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Il dirigente pubblico deve garantire la legalità ed agire con disciplina e onore

L. Oliveri (La Gazzetta degli Enti Locali 29/6/2018)

QUI LA SENTENZA Corte di Cassazione, Sezione civile lavoro, 14 giugno 2018, n. 15640

“La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione civile lavoro, 14 giugno 2018, n. 15640, nel riformare la decisione della Corte di appello di annullare il licenziamento di un dirigente sanitario condannato in sede penale per reiterati falsi ideologici, ci ricorda qualcosa che forse si dà per scontato, ma non dovrebbe mai passare in secondo piano. I dirigenti pubblici sono soggetti al rispetto della legalità ed all’articolo 54 della Costituzione.

Tanto, dunque, può e deve bastare per fondare un licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Infatti, la violazione dei doveri fondamentali del dirigente pubblico può ledere il rapporto di fiducia col datore di lavoro, ma, è da aggiungere, compromettere irrimediabilmente anche la fiducia che l’intera Nazione ripone sul suo operato, visto che ai sensi dell’articolo 98 della Costituzione è nell’esclusivo interesse della Nazione appunto che il dirigente compie il proprio dovere lavorativo.

La Cassazione sintetizza ciò in questo passaggio – molto chiaro – della sentenza: “Nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato, inoltre, il dirigente, tenuto ad osservare le leggi e ad adempiere le funzioni pubbliche «con disciplina ed onore» (art. 54 Cost.), partecipa alla realizzazione degli obiettivi imposti alle amministrazioni pubbliche dall’art. 97 Cost., sicché il vincolo fiduciario riposa anche sulla capacità del dirigente di assicurare la legalità, l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa ( cfr. Cass.n. 14773/2017)”.

In un’epoca nella quale il cosiddetto “aziendalismo” o la pretesa che la dirigenza debba essere chiamata ad attuare ciecamente indicazioni politiche, al di là della legittimità di esse o comunque considerando il rispetto della legalità solo un peso “burocratico” deteriore, la sentenza della Cassazione pare quasi destabilizzante.

E lo è ancor di più se la riconnettiamo alla riforma della dirigenza targata Madia, affondata fortunatamente dalla Corte costituzionale, che mirava a modificare radicalmente il rapporto tra politica e dirigenza, col chiarissimo intento di politicizzarla.”

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