25/08/2018 – I controlli successivi di regolarità amministrativa

I controlli successivi di regolarità amministrativa

di Roberto Rizzi

Nozione e definizione dell’istituto

Nell’ambito della disciplina generale sui “controlli interni” si inseriscono i “controlli successivi di regolarità amministrativa” contemplati dall’art. 147-bis del D.Lgs. n. 267/2000.

Il comma 2 della richiamata norma espressamente prevede che “Il controllo di regolarità amministrativa è inoltre assicurato, nella fase successiva, secondo principi generali di revisione aziendale e modalità definite nell’ambito dell’autonomia organizzativa dell’ente, sotto la direzione del segretario, in base alla normativa vigente. Sono soggette al controllo le determinazioni di impegno di spesa, i contratti e gli altri atti amministrativi, scelti secondo una selezione casuale effettuata con motivate tecniche di campionamento”.

Il comma 3 della stessa norma prevede che “Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili dei servizi, unitamente alle direttive cui conformarsi in caso di riscontrate irregolarità, nonché ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la valutazione, e al consiglio comunale”.

Natura giuridica dell’istituto

controlli successivi di regolarità amministrativa – per le caratteristiche che li contraddistinguono – sono certamente annoverabili nell’ambito dei controlli di tipo collaborativo.

In buona sostanza, il fine principale del controllo successivo di regolarità amministrativa è quello di ricondurre, per quanto possibile, nell’alveo della regolarità amministrativa l’attività provvedimentale dell’Ente mediante l’adozione di opportune azioni correttive.

Fondamento dell’istituto

Il fondamento dei controlli successivi di regolarità amministrativa risiede nel più ampio novero delle azioni e delle misure a disposizione del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (R.P.C.T.) finalizzate a prevenire i rischi di corruzione, così come previsto dalla legge n. 190/2012 a cui ha fatto seguito nello stesso anno, il Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A.) e, a cascata, i diversi Piani triennali di prevenzione della corruzione e della trasparenza (P.T.P.C.T.) approvati dalle singole pubbliche amministrazioni.

Figure affini

Restando al tema dei “controlli interni” nell’ambito dell’ordinamento degli enti locali, i controlli successivi di regolarità amministrativa presentano alcuni profili di contatto con i controlli che avvengono nella “fase preventiva” ed, invero, in base all’art. 147-bis comma 1 del D. Lgs. n. 267/2000, “il controllo di regolarità amministrativa e contabile è assicurato, nella fase preventiva della formazione dell’atto, da ogni responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità tecnica attestante la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa. Il controllo contabile è effettuato dal responsabile del servizio finanziario ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto attestante la copertura finanziaria”.

A ben vedere, dunque, “il controllo nella fase preventiva” involge non soltanto gli aspetti della regolarità amministrativa (come avviene nella fase “successiva” che si proietta esclusivamente sui profili amministrativi) ma anche gli aspetti che riflettono la regolarità contabile nel duplice profilo della legittimità e del merito in termini di opportunità e convenienza della decisione amministrativa.

Tra le figure affini, ma con finalità di tutt’altro tenore, rispetto al controllo successivo di regolarità amministrativa si ricorda, per completezza e in estrema sintesi, il controllo ispettivo (si cita l’esempio del controllo posto in essere dalla Ragioneria Generale dello Stato in materia di spesa del personale prodromico all’eventuale esercizio dell’azione di responsabilità a carico di funzionari e amministratori pubblici), il controllo sostitutivo (si cita l’esempio del Commissario ad acta che pone in essere l’atto al quale era tenuto il soggetto che era obbligato a farlo e lo ha omesso) ed il controllo repressivo (si cita l’esempio dell’annullamento o della revoca adottati in presenza di una accertata non conformità dell’atto alla norma giuridica o all’interesse pubblico).

La regolarità amministrativa

Non è prevista una definizione normativa di “regolarità amministrativa” anche se, ragionevolmente, essa coincide con l’attività finalizzata ad una generale verifica di rispondenza dell’attività amministrativa alle norme e principi di legge, statuto e regolamenti dell’Ente in cui si esercita il controllo.

