21/01/2017 – Difficile slalom tra regole contabili e giuridiche per la contrattazione decentrata

Difficile slalom tra regole contabili e giuridiche per la contrattazione decentrata

 
 
L’insistenza di questi anni nel tentare di cacciare nello sfondo le regole giuridiche a favore di una concezione prevalentemente economico-finanziaria, rende ancor più complicato di prima comprendere ed applicare le regole.

Basti pensare, per un attimo, alla vicenda delle assunzioni. Talmente è entrato nella convinzione che prevalga la dimensione finanziaria della costituzione del rapporto di lavoro, che si è giunti alla persuasione che l’acquisizione per mobilità “neutra” (tra enti soggetti a restrizioni al turn over), non costituisca assunzione: come se l’effetto finanziario potesse impedire la costituzione della fattispecie della creazione di un rapporto tra datore e lavoratore, altrimenti non qualificabile se non come “assunzione” sul piano giuslavoristico.
Se la prospettiva economico finanziaria è tale da creare situazioni di vero caos su un elemento semplice come la costituzione del rapporto di lavoro, ovviamente molto più profondo e complesso è il disordine relativo alle regole sulla legittimità della spesa delle risorse decentrate, reso ancor più inestricabile dalla ridda di pareri di Aran e Corte dei conti e dagli esiti camaleontici, cangianti e imprevedibili delle ispezioni del Mef, senza contare le sentenze del giudice del lavoro, tendenzialmente sempre in aperto e diametrale contrasto con pareri, ispezioni e pronunce di Aran, Mef e magistratura contabile.
Ulteriore scompiglio è stato cagionato, poi, dal mai troppo deprecato d.lgs 118/2011 e i micidiali principi contabili ad esso allegati.
Difficilissimo, dunque, provare a fare ordine sul tema, anche se tale cimento è quello al quale attendono migliaia di segretari comunali, dirigenti e funzionari, costretti a navigare nella tempesta delle grida manzoniane, che certificano l’attuale assenza delle geometrie chiare e lineari che dovrebbero caratterizzare un ordinamento orientato alla “certezza del diritto”.
Proviamo, dunque, a cercare un minimo di razionalità e coerenza almeno nei principali riferimenti normativi.
La prima domanda da porsi è: perché il contratto collettivo decentrato costituisce fonte necessaria di legittimità dell’erogazione delle risorse decentrate?
Cerchiamo le risposte in primo luogo nelle fonti normative. Esse sono reperibili nell’articolo 165/2001:
–          articolo 2, comma 3, ai sensi del quale “L’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo i casi previsti dal comma 3-ter e 3-quater dell’articolo 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all’articolo 47-bis, o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali”;
–          articolo 40, comma 3-bis: “Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dell’articolo 7, comma 5, e dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l’impegno e la qualità della performance ai sensi dell’articolo 45, comma 3”;
–          articolo 45, comma 3: “I contratti collettivi definiscono, in coerenza con le disposizioni legislative vigenti, trattamenti economici accessori collegati:

a) alla performance individuale;

b) alla performance organizzativa con riferimento all’amministrazione nel suo complesso e alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola l’amministrazione; 

c) all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute”.

Altro quesito: esattamente, qual è l’oggetto della contrattazione collettiva decentrata? La risposta è data dal Ccnl 1.4.1999:
–          articolo 15, comma 1: “Presso ciascun ente, a decorrere dal 1.1.1999, sono annualmente destinate alla attuazione della nuova classificazione del personale, fatto salvo quanto previsto nel comma 5, secondo la disciplina del CCNL del 31.3.1999, nonché a sostenere le iniziative rivolte a migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi, le seguenti risorse: […]”.
Scopo della contrattazione è, dunque, come noto, la destinazione delle risorse.
La costituzione, cioè la determinazione dell’ammontare complessivo del fondo, è competenza unilaterale dell’ente. Sempre? Vi sono due ipotesi:
–          articolo 15, comma 5, del Ccnl 1.4.1999: sempre. Si tratta esattamente delle risorse aggiuntive che le amministrazioni possono destinare, al ricorrere delle condizioni e nel rispetto dei presupposti indicati dall’articolo 40, comma 3-bis, del d.lgs 165/2001;
–          articolo 15, comma 2, del Ccnl 1.4.1999: non sempre. La costituzione è unilaterale se l’amministrazione decide di incrementare le risorse contrattuali nella percentuale massima dell’1,2%, per la semplice ragione che in questo caso nessuna interlocuzione risulterebbe utile con le organizzazioni sindacali. Occorre, invece, una relazione sindacale, per raggiungere un’intesa sulla percentuale di incremento, qualora l’amministrazione non intenda (almeno, non subito) utilizzare il massimo consentito dal contratto collettivo.
Altra curiosità: il Ccdi è obbligatorio a necessario per destinare tutte le risorse? La risposta, alla luce del combinato disposto degli articoli 15 e 17 del Ccnl 1.4.1999 è no.
Vi sono, infatti, alcune risorse che non richiedono alcuna destinazione specifica, da parte della contrattazione decentrata. Quali sono? Quelle che non richiedono un accordo tra le parti. Pertanto, si tratta:
–          delle risorse determinate o determinabili in base a criteri etero determinati, dalla legge o dalla contrattazione collettiva nazionale, come, ad esempio: le posizioni economiche già in godimento, l’indennità di comparto, le indennità spettanti agli educatori degli asili nido o ai docenti delle scuole professionali;
–          degli incrementi della parte variabile, previsti dall’articolo 15, comma 2 (se nel massimo previsto) e comma 5;
–          delle risorse derivanti da Istat, recupero Ici, incentivi per progettazioni, compensi per gli avvocati, progetti speciali con finanziamenti caratterizzati da vincolo di destinazione;
–          le risorse non utilizzate o non attribuite in un certo anno, che l’anno successivo confluiscono necessariamente tra le risorse variabili, ai sensi dell’articolo 17, comma 5, del Ccnl 1.4.1999;
–          le risorse non destinate, residuo di quelle stabili, che necessariamente sono automaticamente destinate a produttività individuale o collettiva.
Consegue alla constatazione fatta sopra, un’altra domanda strategica: la contrattazione, allora, serve sempre e comunque?
La risposta a questo punto si fa incerta. A leggere le disposizioni normative citate sopra del d.lgs 165/2001, apparirebbe di sì. Altrettanto, soffermandosi sull’articolo 15, comma 1, del Ccnl 1.4.1999.
Diverse impressioni e conclusioni portano la lettura, invece, dei principi contabili 4/1, punto 5.2, dei principi contabili allegati al d.lgs 118/2011.
Detti principi ne enunciano uno, fondamentale: “L’impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale viene registrata nelle scritture contabili la spesa conseguente ad una obbligazione giuridicamente perfezionata”. Quindi, occorre il titolo giuridico, perché l’impegno contabile possa essere validamente assunto. Tale titolo contabile, per la questione che qui ci occupa, è, ovviamente, la stipulazione del contratto.
Ma, il principio 5.2 precisa che l’imputazione (dell’impegno) avviene “automaticamente all’inizio dell’esercizio, per l’intero importo risultante dai trattamenti fissi e continuativi, comunque denominati, in quanto caratterizzati da una dinamica salariale predefinita dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva nazionale”.
Pertanto, vi sono trattamenti economici che, secondo i principi contabili, e a differenza di quanto stabilito dalle regole normative, in realtà non richiedono necessariamente la formazione del titolo, perché si formino.
Sono i “misteriosi” trattamenti fissi e continuativi. Quali sono? In parte, coincidono con le risorse determinate o determinabili che non richiedono un accordo:
–          le posizioni economiche già in godimento,
–          l’indennità di comparto,
–          le indennità spettanti agli educatori degli asili nido o ai docenti delle scuole professionali.
