26/06/2019 – Sulla natura giuridica della convenzione di lottizzazione

Sulla natura giuridica della convenzione di lottizzazione

di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Nella sentenza in esame l’adito Consiglio di Stato si sofferma in tema convenzione di lottizzazione inquadrandola negli accordi sostitutivi di provvedimento, in quanto costituisce l’esercizio consensuale di un potere di pianificazione territoriale che sfocia in un progetto ed in una serie di disposizioni urbanistiche generanti obbligazioni od oneri, rese pubbliche grazie alla trascrizione, che si impongono anche agli aventi causa dal lottizzante in forza della loro provenienza e della funzione sostitutiva (Cons. Stato, Sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 324).
A dette convenzioni, come previsto all’art. 11, comma 2, L. 7 agosto 1990 n. 241, si applicano i principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti, per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica (Cass. civ., S.U., 1 luglio 2009, n. 15388Cons. Stato, Sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 324Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 616Cons. Stato, Sez. IV, 2 agosto 2011, n. 4576).
La giurisprudenza ha poi precisato come, nei casi in cui si faccia ricorso ad uno strumento alternativo all’attività di carattere provvedimentale, l’amministrazione, oltre a continuare a disporre dei propri poteri autoritativi, può avvalersi di tutte le prerogative concesse dal codice civile ai contraenti privati (Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6474; Cons. Stato, Sez. VI, 6 novembre 1998, n. 1448; Cons. Stato, Sez. VI, 23 agosto 2010, n. 5904Cons. Stato, Sez. VI, 17 maggio 2010, n. 3129Cons. Stato, Sez. V, 27 gennaio 2006, n. 236T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. I, 16 settembre 2009, n. 1446; T.A.R. Lombardia, Brescia, 13 agosto 2003, n. 1157).
L’esercizio della potestà pubblicistica non va, dunque, a detrimento della capacità privatistica ma si somma ad essa: vi è un concorso e non un’alternatività di poteri, salva, ovviamente, l’impossibilità di conseguire due volte lo stesso risultato.
Ad ogni modo, anche volendo tener presente i diversi orientamenti interpretativi maturati in ordine al tema della natura privatistica» o «pubblicistica» della convenzione urbanistica – e orientati a valorizzarne ora la sostanza contrattuale, ora la funzione di integrazione o sostituzione del provvedimento amministrativo – deve sottolinearsi come tutti convergano nel ritenere pacifica l’insorgenza, proprio per effetto della convenzione medesima, di obbligazioni a carico del soggetto privato, cui corrispondono altrettante posizioni della Pubblica Amministrazione qualificabili come «diritti di credito».
Conseguentemente, in caso di inadempimento della parte lottizzante o del suo avente causa, all’amministrazione è pacificamente riconosciuto il diritto di avvalersi di tutti i rimedi offerti dall’ordinamento al privato creditore, per poter realizzare coattivamente il proprio interesse patrimoniale (T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 21 febbraio 2014, n. 318).
Ed ancora: «poiché la convenzione di lottizzazione rientra fra gli accordi procedimentali di cui all’art. 11L. 7 agosto 1990, n. 241, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia concernente la risoluzione della suddetta convenzione per inadempimento della Pubblica amministrazione o del privato lottizzante (Cons. Stato, Sez. IV , 28 novembre 2012, n. 6033Cons. Stato, Sez. IV, 23 agosto 2010, n. 5904)» (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 21 marzo 2014, n. 306
Nel solco di questo insegnamento giurisprudenza il Collegio di Palazzo Spada – nella sentenza qui in esame – mette in evidenza come le convenzioni urbanistiche debbano essere considerate «rebus sic stantibus», alla luce della sempre possibile sopravvenienza di interessi pubblici.
In ordine, poi, alla individuazione dei soggetti obbligati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione previste da una convenzione di lottizzazione (i principi, mutatis mutandis, sono applicabili ad ogni convenzione urbanistica), la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 9 gennaio 2019, n. 199Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 2019, n. 3127) ha recentemente affermato che:
a) al fine di individuare quali sono i legittimati passivi in caso di inadempimento è necessario, in via preliminare, definire la natura giuridica delle obbligazioni derivanti dalla convenzione stipulata con l’ente locale;
b) al riguardo, le convenzioni urbanistiche hanno lo scopo di garantire che all’edificazione del territorio corrisponda non solo l’approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, ma anche il suo equilibrato inserimento in rapporto al contesto di zona che, nell’insieme, garantiscano la normale qualità del vivere in un aggregato urbano discrezionalmente, e razionalmente, individuato dall’autorità preposta alla gestione del territorio;
c) è in quest’ottica che devono essere letti ed interpretati gli obblighi dedotti nelle convenzioni urbanistiche e, per tale motivo, la giurisprudenza di legittimità ha sempre affermato che l’obbligazione assunta di provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione da colui che stipula una convenzione edilizia è di natura propter rem (Cass. civ., Sez. I, 20 dicembre 1994, n. 10947Cass. civ., Sez. II, 26 novembre 1988, n. 6382);
d) la natura reale dell’obbligazione comporta che all’adempimento della stessa sono tenuti non solo i soggetti che stipulano la convenzione, ma anche quelli che richiedono la concessione, quelli che realizzano l’edificazione ed i loro aventi causa (Cass. civ., 15 maggio 2007, n. 11196Cass. civ., Sez. II, 27 agosto 2002, n. 12571);
e) il meccanismo dell’ambulatorietà passiva dell’obbligazione, proprio della natura propter rem, non trasforma ex se gli aventi causa dei lottizzanti in “parti” a pieno titolo del rapporto convenzionale, ma li rende semplicemente corresponsabili nell’esecuzione degli impegni presi.
Si vedano ancora i seguenti arresti della giurisprudenza:
– «”la giurisprudenza si è oramai orientata nell’affermare, all’interno delle convenzioni di urbanizzazione, la prevalenza del profilo della libera negoziazione. Infatti, si è affermato (Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2003, n. 33Cons. Stato, Sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4015) che, sebbene sia innegabile che la convenzione di lottizzazione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenti un istituto di complessa ricostruzione, non può negarsi che in questo si assista all’incontro di volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale retta dal codice civile.” (così Cons. Stato, Sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 351 …). Coerentemente, con tale inquadramento, la giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha reiteratamente affermato l’applicabilità alle convenzioni urbanistiche delle regole ermeneutiche fissate dagli artt. 1362 ss. del codice civile per l’interpretazione dei contratti (Cons. Stato, Sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4810T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 3 aprile 2014, n. 879T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 27 marzo 2013, n. 780). Corrisponde, inoltre, a un’acquisizione giurisprudenziale consolidata la possibilità di convenire, a carico del privato, obbligazioni eccedenti quanto sarebbe normativamente dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione» (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 23 luglio 2014, n. 1997);
– «La convenzione di lottizzazione è inquadrabile negli accordi sostitutivi di provvedimento: così come previsto all’art. 11, comma 2, L. 7 agosto 1990, n. 241 trovano applicazione i principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica (cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 1 luglio 2009, n. 15388Cons. Stato, Sez. IV, Sent. 21 gennaio 2013, n. 3242 febbraio 2012, n. 6162 agosto 2011, n. 4576). Si applica, in particolare, la previsione di cui all’art. 1256 c.c., ai sensi del quale “l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”. Per giurisprudenza costante, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore deve possedere i caratteri dell’oggettività e della assolutezza, tali da costituire un ostacolo insormontabile all’adempimento non solo per un particolare debitore ma in genere per tutti i soggetti della medesima condizione. E’ onere del debitore provare che l’inadempimento siano stato determinato da impossibilità della prestazione derivata da causa oggettivamente ad esso non imputabile» (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 17 gennaio 2014, n. 194).

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