In linea generale, il controllo successivo di regolarità amministrativa si traduce nella verifica di molteplici aspetti della gestione che, ferma restando la pregiudiziale e preliminare verifica di rispondenza dell’attività amministrativa alle norme e principi di legge, statuto e regolamenti dell’Ente, si può ricondurre ai seguenti ulteriori criteri di controllo:

  • controllo di conformità del criterio relativo al principio generale della trasparenza amministrativa, con particolare riferimento all’adeguatezza della motivazione;
  • controllo di conformità del criterio relativo al principio generale della correttezza amministrativa, con particolare riferimento al rispetto del principio di buona fede;
  • controllo di conformità del criterio relativo alla regolarità amministrativa in ordine ai procedimenti di spesa;
  • controllo di conformità del criterio relativo alla regolarità amministrativa in ordine alle procedure di gara, con particolare riferimento al rispetto del principio di rotazione ed al divieto di artificioso frazionamento dell’appalto;
  • controllo di conformità del criterio relativo alla regolarità amministrativa in ordine alla concessione di contributi e relativa rendicontazione;
  • controllo di conformità del criterio relativo alla regolarità amministrativa in ordine a convenzioni, contratti di lavoro ed altri atti analoghi;
  • controllo di conformità del criterio relativo alla regolarità amministrativa in ordine ai bandi/avvisi pubblici di procedure selettive/concorsuali per il reclutamento di personale;
  • controllo di conformità del criterio relativo alla regolarità amministrativa in ordine al rispetto dei tempi del procedimento.

I principi generali di revisione aziendale

Il richiamo ai “principi generali di revisione aziendale” rimanda ai principi di revisione italiani approvati dalla Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) con delibera n. 13809 del 30 ottobre 2002 e successive modifiche; essi si basano essenzialmente sui principi di revisione internazionali.

Il riferimento ai principi generali di revisione aziendale che, com’è noto, sono principi di matrice contabile, appare non conforme alla finalità del controllo che – come testualmente recita la norma – è un controllo successivo limitato alla sola regolarità amministrativa (e non anche contabile) delle determinazioni, dei contratti e degli atti sottoposti a controllo.

Probabilmente, la stesura della norma ha scontato una non corretta fase di drafting in quanto la originaria versione della disposizione contemplava – nel contesto dell’ambito oggettivo del controllo successivo di regolarità amministrativa – anche il controllo contabile (in fase successiva) che il legislatore stralciò in sede di conversione della norma (ndr. introdotta con D.L. n. 174/2012, convertito, con modificazioni, in L. n. 213/2012).

I principi di revisione aziendale, tuttavia, seppure non applicabili al contesto dei controlli successivi di regolarità amministrativa, potrebbero assumere una qualche rilevanza nel momento in cui il segretario generale – responsabile dei controlli – deve refertare la determinazione, il contratto o l’atto oggetto di controllo. A questo punto, egli potrebbe valersi delle “tipologie di giudizio” coniate dall’Ordine dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili che, in applicazione del principio di revisione 002 del 6 aprile 2011, ha introdotto particolari tipologie di giudizio. Con le opportune variazioni si potrebbe utilizzare la tabella che segue anche in sede di elaborazione del referto di controllo successivo di regolarità amministrativa, avendo cura di sostituire la parola “bilancio” con la parola “determinazione”, “contratto” o “atto” oggetto di controllo. Introducendo le opportune variazioni, le tipologie di giudizio sul bilancio elaborate dall’Ordine dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili in applicazione del principio di revisione 002, si potrebbe adottare il seguente schema per la formulazione dei giudizi relativi agli esiti del controllo successivo di regolarità amministrativa:

Tipologie di giudizio sulle determinazioni/contratti/atti e circostanze pertinenti

Circostanza

Effetti rilevanti e pervasivi sulla determinazione/contratto/atto nel suo complesso

