumere quel particolare vincolo tra gli enti controllanti e la controllata che, unicamente, potrebbe consentire di configurare un controllo “contrattuale” ai sensi dell’art. 2359, n. 3, c.c.

Anche sotto un profilo sostanziale la ricorrente contesta le conclusioni dell’Anac, laddove individuano esclusivamente nella “Convenzione di cooperazione”, di cui alla l.r. Lazio n. 6/1996, tra i Comuni dell’ATO, nel cui ambito è costituita la Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti, e nella “Convenzione di gestione” (“il contratto di servizio”) tra la società mista affidataria del SII e i Comuni dell’ATO, gli indici rivelatori del “controllo pubblico”.

Per la ricorrente, l’Anac avrebbe dovuto individuare e indicare quali previsioni specifiche del contratto di servizio costituirebbero i legami particolari fondanti il “controllo” dedotto, altrimenti si dovrebbero qualificare come in controllo pubblico tutte le società miste di cui all’art. 17 d.lgs. n. 175/2016, che si avvalgono in tal senso di un contratto di servizio, unico da eseguire.

Il Tar ritiene fondato il ricorso .

ANAC, secondo il Tar, è pervenuta alla sue conclusioni prendendo in considerazione una ritenuta “influenza dominante” non riscontrabile, in sé, dalla partecipazione dei Comuni dell’ATO al 51% ma in virtù dell’esistenza di un contratto di servizio, che risponde(rebbe) nel caso concreto alle caratteristiche previste dalle Linee guida dell’Autorità, rafforzato dalla presenza della “Convenzione per la gestione del servizio idrico integrato”.

Il Tar  però rileva come tali elementi siano richiamati genericamente, senza precisazione delle specifiche norme che attesterebbero la riscontrata “dipendenza” (nelle forme del “controllo” e “dominanza”) nella gestione.

Anche dall’esame dello Statuto del gestore, in realtà,  possono evincersi elementi opposti alla conclusione dell’Anac, in considerazione della sussistenza del potere di veto del socio privato, discendente dalle maggioranze dei due terzi degli aventi diritto e, in seconda convocazione, dei due terzi dei presenti, previste dall’art. 18 del medesimo, e sul quale non risulta approfondito dall’Autorità il tema relativo alla configurazione di una “eterodirezione” della società da parte dei soci pubblici, a fronte di un capitale privato superiore ad un terzo.

Così pure, non può ritenersi priva di rilevanza la circostanza dell’assegnazione al socio privato dell’indicazione dell’amministratore delegato della società, prevista dall’art. 25 dello statuto, che fa propendere per la conclusione secondo la quale è il socio privato che può avere la gestione operativa e il controllo di fatto della società.

I giudici romani rilevano dunque  come i forti legami e influenze sulla realtà di impresa nel caso concreto non siano riscontrabili.

Il Collegio, quindi, stabilisce come sia condivisibile l’osservazione della ricorrente, per la quale nei provvedimenti impugnati, in sostanza, non risulta approfondita – e conseguentemente motivata – la distinzione tra “poteri amministrativi” degli enti affidanti, previsti come tali nel contratto di servizio ma al fine di consentire un controllo non da intendersi sulla società ma sul servizio pubblico affidato in quanto tale, e “poteri di gestione”.

In sostanza, non sono individuati “poteri di controllo interno” sulla gestione della società in quanto tale – che legittimerebbero, ai sensi dell’art. 17, comma 4, d.lgs. n. 175/2016, deroghe (nel caso di specie non evidenziate) al regime delle società commerciali – né poteri di eterodirezione che presupporrebbero una sostanziale carenza di autonomia gestionale sociale o una subordinazione della società controllata alle scelte gestorie degli enti controllanti

Inoltre, nel caso di specie non risultano valutati e approfonditi dall’Anac i profili riguardanti le circostanze per cui la gestione compete “per statuto” ad un amministratore delegato espressione della parte privata, i soci pubblici devono condividere con quello privato le delibere dell’assemblea ordinaria e straordinaria e, laddove esercitano poteri pubblicistici, non sono “liberi” ma soggetti al perseguimento dell’interesse pubblico e a controllo (non configurabile laddove si trattasse di volizioni privatistiche) dello stesso giudice amministrativo, esulando così dal concetto di controllo ex 2359 n. 3.

Alla luce di quanto evidenziato, pertanto, il motivo di ricorso è fondato sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione.

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