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Imu, dichiarazioni ultrattive – Se non vi sono modifiche quanto presentato resta efficace

di SERGIO TROVATO – Italia Oggi Sette – 19 Agosto 2019
L’ obbligo di presentazione delle dichiarazioni Ici, ma lo stesso principio vale per le altre imposte locali (Imu, Tasi, Tari), non deve essere assolto se i contribuenti hanno già in passato osservato il relativo obbligo. Le dichiarazioni vanno presentate dai contribuenti solo per comunicare medio tempore eventuali variazioni. Le dichiarazioni, infatti, sono ultrattive e producono effetti anche per gli anni successivi se gli interessati non intendono denunciare modifiche intervenute sulla loro posizione soggettiva. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ ordinanza 23854 del 26 luglio 2019. Per i giudici di legittimità, la dichiarazione produce effetti anche per gli anni successivi nel caso in cui non si verifichino modificazioni dei dati e elementi dichiarati, che danno luogo a un diverso ammontare dell’ imposta dovuta. «L’ ente impositore, all’ esito di un controllo, ha ritenuto che si trattasse di un’ ipotesi di omessa dichiarazione di variazione». Questa qualificazione, però, «è da ritenersi errata, in quanto la società contribuente ha di fatto presentato una dichiarazione nel 1992». Quindi, «è da ritenersi reiterata negli anni successivi (c.d. dichiarazione ultrattiva)». «Nella specie, dunque, si è realizzata una ipotesi di infedele o incompleta dichiarazione con relativo omesso versamento».
Gli obblighi dichiarativi. Le dichiarazioni relative alle imposte locali sono ultrattive e producono effetti anche per gli anni successivi se i contribuenti non denunciano le modifiche intervenute. In questi termini si è espresso anche il dipartimento delle finanze del ministero dell’ economia (risoluzione 3/2018) in merito all’ esenzione dall’ imposta municipale sui terreni, che spetta a coltivatori diretti e imprenditori agricoli in presenza dei requisiti di legge. Il ministero ha sostenuto che gli agricoltori hanno diritto all’ esenzione Imu se a suo tempo hanno presentato la dichiarazione e non sono intervenute modifiche che possono pregiudicare il loro diritto a beneficiare del trattamento agevolato. In effetti, l’ adempimento va posto in essere nel caso in cui l’ interessato intenda fruire di esenzioni o riduzioni d’ imposta. Sono tenuti, poi, a osservare l’ obbligo di presentare la dichiarazione i titolari di fabbricati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, nonché coloro che possiedono immobili di interesse storico o artistico. Per esempio, nel caso di occupazione in comune di un immobile, la dichiarazione può essere presentata solo da uno degli obbligati.
Per la Tari restano ferme le superfici già dichiarate per Tarsu, Tia1, Tia2 e Tares. All’ imposta sui servizi indivisibili, invece, si applicano le stesse regole stabilite per l’ imposta municipale. Come per l’ Imu, anche per la Tasi la dichiarazione non va presentata se gli elementi rilevanti sono acquisibili attraverso la consultazione della banca dati catastale o gli enti sono già in possesso delle informazioni necessarie per verificare il corretto adempimento dell’ obbligazione tributaria. Per la dichiarazione Tasi può essere utilizzato lo stesso modello già approvato per l’ Imu. Il dipartimento delle finanze del ministero dell’ economia, con la circolare 2/2015, ha sostenuto che per l’ imposta sui servizi non serve un modello di dichiarazione ad hoc e che i comuni in molti casi già dispongono delle informazioni necessarie per effettuare i controlli e gli accertamenti sui due tributi, nonostante siano diversi i soggetti passivi, vale a dire proprietari, inquilini, comodatari.
L’ adempimento, invece, è richiesto quando: l’ immobile ha formato oggetto di locazione finanziaria o di un atto di concessione amministrativa su aree demaniali; l’ immobile viene concesso in locazione finanziaria, un terreno agricolo diventa area edificabile o, viceversa, l’ area diviene edificabile in seguito alla demolizione di un fabbricato. Va poi dichiarato qualsiasi atto costitutivo, modificativo o traslativo del diritto che abbia avuto a oggetto un’ area fabbricabile. Il valore dell’ area, che è quello di mercato, deve sempre essere dichiarato dal contribuente, poiché questa informazione non è presente nella banca dati catastale. Ecco perché l’ obbligo non sussiste quando viene alienata un’ area fabbricabile, se non ha subito modifiche il suo valore di mercato rispetto a quello dichiarato in precedenza. L’ obbligo non è abolito neppure per gli immobili posseduti dalle imprese e distintamente contabilizzati, classificabili nel gruppo catastale D, che sono tenute a dichiarare il valore venale del bene sulla base delle scritture contabili, sia in aumento che in diminuzione, fino all’ anno di attribuzione della rendita catastale.
La dichiarazione, infine, deve essere presentata per gli immobili relativamente ai quali siano intervenute delle modifiche rilevanti ai fini della determinazione dell’ imposta dovuta e del soggetto obbligato al pagamento. Anche gli enti non commerciali, che sono stati esonerati fino al 2011 dall’ obbligo di presentare la dichiarazione Ici, sono tenuti a denunciare ai comuni gli immobili posseduti per l’ Imu. Non è più applicabile per questi enti l’ articolo 10 della normativa Ici (decreto legislativo 504/1992), che escludeva dall’ obbligo dichiarativo gli immobili esenti. Nuovo termine per le denunce e esclusioni. Termini più ampi per la presentazione delle dichiarazioni Imu e Tasi. I contribuenti, infatti, avranno sei mesi di tempo in più per presentare le dichiarazioni. Il termine per l’ adempimento, fissato prima delle modifiche normative al 30 giugno dell’ anno successivo rispetto al momento in cui è stato acquistato l’ immobile o è iniziata la detenzione, è stato spostato al 31 dicembre sempre dell’ anno successivo. Sono stati esonerati dall’ obbligo di dichiarazione, invece, i titolari di immobili concessi in comodato.
Queste novità sono state introdotte in sede di conversione del dl «Crescita» (34/2019). Va precisato che il suddetto decreto ha esonerato i titolari degli immobili dall’ obbligo di presentazione della dichiarazione e anche dall’ attestazione dei requisiti di legge, al fine di fruire dell’ agevolazione Imu per gli immobili concessi in comodato. L’ articolo 13 del dl 201/2011 per gli immobili concessi in comodato dal titolare ai parenti in linea retta entro il primo grado, utilizzati come abitazione principale, prevede una riduzione della base imponibile al 50%. Sono escluse le unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. È sempre richiesto che il contratto sia registrato e che il comodante, oltre all’ immobile adibito a propria abitazione principale, possieda un solo immobile in Italia, tra quelli adibiti a uso abitativo, risieda anagraficamente e dimori abitualmente nel comune in cui è situato l’ immobile concesso in comodato. Non occorre più, come in passato, che il titolare attesti il possesso dei requisiti nel modello di dichiarazione da inviare al comune.
 

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