In effetti, queste risorse sono connesse allo status giuridico personale del singolo lavoratore: costituiscono un diritto soggettivo, discendente direttamente dalla legge o dai Ccnl.
Vi sono, poi, delle risorse dall’incerta configurazione. Potrebbero considerarsi “fisse e continuative”, laddove si consideri che la spettanza ai singoli dipendenti derivi, quale loro diritto soggettivo, dalla combinazione tra norme di legge e di contrattazione collettiva nazionale e disposizioni organizzative interne (ad efficacia durevole: in gran parte discendenti dai regolamenti di organizzazione), come le indennità di turno, rischio, reperibilità e maneggio valori. In questi casi, infatti, la contrattazione nazionale collettiva determina con esattezza gli importi unitari e le condizioni di erogazione: la quantità complessiva delle risorse discende dal mantenimento di servizi in turno o in reperibilità, dallo svolgimento di funzioni di maneggio valori e dalla realizzazione di lavori qualificati a rischio, meglio se sulla base del d.lgs 81/2009.
A queste, si debbono aggiungere le risorse destinate alle retribuzioni di posizione e risultato dei dipendenti inquadrati nell’area delle posizioni organizzative (ed eventualmente alte professionalità), negli enti con la dirigenza: si tratta, infatti, di risorse connesse all’organizzazione, qualora i regolamenti prevedano l’istituzione di questi incarichi individuali, i quali, se previsti e mantenuti, continuano nel tempo. Vi è, in questo caso, una singolarità: la retribuzione “di risultato” delle posizioni organizzative è finanziata sempre e necessariamente con risorse stabili e non variabili.
Una visione più rigida, può far ritenere che la “intermediazione” regolamentare o di organizzazione interna non possa far comprendere queste ultime risorse tra quelle automaticamente impegnate ed imputate ad inizio anno.
Quali sono, allora, le risorse comunque non automaticamente impegnabili ed imputabili?
Sicuramente quelle prese in esame dall’articolo 45, comma 3, del d.lgs 165/2001:
a)      performance individuale;
b)      performance organizzativa con riferimento all’amministrazione nel suo complesso e alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola l’amministrazione;
c)      all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute (il che può far propendere per la necessità del contratto anche per l’indennità di rischio).
Ma possiamo aggiungere:
d)     indennità per particolari funzioni;
e)      indennità per particolari responsabilità;
f)       indennità di disagio (anche perché occorre determinarne l’ammontare unitario, non fissato dalla contrattazione nazionale collettiva).
Vanno impegnate di volta in volta, e non automaticamente, le risorse per progetti speciali, recupero Ici, compensi agli avvocati ed attività per l’Istat, poiché occorre annualmente verificare se dette attività vengono svolte, sulla base dei progetti, delle cause, dei piani di recupero da realizzare.
Ulteriore domanda: ma se il contratto decentrato non è stipulato? Sono proprio tutte le risorse decentrate condizionate alla stipulazione del contratto?
Alla luce di quanto esaminato sopra, la risposta apparirebbe negativa. Si potrebbero considerare non condizionate alla stipulazione annuale di un contratto, riconoscendosi l’applicabilità dell’ultrattività del Ccdi precedente, proprio quei compensi connessi a risorse automaticamente impegnate ai sensi dei principi contabili, perché legate a trattamenti fissi e continuativi a loro volta connessi a dinamiche salariali predefinite dalla legge o dalla contrattazione collettiva nazionale:
–          le posizioni economiche già in godimento,
–          l’indennità di comparto,
–          le indennità spettanti agli educatori degli asili nido o ai docenti delle scuole professionali;
–          fondo per le posizioni organizzative;
–          indennità di turno, reperibilità, maneggio valori e probabilmente di rischio.
Richiedono sempre la contrattazione come condizione per l’impegno della spesa:
–          i compensi per la produttività individuale e collettiva (ancorchè esista e sia efficace il sistema di valutazione);
–          nuove destinazioni ad ulteriori progressioni orizzontali o ulteriori turni, reperibilità, rischi, maneggi di valori;
–          l’indennità di disagio;
–          le indennità per particolari funzioni;
–          le indennità per particolari responsabilità.

 

Sono, dunque, sostanzialmente queste ultime concretamente a rischio di danni erariali, nel caso di mancata stipulazione nell’anno, ma soprattutto di mancata costituzione del fondo (per quanto chi scrive contesta la necessità di un atto meramente ricognitivo degli appostamenti del bilancio di previsione quale condizione per l’impegno della spesa).
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