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La dichiarazione di inconferibilità spetta al Responsabile Anticorruzione dell’ente e non all’ANAC

di Vincenzo Giannotti – Dirigente del Settore Gestione Risorse (Umane e Finanziarie) del Comune di Frosinone

A seguito della nomina di un Sindaco quale Presidente di un ente pubblico economico, l’ANAC aveva ordinato al responsabile anticorruzione del citato ente di avviare il procedimento di dichiarazione della nullità del conferimento dell’incarico di Presidente. Il responsabile anticorruzione era di diverso avviso, tanto da archiviare il provvedimento di inconferibilità. A fronte della citata inerzia, l’ANAC disponeva con proprio atto la nomina di un Commissario ad acta che, sostituendosi al responsabile anticorruzione dell’ente pubblico economico ne disponeva la nullità dell’incarico per inconferibilità. Avverso tale decisione ricorreva il Presidente unitamente all’ente pubblico economico al fine di dichiarare l’illegittimità dei provvedimenti adottati dall’ANAC e per essi dal Commissario ad acta.

Le motivazioni dei giudici amministrativi

Una volta chiarito in via preliminare come le disposizioni sulla inconferibilità degli incarichi siano riferibili anche agli enti pubblici economici, il Collegio amministrativo precisa come le disposizioni del D.Lgs. n. 39 del 2013 attribuiscono all’ANAC un potere di vigilanza sul rispetto delle disposizioni del decreto. L’art. 16 del citato decreto stabilisce testualmente, al comma 1, come tale potere si attua “anche con l’esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi”, prevedendo la possibilità per l’Autorità, anche d’ufficio, di “sospendere la procedura di conferimento dell’incarico con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull’atto di conferimento dell’incarico, nonché segnalare il caso alla Corte dei conti per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative”. Qualora l’amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico intenda comunque procedere al conferimento dell’incarico deve motivare l’atto tenendo conto delle osservazioni dell’Autorità (art. 16, comma 2). In altri termini, la normativa citata delinea chiaramente il ruolo e i compiti dell’Anac in materia di inconferibilità di incarichi e li descrive nei termini dell’esercizio di un generale potere di vigilanza, rafforzato attraverso il riconoscimento di forme di dissuasione e di indirizzo dell’ente vigilato, che possono anche condurre alla sospensione di un procedimento di conferimento ancora in fieri ma che non possono comunque mai portare alla sostituzione delle proprie determinazioni a quelle che solo l’ente vigilato è competente ad assumere. Pertanto, il legislatore con la citata normativa ha inteso regolare i rispettivi rapporti, tra Autorità vigilante ed ente vigilato (nella persona del responsabile per la prevenzione della corruzione), in termini di vigilanza e indirizzo dal lato della prima e di effettivo esercizio del potere decisionale (ed assunzione delle relative responsabilità) da parte del secondo. Da ciò ne discende come una differente interpretazione, che riconoscesse all’Anac, nella suggestiva veste di “estremo garante” della materia dell’anticorruzione, l’esercizio di un potere d’ordine talmente penetrante, tale da predeterminare il contenuto del provvedimento di competenza del RPC dell’ente vigilato, non sarebbe, quindi, accettabile, perché si porrebbe al di fuori del rispetto del principio di legalità.

In definitiva, solo ed esclusivamente al RPC dell’ente, e non anche all’Anac, spetta il potere di dichiarare la nullità di un incarico ritenuto inconferibile ed assumere le conseguenti determinazioni. Va, inoltre, chiarito come l’assenza di un potere di ordine in capo all’Autorità e il riconoscimento al solo RPC del potere di decidere in ordine alla inconferibilità o meno di un incarico, non comportano comunque alcun vuoto di tutela né una potenziale sterilizzazione degli effetti perseguiti dalle norme in materia di anticorruzione, poiché l’atto adottato dal responsabile non si sottrae al possibile sindacato giurisdizionale di questo giudice e i suoi effetti potranno essere per questa via rimossi.

Tale impostazione è, inoltre coerente con quanto già il giudice amministrativo ha avuto in passato di affermare, precisando che solo al RPC dell’ente spetta il compito, ove ne ravvisi i presupposti, di dichiarare la nullità di conferimento dell’incarico e la sussistenza della responsabilità dell’organo che lo ha conferito. La pronuncia ha anche chiarito che il potere dell’Autorità non può sconfinare oltre l’alveo dell’attribuzioni ad essa conferite dalle disposizioni di rango primario e può, al più, esprimere “il proprio qualificato orientamento al naturale destinatario, invitandolo ad adottare, nel rispetto della propria autonomia organizzativa, le determinazioni a cui era tenuto nel rispetto delle disposizioni di legge in tema di inconferibilità o incompatibilità” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 8 giugno 2016, n. 6593).

Conclusioni

Per le sopra indicate motivazioni, la delibera con cui l’Anac ha ordinato al RPC dell’ente di avviare il procedimento di dichiarazione della nullità del conferimento dell’incarico di Presidente è stata adottata al di fuori dell’esercizio dei poteri di vigilanza spettanti all’Autorità ed è quindi illegittima. Le medesime considerazioni valgono anche per la delibera dell’Anac e il successivo decreto commissariale, che sono affetti da invalidità derivata per effetto della illegittimità del decreto iniziale dell’ANAC. Da ciò ne discende che gli atti impugnati vanno annullati.

 

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