25/10/2015 – il commento del collega Claudio Rossi all’articolo di Oliveri su San Remo e INPS

Pubblichiamo il commento del collega Claudio Rossi all’articolo di Luigi Oliveri sui casi San Remo e INPS. Non abbiamo chiesto la loro autorizzazione e pubblichiamo considerando Oliveri e Rossi personaggi pubblici. Siamo pronti ad eliminare il post su loro semplice richiesta.

Questo il commento. 

Quasi totalmente d’accordo, Oliveri. E la ringrazio per queste sue continue e stimolanti riflessioni che nessuno osa fare con analogo acume ed ampiezza di vedute (vorrei incidentalmente ma amichevolmente notare come neanche lei disdegna qualche considerazione che non sia di rigido ius condito).

D’accordissimo sulla “inutile giostra” della performance… La funzione pubblica va esercitata per se stessa e non dovrebbe essere oggetto di “mercanteggiamenti” ultronei. 

Il punto che non mi convince del tutto (ossia mi persuade solo parzialmente) è quello sui poteri datoriali della dirigenza.

Lei ne fa oggetto di una analisi che a me risulta monca. Tutto quanto accaduto a San Remo ma più in generale il ruolo incerto della dirigenza sarebbe causato dalla scarsità di tempo a disposizione (“dovrebbe poter dedicare maggiore tempo e risorse alla vigilanza dell’operato dei propri dipendenti”). Ossia, a suo giudizio la crisi della funzione “datoriale” sarebbe data essenzialmente dal fatto che il dirigente è soverchiato da una “miriadi di adempimenti parcellizzati e puntiformi,”. Senza poi mancare di porre l’accento su uno dei suoi (legittimi) cavalli di battaglia: la dirigenza “a contratto”, ossia non organicamente inserita nella dotazione degli enti.

Osservazioni condivisibili e fondate. Così come certamente fondate e condivisibili sono le sue critiche al “protettorato” che la politica ha posto sulle amministrazioni pubbliche e sulla ingerenza che sempre la politica pretende di esercitare finanche sulla dislocazione degli uffici sul territorio.

Ma qui sta il punto. Si tratta (proprio per quel che concerne il “protettorato” e “l’ingerenza” della politica) di patologie o di aporie del sistema?

Questa la domanda che io cerco di porle.

Se fosse una patologia, significa che il sistema “in sé” sarebbe sano, e la disfunzione sarebbe causata da fattori occasionali o dagli operatori stessi. Se invece è una “aporia” significa che è l’impianto del sistema ad essere in contraddizione con se stesso. Come è facile comprendere non si tratta di differenza di poco momento.

Tutto ruota su quel “principio di separazione” che, a partire dai primi anni ’90 del secolo scorso, è stato assunto (spesso dogmaticamente ed altrettanto spesso ottusamente) a fondamento dell’organizzazione amministrativa. O almeno così ci rappresenta la propaganda imperante.

Quello che lei chiama “protettorato” della politica non è frutto di una “patologia” del sistema ma di una aporia del sistema stesso. Il principio di separazione semplicemente non esiste. E’ una trovata ideologica. Un drammatico specchietto per le allodole. Un trucco che ora la L. 124/15 ha svelato, portando il sistema alle sue compiute conseguenze (con una sorta di manovra a tenaglia: da un lato la precarizzazione del rapporto di lavoro dirigenziale e poi con la trovata contenuta nella lettera m) dell’art. 11 in cui si stabilisce il principio della “esclusiva imputabilità ai dirigenti della responsabilità per l’attività gestionale”)…

Come può esistere il principio di separazione in presenza dell’art. 95, comma 2, della Costituzione? Come può esistere principio di separazione, a livello locale, in presenza (a tacer d’altri) degli artt. 48, comma 3, 50 e 109 del TUEL? Non sta scritto nel primo comma dell’art. 109 che i dirigenti “sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell’assessore di riferimento”? Che principio di separazione può esistere in presenza di una norma siffatta che trasforma il dirigente nella “longa manus” (una protesi azionata dal politico a suo piacimento) del politico di turno?

Ripartiamo dalla radice dei problemi… Facciamo pulizia delle superfetazioni ideologiche e sgomberiamo il campo dell’ipocrisia. Solo così possiamo tentare di affrontare i problemi con raziocinio e coerenza. Un approccio evenemenziale, anche quando coglie singoli ed importantissimi aspetti delle questioni, non attinge la causa prima e vera.

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