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Personale: diritto alle retribuzioni accessorie in caso di reggenza di ufficio dirigenziale

Pubblicato il 27 giugno 2018


 

Se la p.a. non si attiva per la copertura del posto dirigenziale vacante, la reggenza dell’ufficio da parte di un dipendente appartenente ad una qualifica inferiore concreta svolgimento di mansioni dirigenziali.

Di conseguenza, al reggente deve essere riconosciuto il trattamento retributivo corrispondente alle mansioni dirigenziali svolte, compresa la retribuzione di posizione, parte variabile, e la retribuzione di risultato.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sez. lavoro, con l’ordinanza n. 16698 del 25 giugno 2018.

L’ipotesi della reggenza di un ufficio dirigenziale si verifica quando un simile ufficio sia sprovvisto del titolare e sia, quindi, retto temporaneamente (“in attesa della destinazione del dirigente titolare”) da parte di un dipendente appartenente ad una qualifica inferiore.

In tale ipotesi speciale la p.a. è tenuta a provvedere alla copertura del posto vacante nei limiti di tempo ordinariamente previsti.

Solo in questo caso non si producono gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori.

Al contrario, se la p.a. non si attiva per la copertura del posto, la reggenza dell’ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali, con conseguente diritto del lavoratore al riconoscimento delle differenze retributive tra il trattamento economico percepito e quello proprio delle superiori mansioni svolte.

Nelle differenze retributive, in questa peculiare ipotesi, vanno ricompresi anche gli elementi accessori e, dunque, sia la retribuzione di posizione che quella di risultato, superando la disciplina prevista dalla contrattazione collettiva la quale individua, e non potrebbe essere diversamente, la retribuzione e i suoi elementi accessori in relazione alle qualifiche formali di appartenenza.

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