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Il rimborso delle spese legali deve obbligatoriamente essere connesso con l’espletamento del servizio

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

QUI T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 4 marzo 2019, n. 380

Un dipendente pubblico ha chiesto il rimborso delle spese legali sopportate per la propria difesa in giudizio all’esito dell’assoluzione piena di alcuni reati contestati e la prescrizione per altri. L’ente ha respinto la richiesta di rimborso in considerazione del fatto che, dall’analisi dei capi di imputazione, le condotte poste in essere, quali l’eccessivo ricorso alle spese di rappresentanza per pranzi e soggiorni e conseguente dispendio di risorse per l’Ente, le assunzioni a tempo indeterminato per chiamata diretta, senza alcuna evidenza pubblica, di parenti di dipendenti, non appaiono coerenti con l’esercizio delle pubbliche funzioni e dei compiti assegnati dalla legge ad un ente pubblico.

Avverso la decisione dell’ente il dipendente propone ricorso davanti al Tribunale Amministrativo sostendo l’errata motivazione del diniego al rimborso delle spese legali sopportate, in quanto il rapporto tra il dipendente e l’Amministrazione deve essere inquadrato alla stregua di un contratto di mandato. In altri termini, il mandante avrebbe l’obbligo di risarcire al mandatario i danni che questo ha subito a causa dell’incarico, purché il danno sia stato causa immediata e diretta dell’incarico stesso, ai sensi dell’art. 1720, comma 2, c.c.

La conferma del diniego del TAR

I giudici amministrativi di primo grado confermano le conclusioni cui è pervenuto l’ente nel diniego del rimborso delle spese legali, in quanto, al fine di poter ambire il dipendente pubblico al rimborso delle spese legali sostenute nel giudizio penale è necessario che il giudizio e l’attività difensiva siano connessi con l’espletamento del servizio e che il giudizio si sia concluso in modo favorevole per il dipendente. Occorre in particolare che gli atti o comportamenti posti alla base del processo penale risultino necessariamente collegati con l’adempimento di doveri d’ufficio e l’assolvimento di compiti istituzionali.

L’art. 18D.L. n. 67 del 1997, infatti, prescrive che: “Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato”. L’art. 1720 c.c. dispone, altresì, che “Il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta. Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subìti a causa dell’incarico”.

Nel caso di specie, l’avvio del giudizio penale non risulta inscindibilmente e necessariamente collegato con l’adempimento di doveri d’ufficio, secondo un modello comportamentale rigorosamente ispirato ai principi di deontologia professionale e di corretto esercizio del potere di vigilanza. In particolare, non risulta sussistente tra l’adempimento delle funzioni ed i capi di imputazione, ossia i reati ascritti, il nesso di causalità immediata e diretta che giustificherebbe la rimborsabilità delle spese legali. D’altra parte, sostengono i giudici amministrativi di primo grado, l’eccessivo ricorso alle spese di rappresentanza per pranzi e soggiorni, le modalità di affidamento degli incarichi, l’assunzione a tempo indeterminato per chiamata diretta di parenti di dipendenti, non sono connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali.

 

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