Tipo di giudizio

Non sono state riscontrate né deviazioni di effetto significativo dalle norme di legge e/o dai principi generali di riferimento, né significative limitazioni allo svolgimento di procedure di controllo ritenute necessarie, nella applicazione degli statuiti principi di revisione

NON APPLICABILE

Giudizio senza rilievi

Deviazioni significative dalle norme di legge e/o dai principi generali di riferimento

NO

Giudizio con rilievi

Deviazioni significative dalle norme di legge e/o dai principi generali di riferimento

SI

Giudizio negativo

Limitazioni significative allo svolgimento di procedure di revisione ritenute necessarie

NO

Giudizio con rilievi

Limitazioni significative allo svolgimento di procedure di revisione ritenute necessarie

SI

Impossibilità di esprimere il giudizio

Le modalità di controllo definite nell’ambito dell’autonomia organizzativa dell’Ente: il necessario aggancio all’azione di “mappatura” dei processi a rischio di corruzione

I controlli successivi di regolarità amministrativa costituiscono oggetto di specifica disciplina che gli Enti locali, di norma, implementano all’interno della più ampia disciplina regolamentare dei “controlli interni”.

Da questo punto di vista la norma di cui all’art. 147-bis comma 2 del D. Lgs. n. 267/2000 pone un vincolo espresso nella parte in cui precisa che “sono soggette al controllo le determinazioni di impegno di spesa, i contratti e gli altri atti amministrativi, scelti secondo una selezione casuale effettuata con motivate tecniche di campionamento”.

In particolare, la “selezione casuale” si traduce – di norma – nella estrazione casuale ed informatizzata delle determinazioni di impegno di spesa, dei contratti e degli altri atti amministrativi oggetto di controlli successivi di regolarità amministrativa.

Le “motivate tecniche di campionamento”, invece, attengono alla tipologia di provvedimenti o atti rispetto ai quali effettuare il controllo: esse non possono prescindere dalla preliminare mappatura dei processi a rischio di corruzione, così come elaborata a livello di ciascun Ente.

In altre parole, la casualità della selezione, così come anche le tecniche di campionamento utilizzate dovranno essere coerenti con gli ambiti provvedimentali maggiormente esposti al rischio di corruzione: appalti, concessione di contributi, procedure concorsuali, contratti di lavoro, attività di pianificazione e governo del territorio, solo per citare alcuni tra i più rilevanti esempi.

Qualche osservazione merita la parte della richiamata norma, ex art. 147-bis comma 2 del D. Lgs. n. 267/2000, che individua nei “contratti” una parte significativa dell’ambito oggettivo di controllo.

Sul punto è utile rimarcare che la direzione dei controlli successivi di regolarità amministrativa è rimessa, per legge, alla responsabilità del segretario comunale che, quale ufficiale rogante dell’Ente, esercita a monte un controllo di legittimità sul contratto in cui è parte l’Ente stesso.

Non si comprende, pertanto, la ragione per cui il legislatore abbia previsto i “contratti” quale ambito essenziale del controllo, almeno che non si voglia interpretare questa previsione come finalizzata a restringere l’ambito oggettivo del controllo come (inevitabilmente) riferito ai soli contratti annotati nella “Raccolta degli atti privati” e rispetto ai quali il segretario comunale non svolge alcun controllo a monte in quanto per essi non è previsto l’obbligo normativo di rogazione del contratto: ci si riferisce, in ispecie, ai contratti per le concessioni di loculi cimiteriali, ai contratti di lavoro subordinato, ai contratti di transazione, alle convenzioni tra enti, solo per citare gli esempi più ricorrenti.

Le risultanze del controllo

Sul piano organizzativo, i controlli successivi di regolarità amministrativa sono diretti (per legge) dal segretario comunale che, opportunamente, dovrà avvalersi della collaborazione istruttoria di uno o più funzionari esperti nelle materie oggetto del controllo, i cui esiti vengono formalizzati nella cosiddetta “scheda di controllo” che assume natura di vero e proprio referto.

Come già anticipato la norma ex art. 147-bis comma 3 prevede che “Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili dei servizi, unitamente alle direttive cui conformarsi in caso di riscontrate irregolarità, nonché ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la valutazione, e al consiglio comunale”.

La norma, pertanto, riconosce al segretario comunale “in caso di riscontrate irregolarità” il potere di impartire direttive e non anche altri poteri di taglio più pervasivo, come – per esempio – il potere di annullamento o altri poteri di portata demolitiva.

La ratio della norma sembra orientata a salvaguardare l’autonomia gestionale dei dirigenti che hanno emanato il provvedimento o l’atto oggetto di controllo rispetto al quale i dirigenti “in caso di riscontrate irregolarità” hanno l’obbligo di “conformarsi” alle direttive impartite dal segretario comunale.

La norma, per come strutturata, si espone a diversi profili critici per le seguenti ragioni:

  1. introduce il concetto sostanzialmente vago di “irregolarità”, piuttosto che di “illegittimità” o, più in generale, di “violazione”;
  2. attribuisce al segretario comunale il potere di direttiva a cui i dirigenti hanno l’obbligo di conformarsi.

Come già rimarcato, aderendo alla tesi che intende l’ “irregolarità” quale vizio che si traduce nella mancata rispondenza dell’attività amministrativa alle norme e principi di legge, statuto e regolamenti dell’Ente in cui sui esercita il controllo, appare decisamente spuntatal’azione di controllo del segretario comunale che non può andare al di là di un generico potere di impartire direttive rispetto alle quali sussiste l’obbligo di conformazione da parte dei dirigenti che hanno posto in -essere il provvedimento o l’atto viziato.

In realtà, ad un’attenta analisi, l’obbligo di conformazione ricadente sui dirigenti sembrerebbe valorizzare l’azione di controllo del segretario comunale, seppure nella considerazione dei limiti oggettivi che contraddistinguono questa particolare categoria di controlli che, in quanto “successivi”, devono misurarsi con gli effetti già posti in essere dal provvedimento viziato, con le situazioni giuridiche soggettive cristalizzatesi dopo la sua adozione, con la salvaguardia del principio di affidamento e di buona fede posto a presidio dei diritti, degli interessi o, più semplicemente, delle aspettative dei terzi.

Un tema di sicuro interesse, ad oggi non ancora apprezzato sul piano dei precedenti giurisprudenziali, è rappresentato dall’eventuale impugnazione (da parte del dirigente destinatario del controllo) dell’atto negativo di controllo assunto in sede di controlli successivi di regolarità amministrativa.

Muovendo dalla più volte richiamata norma ex art. 147-bis comma 2 del D. Lgs. n. 267/2000, considerato l’obbligo di conformazione ricadente sul dirigente destinatario dell’atto di controllo, egli potrebbe adire il giudice amministrativo per ottenere l’annullamento dell’atto negativo di controllo, fermo restando il diritto al risarcimento del danno qualora riesca a soddisfare l’onere probatorio.

Da questo punto di vista, non trascurabile la circostanza in base alla quale gli esiti del controllo successivo di regolarità amministrativa sono trasmessi agli organi di valutazione, oltre che ai revisori legali dei conti e agli organi di indirizzo politico-amministrativo dell’Ente.

I soggetti istituzionali appena citati pur nei rispettivi e diversi ruoli, in presenza di un controllo negativo a carico del dirigente, sono in grado di incidere, negativamente, sulla valutazione della sua performance, con effetti riduttivi della retribuzione di risultato e dello sviluppo professionale. E’ questa la ragione che, in proiezione futura, potrebbe aprire un nuovo varco al contenzioso amministrativistico, soprattutto se i controlli successivi di regolarità amministrativa saranno in grado di costituire efficace presidio sul fronte della prevenzione della corruzione e della trasparenza amministrativa.

(Altalex, 24 agosto 2018. Articolo di Roberto Rizzi)

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