21/09/2019 – Urbanistica. Costruzione muro di recinzione

Urbanistica. Costruzione muro di recinzione
Pubblicato: 20 Settembre 2019
Cass. Sez. III n. 31617 del 18 luglio 2019 (UP 6 giu  2019)

La realizzazione di un muro di recinzione necessita del previo rilascio del permesso a costruire in cas in cui, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area relativa, lo stesso sia tale da modificare l’assetto urbanistico del territorio, così rientrando nel novero degli “interventi di nuova costruzione” di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, lett. e)

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Patti che aveva condannato Campisi Salvatore, alla pena di venti giorni di arresto e € 5.000 di ammenda, in relazione ai reati di cui all’art. 44 lett. b) d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere realizzato, sul terreno di sua proprietà, in assenza di permesso a costruire, lavori di costruzione di un muro di cinta parallelo alla strada rotabile, costituito da blocchi di cemento, e relativo cancello in ferro della lunghezza di m. 3,20,  lungo m. 12 e altezza cm. 60, sviluppandosi per l’intera estensione longitudinale, nonché una base di cemento delle dimensioni di m. 8,20 x m. 8,90. Fatti accertati in Sinagra il 17/09/2014.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico e articolato motivo, la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen., in relazione all’erronea applicazione della legge regionale della Sicilia, art. 3 della legge n. 16 del 2016, e travisamento della prova decisiva.

Secondo la legge regionale della Sicilia all’art. 3 lett. g) della legge n. 16 del 2016, per la realizzazione di recinzioni di fondi rustici, non sarebbe necessario il preventivo rilascio del permesso a costruire, sicchè la sentenza impugnata avrebbe condannato il ricorrente sull’erroneo presupposto della necessità di titolo abilitativo. Avrebbe poi omesso di considerare, e, dunque, avrebbe travisato, il dato probatorio proveniente dal testimoniale secondo cui la base di cemento era funzionale per l’essicazione dei prodotti ortofrutticoli coltivati dall’imputato. Anche l’installazione di un cancello non avrebbe comportato alcuna trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, sicchè non sarebbe necessario il rilascio di alcuna concessione edilizia.

Infine, avrebbe errato la sentenza nell’escludere la natura pertinenziale delle opere di recinzione, la cui funzione esclusiva era quella di delimitare, proteggere ed abbellire la proprietà.

3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo di ricorso, meramente ripetitivo della stessa doglianza devoluta ai giudici dell’impugnazione e da quei giudici disattesa con motivazione congrua e corretta in diritto, è manifestamente infondato.

2. Inammissibile in quanto diretto ad una rivalutazione del merito, è il dedotto “travisamento della prova” laddove, secondo il ricorrente, la corte territoriale avrebbe omesso di valutare quanto dichiarato dal Campisi sulla funzione delle opere realizzate, e, segnatamente, l’affermazione secondo cui la piattaforma in cemento armato era funzionale all’essicazione degli ortaggi prodotti nel terreno dell’imputato in quanto coltivatore diretto, che non può essere oggetto di sindacato, quale vizio delle motivazione, tenuto conto dell’apparatato logico argomentativo dei giudici del merito, fondato su elementi di prova presenti nell’orizzonte cognitivo e dell’aderenza della motivazione agli stessi.

3. Quanto alla denunciata violazione di legge in relazione all’art. 6 della legge regionale della Sicilia n. 37/85 (oggi art. 3 della legge regionale della Sicilia n. 16 del 2016), nella parte in cui esclude dalla necessità di rilascio del permesso a costruire per le “recinzioni di fondi rustici”, la censura è manifestamente infondata.

Risulta accertato in fatto, e non oggetto di contestazione, la realizzazione sul fondo agricolo dell’imputato delle seguenti opere edilizie: muro di cinta parallelo alla strada rotabile, costituito da blocchi di cemento, e relativo cancello in ferro della lunghezza di m. 3,20, lungo m. 12 e altezza cm. 60, sviluppandosi per l’intera estensione longitudinale, nonché una base di cemento delle dimensioni di m. 8,20 x m. 8,90.

Quanto alla necessità o meno, per le realizzate opere sopra descritte, del permesso a costruire, va precisato che in relazione alla recinzione di fondi rustici, come affermato da un indirizzo giurisprudenziale risalente, ma che si deve ribadire, occorre andare, di volta in volta a verificare l’estensione dell’area e se tale recinzione risulti realizzata con opere edilizie permanenti.

Questa Corte di legittimità ha affermato che la realizzazione di un muro di recinzione necessita del previo rilascio del permesso a costruire in casi, come quello che ci occupa in cui, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area relativa, lo stesso sia tale da modificare l’assetto urbanistico del territorio, così rientrando nel novero degli “interventi di nuova costruzione” di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, lett. e) (Sez. 3, n.  4755 del 13/12/2007, Romano, Rv. 238788).

In precedenza, si era anche precisato – e va qui ribadito – che la recinzione di un fondo rustico non necessita di concessione solo nel caso in cui la stessa venga attuata con opere non permanenti; il provvedimento autorizzativo è, invece, richiesto quando venga realizzata con materiale tipicamente edilizio tra cui rientra la zoccolatura di calcestruzzo (Sez. 3, n. 10566 del 30/09/1988, Baldo, Rv. 179570). E in altra pronuncia, nel valutare la realizzazione di un muro di recinzione in cemento armato, di dimensioni ben più modeste di quello che ci occupa, si era condivisibilmente affermata la necessità della concessione edilizia (oggi permesso per costruire) di fronte all’erezione al confine di un fondo rustico di un muro in cemento armato, o comunque in mattoni e malta cementizia, anche alto fuori terra solo 80 cm., ovvero di muro in cemento armato avente spessore di cm. 25 ed un’altezza di circa metri 1,80 (Sez. 3, n. 52040 del 11/11/2014, Langella, Rv. 261521 – 01), affermandosi, invece, che la concessione non è necessaria se la recinzione è realizzata con opere non permanenti, quali ad esempio semplici paletti conficcati nel terreno e filo spinato o un muretto cosiddetto a secco (Sez. 3, n. 5395 del 25/01/1988, Gadaleta, Rv. 178306).

4. Orbene, la semplice descrizione delle opere eseguite, come accertata nel giudizio di merito, evidenzia la correttezza della qualificazione dell’intervento come nuova costruzione dal primo giudice e confermata dalla Corte territoriale, trattandosi di opere di recinzione con materiale tipicamente edilizio, durevole nel tempo, e di dimensioni certamente significative, da cui anche l’esclusione della natura pertienziale delle opere. Il fine di abbellire e di delimitare il terreno non vale a mutare la natura delle opere di recinzione che, come si è visto, necessitavano, per le caratteristiche costruttive, il permesso a costruire.

In tale ambito alcun contrasto si pone con la legge regionale siciliana n. 16 del 2015 (“Recepimento del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”) che, pur tenuto conto della potestà legislativa regionale esclusiva in tale materia, esclude dal novero degli interventi soggetti a permesso a costruire, “la recinzione di fondi rustici”, senza ulteriore specificazione, dovendosi interpretare tale previsione in coerenza con il principio della necessità di titolo autorizzativo per opere che comportano trasformazione del territorio e che, dunque, sono realizzate con materiali tipicamente edilizi, non avendo il legislatore regionale diversamente stabilito.

5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 06/06/2019

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto