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Corte di Cassazione: necessaria terzietà dell’ufficio procedimenti disciplinari

 
“3. La Corte territoriale, rispetto alle questioni sollevate con il primo, terzo e quarto motivo ed attinenti tutte a sostituzioni di membri dell’U.P.D., oltre a ritenere che le singole censure mosse all’operato della P.A. fossero infondate ha, con la motivazione interessata dal quinto motivo, ritenuto che comunque mancassero ragioni che comportassero il venir meno della necessaria terzietà dell’U.P.D. o lesioni dei diritto di difesa, sicché, anche in relazione all’insussistenza di un principio di immutabilità del giudice disciplinare, le censure erano da disattendere, anche ove valutate nel loro insieme.
3.2 Questa Corte ha già evidenziato, attraverso considerazioni qui condivise, come l’art. 55, primo comma, d.lgs. n. 165 del 2001, nel prevedere che le disposizioni contemplate dal medesimo articolo e da quelli seguenti, fino all’art. 55-octies, «costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, secondo comma, c.c.», ha avuto l’effetto «di non consentire l’ulteriore applicazione delle previsioni contrattuali difformi, ossia quelle che dettano regole diverse da quelle ricavabili in via diretta dalle previsioni legali». Al contempo si è precisato che «dal combinato disposto del primo comma dell’art. 55 e del quarto comma dell’art. 55-bis si desume il carattere imperativo delle regole dettate dalla legge sulla competenza per i procedimenti disciplinari, ma è rimessa a ciascuna Pubblica Amministrazione, secondo le proprie peculiarità, l’individuazione dell’organo legittimato ad esercitare il potere disciplinare», sicché «il carattere imperativo riguarda, dunque, la non derogabilità della disciplina legale ad opera dell’autonomia negoziale (come è noto uno degli obiettivi della riforma di cui al D.Lgs. n. 150 del 2009 è la riaffermazione della centralità della Legge in materia disciplinare)», il che «certo non attribuisce natura imperativa “riflessa” al complesso delle regole procedimen tali interne che regolano lo costituzione e il funzionamento dell’U.P.D.» (Cass. 25 ottobre 2017 n. 25379 e, poi Cass. 6 febbraio 2019, n. 3467). Anche perché «l’interpretazione dell’art. 55-bis, comma 4, non può essere ispirata ad un eccessivo formalismo ma deve essere coerente con la sua ratio, che è quella di tutelare il diritto di difesa dei dipendenti pubblici» (Cass. 3467/2019, cit.), laddove ai fini della legittimità della sanzione rileva che sia stato garantito il principio di terzietà, sul quale riposa la necessaria previa individuazione dell’ufficio dei procedimenti, il che « postula solo la distinzione sul piano organizzativo fra detto ufficio e la struttura nella quale opera il dipendente» ( Cass. 2 marzo 2017 n. 5317).
3.3 Tali principi escludono in radice che possano avere rilievo alcuno le modalità con cui il Comune ha sopperito al coincidere nella stessa persona di due dei componenti dell’U.P.D. a termini di regolamento (primo motivo) o il fatto che sia stato ritenuto un conflitto di interessi, asserito nel ricorso per cassazione come inesistente, al fine di procedere alla sostituzione di un membro dell’U.P.D. (terzo motivo) o infine (quarto motivo) che sia stata accolta per ragioni in ipotesi insufficienti a giustificarla, l’istanza di astensione di un altro membro sempre dell’U.P.D. Quello che conta è che sia stata assicurata la terzietà dell’U.P.D., rispetto alla quale lo scrupolo serbato nel procedere a sostituzioni anche solo sul sospetto di possibili conflitti di interesse è semmai garanzia ulteriore per l’incolpato, e che non vi sian_ state concrete violazioni del diritto di difesa, profili entrambi sui quali, come rilevato espressamente dalla Corte territoriale, in realtà non vi è questione.”

 

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